“Sobrietà e fraternità sono tipiche della tradizione valdese ma anche di Papa Francesco, lo aspettiamo con gioia”. Con questo tweet il moderatore della Tavola valdese, il pastore Eugenio Bernardini, ha commentato la notizia che Papa Francesco sarà il primo Pontefice nella storia a visitare un Tempio valdese. La visita ecumenica avverrà il prossimo 22 giugno, nel Tempio di corso Vittorio Emanuele del capoluogo piemontese, durante il soggiorno del Papa a Torino per l’Ostensione della Sindone e il bicentenario di don Bosco.
Il pastore Bernardini spiega al microfono di Fabio Colagrande la genesi di questa storica “prima volta”.
R. – Nasce quando Papa Francesco, due anni fa, assume il suo incarico con un nome altamente significativo – almeno per noi – che ci colpì insieme con le prime parole e ai primi fatti. Perché vorrei ricordare che il Movimento Valdese nacque più di otto secoli fa da un’esperienza di conversione spirituale di un laico che assomiglia moltissimo alla vicenda di Francesco d’Assisi.
Le somiglianze tra questi due movimenti – quello francescano e quello valdese che poi, nel 1500, divenne la Chiesa valdese – sono impressionanti: sobrietà, semplicità, essenzialità, avvicinamento ai poveri… Insomma, tutti aspetti che ci hanno colpiti in questa decisione di Francesco, primo Papa ad assumere questo nome, e poi nel suo modo di interpretare il ministero.
E quindi, è un invito che abbiamo fatto nel mese di novembre e che è stato accolto, devo dire, con nostro grande piacere.
D. – Che significato assume per i valdesi questo gesto di Papa Francesco, l’aver accettato il vostro invito?
R. – Indubbiamente, significa segnare una svolta. Il Movimento ecumenico, le esperienze e anche le conoscenze personali di questi decenni sono stati di grande importanza. Collaborazioni sul piano – per esempio – della traduzione della Bibbia, degli studi teologici ma anche, vorrei ricordare, un accordo con la Conferenza episcopale italiana sui matrimoni tra valdesi e cattolici.
Sono passi importanti, ma certamente non era mai accaduto che un Papa entrasse in una chiesa valdese. Quindi, questo evento che accadrà prossimamente, per noi significa da una parte confermare la bontà di un cammino che ha portato indubbiamente dei frutti e dall’altra parte dare un’ulteriore spinta, non tanto alle relazioni diplomatiche tra Chiese cristiane di confessioni diverse, ma soprattutto a far sì che pur nella diversità e nella pluralità delle nostre posizioni riusciamo a trovare il modo per esprimere insieme parole e gesti che la nostra società richiede ai cristiani di oggi e che noi abbiamo la responsabilità di offrire.
D. – Quali prospettive ecumeniche può aprire questo avvenimento storico, secondo lei?
R. – In un tempo in cui la parola religiosa, la differenza tra religioni, purtroppo è tornata a essere un problema – in un tempo in cui c’è qualcuno che utilizza strumentalmente la religione, il libro sacro e le differenze, per avere un atteggiamento di conquista, sostanzialmente per negare la pluralità – penso sia importante che noi diamo invece un segnale opposto, che collaboriamo in modo molto fattivo a disarmare i linguaggi, la propaganda di coloro che, appunto, pensano che l’uniformità religiosa sia l’unica soluzione.
Questo credo sia un elemento di grande importanza simbolica di questo gesto. Vorrei anche sottolineare il fatto che avvenendo a Torino: questa visita avviene in un luogo dove un po’ più di 150 anni fa i Valdesi poterono finalmente essere presenti con la loro libertà di espressione, dopo secoli di ghettizzazione, di persecuzione… Però, il pregiudizio non terminò 150 anni fa.
C’è voluto ancora un cammino molto lungo. Questa visita rappresenterà quindi anche la consegna alla storia di questa lunga vicenda e la dichiarazione che il presente è decisamente diverso. Se c’è ancora qualcuno che ha dei pregiudizi, delle preoccupazioni, speriamo di poterle archiviare.
Testo proveniente dal sito di Radio Vaticana