Il mondo collabori in modo concorde a fermare la “violenza disumana” che sta facendo strage della minoranze cristiane e non solo del Medio Oriente. È il videomessaggio di solidarietà che Papa Francesco ha affidato al cardinale arcivescovo di Lione, Philippe Barbarin, che da ieri a Erbil, in Iraq, per una visita di 48 ore, allo scopo di assicurare la vicinanza nella preghiera della Chiesa europea ai cristiani iracheni e verificare sul posto l’organizzazione degli aiuti umanitari portati alla regione.
Cacciati via, ammazzati con tutte le varianti suggerite dalla ferocia, profanati e distrutti i luoghi della loro fede. Sono i cristiani iracheni e di altre zone del Medio Oriente, odiati e perseguitati da quello che Francesco definisce “un gruppo estremista e fondamentalista”.
E proprio il Papa circonda queste comunità di eroi sconosciuti della fede con la delicatezza e la commozione che suscita un figlio vittima di una violenza.
Lo fa a distanza perché non può fare altrimenti, ma l’intensità delle sue parole, la pena sincera che traspare dal modo in cui le pronuncia, “bucano” il diaframma del video e annullano in certo modo una distanza che Papa Francesco per primo vorrebbe non esistesse:
“Anche io, vorrei essere lì, ma poiché non posso viaggiare, lo faccio così… ma vi sono tanto vicino in questi momenti di prova. Ho detto, nel ritorno del mio viaggio in Turchia: i cristiani sono cacciati via dal Medio Oriente, con sofferenza. Vi ringrazio della testimonianza che voi date; c’è tanta sofferenza nella vostra testimonianza. Grazie! Grazie tante!”.
“Sembra che lì non vogliano che ci siano i cristiani ma voi date testimonianza di Cristo”, dice il Papa pensando “alle piaghe, ai dolori delle mamme con i loro bambini, degli anziani e degli sfollati, alle ferite di chi è vittima di ogni tipo di violenza”.
Una disumana campagna armata contro degli inermi che – ricorda Papa Francesco – miete vittime non solo fra i cristiani ma anche tra la minoranza degli yazidi:
“Cristiani e yazidi sono stati cacciati con la forza dalle loro case, hanno dovuto abbandonare ogni cosa per salvare la propria vita e non rinnegare la fede. La violenza ha colpito anche edifici sacri, monumenti, simboli religiosi e i patrimoni culturali, quasi a voler cancellare ogni traccia, ogni memoria dell’altro. In qualità di capi religiosi, abbiamo l’obbligo di denunciare tutte le violazioni della dignità e dei diritti umani!”.
Lo aveva già detto dalla Turchia, Francesco, che chi è al servizio del nome di Dio deve condannare chi uccide degli esseri umani. Lo ripete, trovando un’immagine antica e drammaticamente calzante per il coraggio mostrato da una carne di Cristo aggredita e fatta a pezzi, eppure decisa a non darsi per vinta. È l’immagine di Santa Teresina, che definisce la Chiesa perseguitata una “canna” che si piega al vento della tempesta “ma non si rompe”:
“Voi siete le canne di Dio oggi! Le canne che si abbassano con questo vento feroce, ma poi sorgeranno! Voglio ringraziare un’altra volta. Prego lo Spirito che fa nuove tutte le cose, di donare a ciascuno di voi forza e resistenza. E’ un dono dello Spirito Santo”.
A questo punto Francesco chiede aiuto al mondo, facendosi tramite di un popolo che ha una voce e una presenza troppo leggere per poter essere scorto, ascoltato, considerato:
“Chiedo con forza, come già ho fatto in Turchia, una maggiore convergenza internazionale volta a risolvere i conflitti che insanguinano le vostre terre di origine, a contrastare le altre cause che spingono le persone a lasciare la loro patria e a promuovere le condizioni perché possano rimanere o ritornare. Io vi auguro che voi ritorniate, che voi possiate ritornare”.
In particolare l’8 dicembre, giorno dell’Immacolata – promette Papa Francesco – la preghiera dei cristiani del mondo si leverà più forte per i fratelli perseguitati. “La vostra resistenza è martirio, rugiada che feconda” soggiunge col rammarico di dover terminare. “Che il Signore vi benedica, che la Madonna vi custodisca”.
Testo proveniente dal sito di Radio Vaticana