Una donna coraggiosa e forte. Infermiera caposala in un ospedale austriaco, all’avvento del nazismo si oppose con fermezza alle misure antireligiose del regime e difese i diritti dei deboli e dei malati, parlando di pace e di democrazia. Denunciata alle “SS”, venne imprigionata e poi uccisa a Vienna, il 30 marzo 1943, all’età di 49 anni. Il sacrificio della beata Maria Restituta (al secolo Elena Kafka) — unica suora sotto il regime nazionalsocialista a essere stata condannata a morte e giustiziata dopo un processo in tribunale — è stato commemorato ieri sera a Roma, nella basilica di San Bartolomeo all’Isola Tiberina, con una liturgia della parola presieduta dall’arcivescovo di Vienna, cardinale Christoph Schönborn.
Durante il rito, le suore francescane della Carità cristiana hanno donato alla basilica una piccola croce che Maria Restituta portava al cingolo del suo abito. La reliquia è stata deposta nella cappella che ricorda i martiri del nazionalsocialismo.
Com’è noto, subito dopo il grande Giubileo del 2000, Giovanni Paolo II ha voluto che la basilica romana di San Bartolomeo all’Isola Tiberina divenisse luogo memoriale dei “nuovi martiri” e testimoni della fede del XX e XXI secolo. La basilica è affidata da anni alla Comunità di Sant’Egidio che, assieme all’Ambasciata d’Austria presso la Santa Sede, ha organizzato l’evento svoltosi ieri sera.
Il 21 giugno 1998 Restituta Kafka è stata beatificata a Vienna, assieme ai servi di Dio Jakob Kern e Anton Maria Schwartz, da Giovanni Paolo II: «Guardando alla Beata suor Restituta — disse il Papa durante la messa — possiamo intravedere a quali vette di maturità interiore una persona può essere condotta dalla mano divina. Essa rischiò la vita con la sua testimonianza per il Crocifisso.
E il Crocifisso conservò nel suo cuore testimoniandolo di nuovo poco prima di essere condotta all’esecuzione capitale, quando chiese al cappellano carcerario di farle “il segno della croce sulla fronte”.
Tante cose possono essere tolte a noi cristiani. Ma la croce come segno di salvezza non ce la faremo togliere. Non permetteremo che essa venga esclusa dalla vita pubblica! Ascolteremo la voce della coscienza che dice: “Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini!”» (Atti, 5, 29).
Da ieri sera dunque anche la beata Maria Restituta Elena Kafka è entrata nella schiera dei martiri e testimoni della fede del XX e XXI secolo presenti, con una reliquia o una memoria, nella basilica romana di San Bartolomeo all’Isola Tiberina.
Una donna che, con forza rinnovatrice, ha saputo dare un esempio di libertà d’espressione e di responsabilità della coscienza individuale anche in circostanze difficili, animata da una virtù talvolta scomoda: il coraggio. «Non importa quanto siamo allontanati da tutto, non importa se ci viene tolto tutto. La fede che si porta nel cuore — scrisse la religiosa in una lettera dalla prigione — quella non ce la può togliere nessuno. Così ci si costruisce un altare nel proprio cuore».
Fonte: L’Osservatore Romano