In India non si placa lo sdegno per la morte della ragazza, dopo 13 giorni di agonia, a seguito di uno stupro di gruppo avvenuto il 16 dicembre su un autobus pubblico a Nuova Delhi. Ieri sera la salma della giovane è rientrata da Singapore, dove era stata ricoverata per un tentativo di rianimazione, e stamani si sono svolti i funerali in forma privata. E nonostante le proteste contro le violenze in diverse città indiane, un’altra donna, di 45 anni, è stata violentata e uccisa nella città di Barasat nel Bengala Occidentale.
L’India, sconvolta e indignata per lo stupro che ha portato alla morte di una 23enne, deve fare i conti con un nuovo brutale atto di violenza contro una donna di 45 anni, prima violentata e poi uccisa da otto uomini a Barasat. Il marito che accompagnava la donna è stato picchiato e adesso è ricoverato in ospedale nella vicina Calcutta.
In India gli stupri di gruppo sono ormai una piaga e le autorità stanno dando solo ora la massima attenzione al fenomeno spinti dalle proteste di piazza. Anche oggi sono in corso sit-in pacifici e fiaccolate di solidarietà in diverse città. Da ieri a Nuova Delhi, dopo le tensioni dei giorni scorsi, le principali strade intorno ai palazzi del potere sono chiuse al traffico. Sotto la pressione dell’opinione pubblica, i sei violentatori, già arrestati, ora rischiano la pena di morte.
È nostro compito provare che questa “coraggiosa figlia d’India”, una “vera eroina” che simboleggia il meglio della gioventù indiana e delle donne “non sia morta invano”, ha detto il presidente indiano Pranab Mukherjee incontrando i familiari della ragazza.
Sulla vicenda è intervenuto anche il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, che si è detto “profondamente addolorato” e ha sottolineato che “ogni ragazza e ogni donna ha il diritto di essere rispettata, valorizzata e protetta”.
L’associazione Human Rights Watch chiede all’India di prendere “serie azioni” per combattere la violenza contro le donne, ricordando che in India solo nel 2011 sono stati registrati oltre 26mila casi di stupro ma “che il numero di violenze non denunciate è molto più alto”.
Marco Guerra
Fonte: Radio Vaticana