Fa leggermente sorridere la nuova campagna pubblicitaria dell’Uaar volta mettere a conoscere a conoscenza i cittadini che «10 milioni di italiani vivono bene senza D.», vale a dire senza Dio. Anzitutto perché sarebbe curioso sapere chi sono e come sono stati stimati quei «10 milioni di italiani», dato che alcune stime quantificano in 4 milioni i non religiosi [1], ed anche altre, diverse, considerano come molto minoritaria, da noi, la presenza di non religiosi [2].
Anche politicamente, poi, sembra che i non religiosi – che qui, per semplicità, consideriamo come tutti atei – pare non abbiano grande visibilità né soprattutto desiderio di darsene: alle elezioni politiche di quest’anno, per dire, il solo partito apertamente non credente, Democrazia Atea, alla Camera non ha raccolto più di 556 voi, fermandosi ad un triste 0,00% [3] che lo ha trascinato in fondo alla lista dei risultati del Ministero dell’Interno.
Se dunque, da un lato, rimane misteriosa la quantificazione di quei «10 milioni di italiani» che vivono bene senza Dio, d’altro lato sarebbe interessante sapere com’è stato possibile, per gli amici dell’Unione degli Atei e degli Agnosti Razionalisti, realizzare che costoro «vivono bene».
Infatti, pur consapevoli di quanto sia difficile valutare e confrontare la felicità fra categorie religiose diverse, sappiamo che secondo alcuni studi chi non crede in Dio ha il doppio del rischio di diventare un suicida [4] – rischio che sembra interessare meno di tutti i cattolici sposati [5] -, mentre, posto che la fede religiosa, in generale, aiuta a proteggere contro i sintomi della depressione [6], fra coloro che professano la religione protestante o cattolica si registra, rispetto a chi non ha alcuna fede religiosa, il 76% in meno di possibilità di sperimentare eventi depressivi [7].
Va detto che stiamo parlando di ricerche condotte senza considerare con specifica attenzione il caso italiano, magari da noi le cose sono diverse. Magari da noi esistono davvero, benché non intercettati dalle rilevazioni più aggiornate, ben «10 milioni di italiani vivono bene senza» Dio.
Magari sono anche più di 10 milioni e magari non solo «vivono bene», ma pure meglio degli altri: chi lo sa. Ma nel frattempo, fino a che non ci saranno date prove di tutto questo noi cattolici, per quanto ci si ostini a considerarci creduloni o, peggio, superstiziosi, non possiamo che ritenere l’ultima campagna pubblicitaria dell’Uaar come l’ennesima forma di propaganda.
Saremo lieti di ricrederci al più presto, naturalmente. Ma nel frattempo l’impressione è questa e, anche se non sapremmo dire con assoluta precisione quanti milioni siamo, una cosa la sappiamo: viviamo felici anche senza queste bufale.
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Note: [1] Cfr. Stima Caritas/Migrantes – Dossier 2008; [2] Cfr. Worldmark Encyclopedia of Culture & Daily Life (vol. 4 voce «Italia»); [3] Cfr. Elezioni 2013 politiche e regionali del 24 e 25 febbraio. «Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali»; [4] Cfr. Rasic D.T. – Belik S.L. – Elias B. – Katz L.Y. – Enns M. – Sareen J (2009) Spirituality, religion and suicidal behavior in a nationally representative sample. «Journal of Affective Disorders»; 114(1–3):32–40; [5] Cfr. Spoerri A. – Zwahlen M. – Bopp M. – Gutzwiller F. – Egger M. (2010) Religion and assisted and non-assisted suicide in Switzerland: National Cohort Study. «International Journal of Epidemiology»; doi: 10.1093/ije/dyq141; [6] Cfr. Murphy P. – Fitchett G. (2009) Belief in a Caring God Improves Response to Medical Treatment for Depression. «Journal of Clinical Psychology»; Vol. 65 (9): 1000–1008; [7] Cfr. Blazer D. (2012) Religion/Spirituality and Depression: What Can We Learn From Empirical Studies?. «American Journal of Psychiatry»; 169:10-12.
Fonte: il blog di Giuliano Guzzo