Anche il miglior confessore del mondo si confessa, e chi ha detto che un giudice ladro non possa giudicare un ladro a norma di legge? È quindi certamente ex auctoritate che l’Alto Commissario per i diritti umani dell’ONU, Michelle Bachelet, ha dato dei razzisti agli italiani. La Bachelet, cilena, è stata elevata a quel rango di prestigio internazionale nell’agosto scorso ed è entrata in carica il 1° settembre. Appena prima è stata presidente del Cile per due mandati, dal 2006 al 2010 e dal 2014 al marzo di quest’anno, nell’interregno diventando Direttore esecutivo dell’Ente delle Nazioni Unite per l’uguaglianza di genere e l’empowerment femminile.
Prima ancora era stata ministro della Difesa dal 2002 e 2004. Ma a tutti questi ruoli la Bachelet si è di fatto sempre solo prestata. L’unico incarico davvero vocazionale che abbia mai ricevuto è stato quello di ministro della Sanità dal 2000 al 2002. La Bachelet, infatti, è un medico, laureatasi in Medicina e Chirurgia nel 1983 nell’Università del Cile di Santiago.
Ebbene, da ministro della Sanità, Verónica Michelle Bachelet Jaria, come suona il nome completo dell’oggi Alto Commissario per i diritti umani dell’ONU, si è data parecchio da fare, oltre che per quelli che la “neolingua” chiama “diritti riproduttivi” (cioè l’aborto, che infatti è riuscita a far legalizzare nell’estate 2017), per portare finalmente a termine un vecchio progetto di legge datato nientemeno che 1939.
Un progetto di legge voluto dall’allora presidente della repubblica “martire” Salvador Allende (1908-1973), morto suicida 45 anni fa ieri. Un progetto di legge che prevede la sterilizzazione di tutti i cittadini cileni “devianti”: la Resolución Exenta n. 2326 del 30 novembre 2000.
La Bachelet l’ha immessa nell’ordinamento giuridico cileno d’imperio, forte del fatto che quel tipo di proposta non richiede alcuna discussione parlamentare. Con quella legge in Cile è stato possibile sterilizzare qualunque persona sopra i 18 anni, uomo o donna che fosse, e pure senza il consenso dell’eventuale coniuge.
La legge della Bachelet contiene infatti precise «direttive per il servizio sanitario di sterilizzazione femminile e maschile», e prevede interventi sia «su richiesta della persona sollecitata» sia «su prescrizione medica o su sollecito di terzi».
Quando Allende pensò a una legge così era, proprio come lo è stata poi la sua discepola Bachelet, ministro della Salute. Allora il progetto naufragò per l’opposizione del mondo medico, ma era profondamente indicativo del giro mentale sia di Allende sia dell’intero socialismo cileno di cui l’attuale Alto Commissario per i diritti umani dell’ONU è un esponente di spicco.
Allende era infatti graniticamente convinto che gli esseri umani non siano tutti uguali, che esistano “razze superiori” e “razze inferiori” (fra queste ultime ovviamente gli ebrei), che alcune persone siano affette da tare criminali ereditarie da estirpare con la forza, che gli omosessuali e gli alcolizzati vadano curati chirurgicamente e semmai perseguitati, persino che ci siano malattie veneree da reprimere per legge.
Allende era anch’egli medico. Si era laureato nel 1933 in Medicina e Chirurgia nella medesima Università del Cile di Santiago che poi diplomerà la Bachelet. Lo fece con una tesi intitolata Higiene Mental y Delincuencia.
Lo studioso Víctor Ernesto Farías, classe 1940, filosofo dell’Università Andrés Bello di Santiago, già allievo (e poi denunciatore per pensiero filonazista) del filosofo tedesco Martin Heidegger (1889-19076), ha tratto dalla vicenda un libro memorabile, Salvador Allende. La fine di un mito. Il socialismo tra ossessione totalitaria e corruzione. Nuove rivelazioni (trad. it. Medusa, Milano 2007), da cui emerge che, tra l’altro, Allende ammirava il materialismo inquietante del vate della fisiognomica criminale Cesare Lombroso (1835-190), il “genio” dell’endocrinologo razzista fascista Nicola Pende (1880-1970) e persino il Terzo Reich.
Il progetto di legge sulla sterilizzazione cilena è, come detto, del 1939: lo stesso anno in cui la Germania approvò una legge sostanzialmente identica.
Del resto, dopo la Seconda guerra mondiale, il criminale nazista Walther Rauff (1906-1984) – tra l’altro amico di quel gran muftì di Gerusalemme che a Berlino fu un campione di antisemitismo accarezzando l’idea di sterminare tutti gli ebrei di Palestina – venne protetto da Allende, nel frattempo diventato presidente della repubblica, nel suo rifugio cileno, e questo, nel 1972, lasciò sgomento il “cacciatore di nazisti” austriaco Simon Wiesenthal (1908-2005).
Ma tutta questa storia sarebbe rimasta solo degli incubi di Allende: angosciante, orrenda, ma pur sempre solo un progetto chimerico. A trasformarla in realtà ci ha invece pensato, 55 anni dopo la caduta della Germania nazista, all’inizio dell’illuminato e progredito secolo XXI, una campionessa di buonismo a buon mercato come la Bachelet.
Che il 17 ottobre 2007 l’allora ministro italiano dell’Università e della Ricerca, il diessino Fabio Mussi, insignì nientemeno che di una laurea honoris causa appunto in Medicina e Chirurgia nell’Università degli Studi di Siena. Oggi, alla Bachelet che caca disinvoltamente senno sugli italiani, si potrebbe dare anche una laurea ad honorem in razzismo.