Spesso il discorso della Chiesa sulla famiglia viene irriso, considerato antiquato e poco rispondente alla natura umana: una sorta di camicia di forza che impedisce la felicità. Ecco la ragione principale per cui questo discorso trova tanta difficoltà a farsi ascoltare. Ora il libro di un demografo che si autodefinisce «progressista» e certo non è collocabile nel campo cattolico (Roberto Volpi, Il sesso spuntato.
Il crepuscolo della riproduzione sessuale in Occidente, Lindau) arriva a ribaltare questi luoghi comuni con la forza concreta della realtà, confermata dalle statistiche. Sulla base innegabile del crollo delle nascite nelle società occidentali — e in particolare in Italia — lo studioso si propone di scoprire, attraverso l’esame critico dei dati, «per quali ragioni il sesso in Occidente è diventato tale, cosa comporta che lo sia, cosa cambia negli individui, nelle coppie e nella società, nel sentire comune, negli atteggiamenti e nei valori di una popolazione». Partendo da una constatazione: nei Paesi occidentali «il sesso non soltanto non implica più ma neppure richiama più alla mente la riproduzione», tanto che i bambini appaiono solo come un rischio da evitare.
Questo cambiamento è insieme causa ed effetto della crisi dell’istituto familiare: da decenni, ormai, i rapporti sessuali fra adulti non hanno più bisogno — sia per essere praticati sia per venire accettati — di alcuna giustificazione che vada al di là del vicendevole assenso. Nell’opinione comune i rapporti sessuali, svincolati da ogni legame istituzionale, grazie all’intervento della medicina hanno assunto addirittura una sorta di valenza terapeutica generale.
Novità queste che ovviamente contribuiscono a diminuire il valore del matrimonio. Una conferma viene dai dati che vedono un crollo della stabilità matrimoniale in Italia a partire dagli anni Settanta. Innanzi tutto per effetto della legalizzazione del divorzio, che «ha finito per togliere al matrimonio la sua aura protettiva, il suo marchio di garanzia, la certezza del prodotto, per così dire». Secondo Volpi — ed è la vera scoperta del libro — questa caduta del matrimonio ha significato anche una formidabile diminuzione dei rapporti sessuali tra uomo e donna, a dispetto dell’opinione comune che attribuisce alla rivoluzione sessuale il merito di avere provocato un aumento assoluto dei rapporti stessi.
La conseguenza fondamentale è che «il periodo davvero fecondo della donna occidentale d’oggi si consuma in gran parte fuori da forti esperienze di coppia». La vita si gioca qui e ora, e non nel futuro, per cui il desiderio dei figli ne risulta molto appannato: «Sempre di più la pienezza dell’esistenza può fare a meno dei figli, e dunque della trasmissione della vita». La sostituibilità dei figli è diventata una realtà incontestata, per esempio con gli animali domestici, molto meno impegnativi.
Accanto alla preoccupazione di evitare il concepimento, è in aumento quella di prevenire le malattie che si trasmettono sessualmente: «Alla banalizzazione dei rapporti sessuali non poteva non corrispondere la ricerca del massimo della protezione», perché più il sesso è banalizzato, più può essere pericoloso. L’educazione sessuale, affrontata con uno sguardo medicalizzato, che insiste unicamente sulla protezione, si è risolta infatti in un clamoroso ed evidente fallimento. Nei Paesi europei i dati addotti dal demografo dimostrano che a una più alta densità tanto di conoscenza che di impiego di metodi contraccettivi, specialmente se propagandati attraverso programmi scolastici, corrispondono tassi più alti di concepimenti, parti e aborti in età adolescenziali e tassi più alti di Hiv-positivi.
Gli stessi dati citati da Volpi non confermano l’incidenza dell’uso del preservativo nell’evitare contagio e gravidanze indesiderate, dimostrando invece che «non c’è alcuna efficacia davvero dimostrabile del preservativo contro la trasmissione di malattie di origine sessuale e neppure contro le nascite e gli aborti in età adolescenziali» scrive lo studioso, perché in realtà è indispensabile una rivoluzione culturale. E per chiarire che si tratta di una stima matematica, e non di una posizione ideologica, aggiunge subito di essere «decisamente a favore del preservativo, scanso equivoci». Ma questo non gli impedisce di domandarsi come il pensiero laico possa davvero credere che si riesca a ottenere dei risultati positivi dall’uso dei profilattici indipendentemente dai contesti storici e sociali, dai modelli di vita e di comportamento, fino ad affermare che la fiducia nel preservativo «è una professione di fede» granitica.
«Il fatto nudo e crudo al quale stiamo assistendo» — scrive il demografo — «è che la riproduzione sessuale in occidente non sta reggendo all’urto del venir meno della responsabilità dell’uomo occidentale di fronte alla prospettiva della coppia, della famiglia e dei figli». Infatti, ogni soluzione alternativa al matrimonio, oggi in netta ascesa, comporta sempre un’assunzione di responsabilità minore di quella che implica il matrimonio. Perché oggi non si può negare che «la famiglia non è di moda, è in chiara difficoltà, annaspa», tanto che «tutte le soluzioni che se ne allontanano sembrano ad essa preferibili» scrive ancora Volpi.
Da questo libro di analisi della realtà contemporanea ricco di spunti nuovi e coraggiosi emerge soprattutto un’evidenza: le utopie annebbiano la comprensione della realtà più dell’appartenenza religiosa, e fenomeni sociali complessi come il calo delle nascite non si possono risolvere banalmente con incentivi statali, ma devono essere esaminati in tutta la loro complessità culturale.