Un giovanotto «intelligente e studioso», figlio di «gente perbene». Un «bravo organizzatore di eventi e feste della Roma bene». Stando ai giornali, sono questi i protagonisti del più orrendo delitto commesso in Italia negli ultimi trent’anni. Due compagni di sballo, che si danno appuntamento per un sesso-droga party: 48 ore di orgia sfrenata – uomo ad uomo – con finale shock. Dopo essere andati oltre ogni limite, cosa rimane ancora da sperimentare per chi voglia sfuggire alla noia esistenziale? Il sadismo à la carte.
Da qui la spasmodica ricerca di una vittima consenziente e soprattutto inconsapevole, in primis un prostituto (la corruzione, attraverso la lingua, è ormai accettata anche dai parrucconi della Crusca). Poi, dato che le strade sono vuote, una serie di messaggini lanciati come tanti ami, finché il pesce abbocca. Un giovanotto «non drogato», che «ci tiene al fisico», uno con tanto di ragazza fissa, per giunta «molto possessiva». Uno che si vende (a due uomini) per 150 euro, rispondendo al telefonino in perfetto stile call-girl.
Sui particolari della macelleria avvenuta in quell’appartamento romano (inclusa la dormitina a trois, assieme al cadavere ancora caldo) dovremo subire nei prossimi anni l’alluvione delle cronache giudiziarie e dei programmi televisivi costruiti attorno alla cronaca nera. Non ci accoderemo a questi guardoni di professione, ci limiteremo a mettere in luce gli aspetti fondamentali di questa vicenda. Che riguardano tutti noi, tutta intera la società italiana e non solo i protagonisti e le loro famiglie.
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Le famiglie, appunto. Un padre si trincera dietro la speranza che tutto sia dovuto alla droga, «altrimenti cosa dovrei pensare, di aver generato un mostro?». Cominciamo da qui. Nessuno genera dei mostri. Ogni bambino nasce innocente, anche se segnato dal peccato originale. Per ovviare a questo vulnus originario, Dio ci ha dato il sacramento del battesimo; con il quale i padrini si aggiungono ai genitori nell’impegno di educare cristianamente il nuovo accolito. Generato no, ma allevato forse sì. Il battesimo è solo il primo passo.
Seconda domanda: correre dietro al figlio per controllare chi frequenta sembra oggi eccessivo. Ma se a trent’anni questo «ragazzo modello, con un quoziente intellettivo superiore alla media» studia ancora, non sarebbe stato il caso di chiedersi almeno cosa studia, e soprattutto se studia? Ma già, un padre «superimpegnato tra il ristorante e l’agenzia di pratiche automobilistiche» non avrà avuto molto tempo per occuparsi di questo figlio, che tra l’altro non è l’unico.
Terzo punto. La mattanza è avvenuta nel corso di due – dicesi due – giorni di baldorie, certamente non svoltisi col silenziatore. Al piano di sotto vive la madre, che non si è accorta di niente. Forse è dura di orecchi, certo è che non deve aver sentito l’impulso di contattare il figlio, tanto per sapere come stava. Cuore di madre si diceva, ma forse è un’espressione di altri tempi.
Quarto punto. Apprendiamo che il padre è rimasto «in buoni rapporti con l’ex moglie». Dunque, siamo di fronte ad una classica “buona famiglia” del nostro tempo, nella quale tutti sono in buoni rapporti tra di loro, non ci sono serie difficoltà economiche e ciascuno è libero di fare la propria vita. Una famiglia sfasciata (non ci importa per colpa di chi) con due figli, uno dei quali è finito allo sbando. Nessuno si preoccupa di controllare quanti figli di coppie “fallite” sono finiti sulla cronaca nera?
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Passando all’altro “eroe”, troviamo un giovanotto di successo, che alterna i flirt con le showgirl ai convegni omo (sembra organizzasse eventi gay). Uno dai «programmi ambiziosi». Dietro a questa immagine di successo, una frustrazione dovuta alle tendenze sessuali, acuite, dice lui, dall’atteggiamento della famiglia. Anche qui il padre è una persona ben piazzata, certo pieno di impegni, che nel suo blog invita a non infierire su «un debole malato».
La famiglia (e la madre) verrebbe chiamata in causa per avergli impedito – è da chiedersi come – di farsi mutilare, nell’illusione di cambiare sesso. Mancanza di soldi? Ma per la droga, i soldi c’erano pure, e non pochi. La droga, appunto, probabilmente l’unico vero punto di incontro tra i due sciagurati, con i conseguenti (così parrebbe) rapporti omosex.
Infine la vittima. «Era un amicone, conosceva un sacco di gente». Stessa ragazza da nove anni: «Lui aveva le sue amicizie, io le mie, che fra l’altro mal si sopportano, per questo andava in discoteca da solo, mentre a me non piaceva … Ma non frequentava giri strani, voleva stare solo con me». Anche qui, una coppia “moderna”: due che “stanno assieme” senza conoscersi realmente, che vivono vite separate, né risultano progetti per il futuro.
E’ un campione rivelatore di una società malata ma “perbene”, capace talvolta di definirsi “cristiana”, ma è imperniata su rapporti intrinsecamente egoistici, sia a livello inter- che infra-generazionale. Rapporti fugaci, promiscui, clandestini, conditi sempre più di droghe ed alcolici, con il loro corollario di violenze insensate.
A questa società i nostri legislatori si affannano a imporre un quadro normativo che prescinda da qualsiasi morale. Depenalizziamo le droghe, istituzionalizziamo alternative più allettanti rispetto al matrimonio come impegno per la vita, buttiamo i figli non programmati, insegniamo ai bambini che ogni tipo di congiunzione carnale è equivalente e lecita.
Così domani nessun “genitore 1 o 2″ dovrà sentirsi in colpa se suo figlio finirà in carcere, essendosi comportato come legge prevede. La legge degli uomini – di questi uomini – beninteso.
Fonte: Vita Nuova