Kiko Arguello si aspetta di essere sgozzato dai fondamentalisti islamici, prima, o poi. Lo ha confessato il fondatore e capo carismatico delle Comunità Neocatecumenali in un’intervista a ZENIT , di cui riportiamo qualche passo, rimandando al sito per chi volesse leggerla in integrale. L’intervistatore ha posto questa domanda a Kiko Arguello: Dall’annuncio del kerygma agli zingari nelle periferie di Madrid, dopo mezzo secolo, il Cammino bussa ora alle porte dell’Asia. Come procede l’opera di evangelizzazione? E lei come la vive?
Come vivo? Aspettando di essere sgozzato… Perché queste missio ad gentes fanno tanto bene nel mondo, e hanno tanto successo anche presso i musulmani. Dico davvero! In tantissime parti dove mandiamo le missioni vengono dei musulmani che dicono di sentirsi davvero toccati.
Nei paesi del Golfo abbiamo già tante comunità, e spesso dobbiamo agire di nascosto per la loro sicurezza. Io, guardando a tutto questo, ho detto in convivenza una specie di ‘profezia’ su di me: ‘Quando battezzeremo 100 musulmani, mi uccideranno’. D’altronde siamo destinati a quello, i cristiani sono per il martirio. E io sarei contentissimo perché essendo un tale peccatore, un indegno, un poveraccio, se muoio martire si risolve tutto! (ride)
In attesa del martirio… Il Cammino come applicherà concretamente le indicazioni che il Papa ha oggi espresso nel suo programmatico discorso?
Faremo tutto quello che possiamo, in comunione con la Chiesa. Tutto quello che si è visto oggi è opera dei vescovi. Sono i vescovi che chiedono le missio ad gentes, non siamo noi. Sono contentissimi, perché molti paesi si stanno svegliando.
Penso ad esempio alla Francia: al Sud è pieno di famiglie in missione e abbiamo anche cinque seminari. Sono una benedizione perché la situazione della Chiesa in Francia, come pure in tanti paesi dell’Europa, è una catastrofe: chiese chiuse, calo di vocazioni, società secolarizzate….
Ha un aneddoto che l’ha particolarmente colpita di quelli riportati da queste famiglie in missione?
Aneddoti ce ne sono davvero tantissimi… Se devo dirne uno in particolare è quello che mi ha raccontato una famiglia in missione in Cina con quattro figli piccoli. Un giorno in un parco due di questi bambini, uno di 6 e l’altro di 4 anni, hanno trovato dietro un cespuglio un feto morto, con il cuore fuori dal petto… Sono rimasti scioccati, hanno chiamato la mamma dicendo: ‘Mamma, ma perché qui fanno queste cose? Dobbiamo pregare, dobbiamo evangelizzare!’.
Hanno deciso quindi di dare un nome a questo bimbo morto, lo hanno chiamato Matteo, e hanno fatto un piccolo fioretto di non mangiare la merenda per giorni perché non avvengano più queste cose in Cina.
Mi sono commosso nel sentire questa storia, mi hanno ricordato i pastorelli di Fatima con la loro semplicità… E anche i loro genitori erano davvero colpiti nel raccontarlo e hanno capito quanto davvero ci sia bisogno di un annuncio in un paese come la Cina, dove le tragedie dell’aborto sono all’ordine del giorno, anche a causa della politica del figlio unico.
Si figuri che un’altra famiglia, in un villaggio cinese, aveva 7 figlie femmine e quando andavano per strada un sacco di donne si fermavano a guardare, ad accarezzarle, spesso piangendo, perché gli hanno detto di essere state costrette ad abortire le loro figlie femmine.
Fonte: S. Pietro e dintorni