Ha un che di surreale la polemica che va avanti da giorni sulla celebrazione del Natale nelle scuole. Del fatto all’origine abbiamo già parlato: a Rozzano (Mi) un preside ha deciso di abolire l’usuale festa di Natale, proponendo invece per gennaio una Festa d’inverno: «per rispetto di chi non è cattolico». Dopo le proteste di alcuni genitori, il caso è diventato nazionale, e la scuola di Rozzano è diventata il teatro di scontro fra giornali, politici, anche con punte di comicità involontaria, tra il leader della Lega Matteo Salvini che porta un presepe da introdurre nella scuola e Mariastella Gelmini che intona “Tu scendi dalle stelle”.
Perché surreale? Perché – seppure parzialmente giustificati dai recenti fatti di Parigi che costringono a farsi qualche domanda sull’immigrazione e sulle regole di convivenza – non si capisce come mai tanta reazione nei confronti di un preside che ha fatto né più né meno quello che altre decine e centinaia di dirigenti scolastici hanno fatto prima di lui.
Nel caso nessuno se ne fosse accorto sono anni che cresce il numero di scuole di ogni ordine e grado in cui si vietano spettacoli natalizi. E le denunce, apparse su pochi giornali, sono sempre state ignorate dai “Signori dell’opinione e dell’informazione”. Si fossero mobilitati quando il fenomeno è cominciato forse non ci troveremmo a questo punto.
«Non è – ha dichiarato il preside di Rozzano – un passo indietro di fronte all’islam rispettare la sensibilità delle persone che appartengono ad altre culture ad altri credo religiosi, mi pare un passo in avanti rispetto all’integrazione e rispetto reciproco». Un’idiozia, certo, il dialogo si fa tra identità diverse e coscienti della propria diversità e non ci può essere accoglienza e integrazione se non c’è apertura a tutto ciò che l’altro è.
Ma proprio mentre fai queste riflessioni, ecco che si fa avanti il solito immancabile prelato che afferma sostanzialmente le stesse cose. È il nuovo vescovo di Padova, monsignor Claudio Cipolla che, rispondendo a una tv locale, si è detto pronto a rinunciare alle proprie tradizioni natalizie pur di salvare la pace e la fraternità con i concittadini islamici. «Non dobbiamo presentarci – ha detto il vescovo – pretendendo qualsiasi cosa che magari anche la nostra tradizione e la nostra cultura vedrebbe come ovvio. Se fosse necessario per mantenere la tranquillità e le relazioni fraterne tra di noi io non avrei paura a fare marcia indietro su tante nostre tradizioni». Da non credere.
Più tardi monsignor Cipolla, davanti alle reazioni giustamente scandalizzate dei fedeli, ha cercato di correggere il tiro prendendosela con chi ha strumentalizzato le sue parole. Ma cosa c’è da strumentalizzare?
È così chiaro quel che ha detto.
E comunque ecco la precisazione: «Papa Francesco ci sollecita di continuo nell’obiettivo di costruire un mondo di pace, senza conflitti, in cui la relazione tra fratelli sia prioritaria e l’indifferenza non trovi casa. Per noi cristiani è un richiamo forte, costante, specie in questo tempo di Avvento che ci accompagna al Natale.
Ed è per questo che non possiamo utilizzare le religioni per alimentare conflitti o inutili tensioni. Purtroppo le religioni spesso sono strumentalizzate per altri interessi.
Non sono contro la presenza della religione nello spazio pubblico, né tantomeno contro le tradizioni religiose, ma né le religioni né le tradizioni religiose possono essere strumenti di separazioni, conflittualità, divisioni.
Fare un passo indietro non significa creare il vuoto o assecondare intransigenze laiciste, ma trovare nelle tradizioni, che ci appartengono e alimentano la nostra fede, germi di dialogo».
In questi casi si usa dire che la toppa è peggio del buco. In che modo infatti un presepe può essere considerato un uso della religione «per alimentare conflitti o inutili tensioni»?
E a proposito di separazioni e conflittualità, monsignore dovrebbe sapere che l’annuncio di Cristo sempre provoca separazioni, tra chi lo accoglie e chi no. È successo così a Gesù, il vescovo di Padova pensa di essere più furbo?
La verità è che da un po’ di tempo le priorità di tanti vescovi e sacerdoti – ma anche di laici – sembrano essere cambiate e si tende a dare un valore positivo e un bel nome (dialogo, integrazione) a quella che è la solita vecchia codardia.
L’islam, quando arriverà in forze, non avrà neanche bisogno di combattere, i cattolici si saranno già autoliquidati.
Per mantenere almeno il ricordo delle tradizioni cristiane sembra dovremmo affidarci ai cani. Lo si capisce dal numero di Dicembre della rivista “Da noi”, distribuita nei supermercati Esselunga, dove a pagina 91 si spara il titolo “La ghirlanda dell’Avvento”.
Ah, finalmente qualcuno che non si vergogna delle tradizioni cristiane, pensi mentre la foto di un cane, che correda il servizio, ti fa subito nascere qualche dubbio.
E infatti, ecco cosa dice il sommario: «A Nuvola non bastano mai, così in casa c’è sempre una bella scorta dei suoi ossi preferiti da mordicchiare! A tal punto che di questi snack abbiamo fatto una ghirlanda. Così anche per lei il Natale sarà più goloso!». Insomma, una ghirlanda dell’Avvento, per cani. Il futuro ci viene incontro.