In Francia un 84enne condannato per aver regalato un paio di scarpette a una donna incinta

L’ennesimo paradosso della nostra epoca è il crimine di “abortofobia”, concetto surreale che indica l’opposizione anche solo intellettuale e non fisica all’aborto. In un contesto in cui imperversano le “-fobie”, quella che ha per protagonista l’aborto lascia assai perplessi.

Il concetto, infatti, è in genere usato per indicare un atteggiamento negativo e ingiustamente discriminatorio nei confronti della persona o realtà indicata dal termine a cui si aggiunge il suffisso “fobia” – si pensi alla cristianofobia presente in molti Paesi, che vede i cristiani bersaglio di attacchi fisici o vessazioni psicologiche ed emarginazione, o all’omofobia, che implica un’avversione anche violenta nei confronti delle persone omosessuali –, ma in questo caso la realtà contro la quale si denuncia un pregiudizio è tutt’altro che positiva o neutrale.

Quello che diventa un crimine, quindi, è l’opposizione a un altro crimine, l’uccisione di un bambino.

Nella società odierna, in cui si difendono a spada tratta i diritti di tutti ma non dei concepiti, questo non sembra però scandalizzare quasi nessuno.

Anzi, chi si oppone all’aborto diventa un colpevole da punire, anche se si limita a esprimere un’opinione o a chiedere che chi si vuole sottoporre ad aborto sia informato correttamente su tutte le alternative a questo gesto estremo.

Paladina dei diritti degli abortisti sembra essere la Francia, dove la legge Weil del 1975 ha introdotto la figura del “reato di intralcio all’aborto”. Chi lo commette dimostra di essere “abortofobo”.

Un nuovo provvedimento per “bastonare gli antiabortisti” introduce due articoli “di straordinaria gravità”: il primo modifica la legge che permette l’aborto alle donne “in situazione di difficoltà”. “Si tratta di un’evidente foglia di fico e la storia francese non riporta nessun caso – neppure uno solo – di donne cui sia stato negato l’aborto non riscontrando la ‘situazione di difficoltà’.

Ora queste parole saranno modificate, e la nuova legge affermerà che l’aborto è permesso alle donne ‘che non desiderano portare a termine la gravidanza’.

Non ci sarà nessuna conseguenza pratica – l’aborto in Francia di fatto è già permesso a qualunque donna lo chieda -, ma il cambiamento è decisivo dal punto di vista del principio. L’aborto non è più considerato la conseguenza di una difficoltà, un dramma, una sconfitta ma un’opzione del tutto normale e un diritto” (La Nuova Bussola Quotidiana, 24 gennaio).

Il secondo emendamento alla legge sull’aborto vieta di ostacolare l’aborto non più solo fisicamente, cosa che era già in vigore, ma anche psicologicamente.

“Leggendo i lavori preparatori si comprende che l’intenzione del legislatore è vietare che negli ospedali si parli alle donne di alternative all’aborto, che dentro gli ospedali circolino volontari dei centri di aiuto alla vita, e che anche fuori e nei dintorni degli ospedali si svolgano proteste o si offrano informazioni favorevoli alla vita alle donne”.

La legge è passata in prima lettura, ma ne attende una seconda.

Il ministro dei Diritti delle donne, Najat Vallaud-Belkacem, si è spinta fino a sostenere che gli aborti in Francia potrebbero essere ancora troppo pochi. Il fatto che il 35% delle donne francesi sia passata per l’aborto e lo scorso anno siano stati uccisi 220.000 bambini, a fronte di 810.000 nascite, sembra probabilmente poco rilevante.

Visto poi il “cattivo esempio” della Spagna, che si appresta a introdurre qualche limitazione all’aborto, il ministro della Sanità Marisol Touraine ha chiesto una “mobilitazione” contro il progetto di legge spagnolo.

L’“abortofobia” sembra quindi destinata ad avere lunga vita Oltralpe.

La prima vittima è stato un signore di 84 anni, Xavier Dor, noto combattente pro-life che è stato riconosciuto colpevole di aver regalato a una donna incinta un paio di scarpette da neonato per dissuaderla dall’aborto. Dovrà ora pagare una multa di 10.000 euro, e rischiava anche un mese di carcere.

In base al “reato” di “abortofobia”, i pro-life francesi possono ora essere processati e condannati anche solo per le attività di informazione e dissuasione in ospedale, per aver indicato alla donna un numero di telefono o per averla indotta a riflettere su cos’è l’aborto.

Allo stesso modo, vengono criminalizzati coloro che organizzano e partecipano a Marce per la Vita o hanno siti web antiabortisti.

La pena massima prevista dalla legge è di 2 anni di prigione e 30.000 euro di sanzione.

Di fronte ai magistrati che gli hanno letto la sentenza, Xavier Dor, che definisce da anni lo Stato francese “République luciférienne”, ha dichiarato: “Criminale è uccidere un bambino”.

Fonte: Aleteia