Il mondo, l’uomo e la fede “sono le vie che possono aprire il cuore alla conoscenza di Dio”, che ci orienta “rispettando sempre la nostra libertà”. E’ quanto ha detto il Papa all’udienza generale, nell’Aula Paolo VI, ricordando che “Dio non si stanca mai di cercarci”. L’uomo rischia di essere abbagliato dai “luccichii della mondanità” e di non percorrere le vie che conducono al Signore.
Certe mentalità diffuse – sottolinea Benedetto XVI – rendono “più difficile alla Chiesa e al cristiano comunicare la gioia del Vangelo ad ogni creatura”:
“Dio, però non si stanca di cercarci, è fedele all’uomo che ha creato e redento, rimane vicino alla nostra vita, perché ci ama”.
Di fronte oggi alle difficoltà e alle prove per la fede, “spesso poco compresa, contestata, rifiutata”, si deve recuperare l’esortazione di San Pietro ad essere pronti a rispondere “con dolcezza e rispetto” a chi chiede conto della speranza nel cuore del cristiano. Il secolo scorso ha conosciuto un forte “processo di secolarismo”. “Oscurando il riferimento a Dio – ricorda il Pontefice – si è oscurato anche l’orizzonte etico, per lasciare spazio al relativismo”. Nei nostri tempi, “prevale una forma di ateismo ‘pratico’ in cui “non si negano le verità della fede”, ma semplicemente si ritengono “irrilevanti per l’esistenza quotidiana”. Quali risposte allora, si è chiesto Benedetto XVI, è chiamata a dare la fede “con dolcezza e rispetto”, all’ateismo, allo scetticismo, all’indifferenza affinché l’uomo possa continuare ad interrogarsi sull’”esistenza di Dio?”:
“La prima: il mondo. (…) Penso che dobbiamo recuperare e far recuperare all’uomo di oggi la capacità di contemplare la creazione, la sua bellezza, la sua struttura. Il mondo non è un magma informe, ma più lo conosciamo e più ne scopriamo i meravigliosi meccanismi, più vediamo un disegno, vediamo che c’è un’intelligenza creatrice”.
“Una prima via, quindi, che conduce alla scoperta di Dio è il contemplare con occhi attenti la creazione”. La seconda via – spiega il Santo Padre – è l’uomo. “Nell’uomo interiore – diceva Sant’Agostino – abita la verità”:
“Questo è un altro aspetto che noi rischiamo di smarrire nel mondo rumoroso e dispersivo in cui viviamo: la capacità di fermarci e di guardare in profondità in noi stessi e leggere questa sete di infinito che portiamo dentro, che ci spinge ad andare oltre e rinvia a Qualcuno che la possa colmare”.
La terza via che conduce all’incontro con Dio è la fede. Non si tratta – ricorda il Santo Padre – di “un mero sistema di credenze e di valori”. “Chi crede è unito a Dio, è aperto alla sua grazia, alla forza della carità”. E la sua esistenza diventa “testimonianza non di se stesso, ma del Risorto”:
“La fede, infatti, è incontro con Dio che parla e opera nella storia e che converte la nostra vita quotidiana, trasformando in noi mentalità, giudizi di valore, scelte e azioni concrete. Non è illusione, fuga dalla realtà, comodo rifugio, sentimentalismo, ma è coinvolgimento di tutta la vita ed è annuncio del Vangelo, Buona Notizia capace di liberare tutto l’uomo”.
Rivolgendosi ai pellegrini di lingua italiana, in particolare ai gruppi parrocchiali, alle associazioni e agli studenti, Benedetto XVI ha salutato i partecipanti al Forum organizzato da Caritas Internationalis e i missionari, sacerdoti e laici, che prendono parte al corso organizzato dalla Pontificia Università Salesiana. “La visita alla Sede di Pietro – ha affermato il Santo Padre – favorisca in tutti il rinnovamento spirituale e l’impegno nell’evangelizzazione”. Il Papa ha ricordato infine che domani si celebrerà la memoria di Sant’Alberto Magno, patrono dei cultori delle scienze naturali. “Cari giovani – ha detto il Pontefice – sappiate conciliare lo studio rigoroso con le esigenze della fede; cari ammalati, confidate nell’aiuto della medicina, ma in misura ancora maggiore nella misericordia di Dio; e voi, cari sposi novelli, con l’amore e la stima reciproca testimoniate la bellezza del Sacramento ricevuto”.
Amedeo Lomonaco per Radio Vaticana
Testo integrale dell’omelia
Cari fratelli e sorelle,
mercoledì scorso abbiamo riflettuto sul desiderio di Dio che l’essere umano porta nel profondo di se stesso. Oggi vorrei continuare ad approfondire questo aspetto meditando brevemente con voi su alcune vie per arrivare alla conoscenza di Dio. Vorrei ricordare, però, che l’iniziativa di Dio precede sempre ogni iniziativa dell’uomo e, anche nel cammino verso di Lui, è Lui per primo che ci illumina, ci orienta e ci guida, rispettando sempre la nostra libertà. Ed è sempre Lui che ci fa entrare nella sua intimità, rivelandosi e donandoci la grazia per poter accogliere questa rivelazione nella fede. Non dimentichiamo mai l’esperienza di sant’Agostino: non siamo noi a possedere la Verità dopo averla cercata, ma è la Verità che ci cerca e ci possiede.
Tuttavia ci sono delle vie che possono aprire il cuore dell’uomo alla conoscenza di Dio, ci sono dei segni che conducono verso Dio. Certo, spesso rischiamo di essere abbagliati dai luccichii della mondanità, che ci rendono meno capaci di percorrere tali vie o di leggere tali segni. Dio, però, non si stanca di cercarci, è fedele all’uomo che ha creato e redento, rimane vicino alla nostra vita, perché ci ama. E’ questa una certezza che ci deve accompagnare ogni giorno, anche se certe mentalità diffuse rendono più difficile alla Chiesa e al cristiano comunicare la gioia del Vangelo ad ogni creatura e condurre tutti all’incontro con Gesù, unico Salvatore del mondo. Questa, però, è la nostra missione, è la missione della Chiesa e ogni credente deve viverla gioiosamente, sentendola come propria, attraverso un’esistenza animata veramente dalla fede, segnata dalla carità, dal servizio a Dio e agli altri, e capace di irradiare speranza. Questa missione splende soprattutto nella santità a cui tutti siamo chiamati.
Oggi – lo sappiamo – non mancano le difficoltà e le prove per la fede, spesso poco compresa, contestata, rifiutata. San Pietro diceva ai suoi cristiani: «Siate sempre pronti a rispondere, ma con dolcezza e rispetto, a chiunque vi chiede conto della speranza che è nei vostri cuori» (1 Pt 3,15). Nel passato, in Occidente, in una società ritenuta cristiana, la fede era l’ambiente in cui si muoveva; il riferimento e l’adesione a Dio erano, per la maggioranza della gente, parte della vita quotidiana. Piuttosto era colui che non credeva a dover giustificare la propria incredulità. Nel nostro mondo, la situazione è cambiata e sempre di più il credente deve essere capace di dare ragione della sua fede. Il beato Giovanni Paolo II, nell’Enciclica Fides et ratio, sottolineava come la fede sia messa alla prova anche nell’epoca contemporanea, attraversata da forme sottili e capziose di ateismo teorico e pratico (cfr nn. 46-47).
Dall’Illuminismo in poi, la critica alla religione si è intensificata; la storia è stata segnata anche dalla presenza di sistemi atei, nei quali Dio era considerato una mera proiezione dell’animo umano, un’illusione e il prodotto di una società già falsata da tante alienazioni. Il secolo scorso poi ha conosciuto un forte processo di secolarismo, all’insegna dell’autonomia assoluta dell’uomo, considerato come misura e artefice della realtà, ma impoverito del suo essere creatura «a immagine e somiglianza di Dio».
Nei nostri tempi si è verificato un fenomeno particolarmente pericoloso per la fede: c’è infatti una forma di ateismo che definiamo, appunto, «pratico», nel quale non si negano le verità della fede o i riti religiosi, ma semplicemente si ritengono irrilevanti per l’esistenza quotidiana, staccati dalla vita, inutili. Spesso, allora, si crede in Dio in modo superficiale, e si vive «come se Dio non esistesse» (etsi Deus non daretur). Alla fine, però, questo modo di vivere risulta ancora più distruttivo, perché porta all’indifferenza verso la fede e verso la questione di Dio.
In realtà, l’uomo, separato da Dio, è ridotto a una sola dimensione, quella orizzontale, e proprio questo riduzionismo è una delle cause fondamentali dei totalitarismi che hanno avuto conseguenze tragiche nel secolo scorso, come pure della crisi di valori che vediamo nella realtà attuale. Oscurando il riferimento a Dio, si è oscurato anche l’orizzonte etico, per lasciare spazio al relativismo e ad una concezione ambigua della libertà, che invece di essere liberante finisce per legare l’uomo a degli idoli. Le tentazioni che Gesù ha affrontato nel deserto prima della sua missione pubblica, rappresentano bene quegli «idoli» che affascinano l’uomo, quando non va oltre se stesso. Se Dio perde la centralità, l’uomo perde il suo posto giusto, non trova più la sua collocazione nel creato, nelle relazioni con gli altri. Non è tramontato ciò che la saggezza antica evoca con il mito di Prometeo: l’uomo pensa di poter diventare egli stesso «dio», padrone della vita e della morte.
Di fronte a questo quadro, la Chiesa, fedele al mandato di Cristo, non cessa mai di affermare la verità sull’uomo e sul suo destino. Il Concilio Vaticano II afferma sinteticamente così: «La ragione più alta della dignità dell’uomo consiste nella sua vocazione alla comunione con Dio. Fin dal suo nascere l’uomo è invitato al dialogo con Dio: non esiste, infatti, se non perché, creato per amore da Dio, da Lui sempre per amore è conservato, né vive pienamente secondo verità se non lo riconosce liberamente e se non si affida al suo Creatore» (Cost. Gaudium et spes, 19).
Quali risposte, allora è chiamata a dare la fede, con «dolcezza e rispetto», all’ateismo, allo scetticismo, all’indifferenza verso la dimensione verticale, affinché l’uomo del nostro tempo possa continuare ad interrogarsi sull’esistenza di Dio e a percorrere le vie che conducono a Lui? Vorrei accennare ad alcune vie, che derivano sia dalla riflessione naturale, sia dalla stessa forza della fede. Le vorrei molto sinteticamente riassumere in tre parole: il mondo, l’uomo, la fede.
La prima: il mondo. Sant’Agostino, che nella sua vita ha cercato lungamente la Verità ed è stato afferrato dalla Verità, ha una bellissima e celebre pagina, in cui afferma così: «Interroga la bellezza della terra, del mare, dell’aria rarefatta e dovunque espansa; interroga la bellezza del cielo…, interroga tutte queste realtà. Tutte ti risponderanno: guardaci pure e osserva come siamo belle. La loro bellezza è come un loro inno di lode. Ora queste creature così belle, ma pur mutevoli, chi le ha fatte se non uno che è la bellezza in modo immutabile?» (Sermo 241, 2: PL 38, 1134). Penso che dobbiamo recuperare e far recuperare all’uomo d’oggi la capacità di contemplare la creazione, la sua bellezza, la sua struttura. Il mondo non è un magma informe, ma più lo conosciamo e più ne scopriamo i meravigliosi meccanismi, più vediamo un disegno, vediamo che c’è un’intelligenza creatrice.
Albert Einstein disse che nelle leggi della natura «si rivela una ragione così superiore che tutta la razionalità del pensiero e degli ordinamenti umani è al confronto un riflesso assolutamente insignificante» (Il Mondo come lo vedo io, Roma 2005). Una prima via, quindi, che conduce alla scoperta di Dio è il contemplare con occhi attenti la creazione.
La seconda parola: l’uomo. Sempre sant’Agostino, poi, ha una celebre frase in cui dice che Dio è più intimo a me di quanto lo sia io a me stesso (cfr Confessioni III, 6, 11). Da qui egli formula l’invito: «Non andare fuori di te, rientra in te stesso: nell’uomo interiore abita la verità» (De vera religione, 39, 72). Questo è un altro aspetto che noi rischiamo di smarrire nel mondo rumoroso e dispersivo in cui viviamo: la capacità di fermarci e di guardare in profondità in noi stessi e leggere quella sete di infinito che portiamo dentro, che ci spinge ad andare oltre e rinvia a Qualcuno che la possa colmare. Il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma così: «Con la sua apertura alla verità e alla bellezza, con il suo senso del bene morale, con la sua libertà e la voce della coscienza, con la sua aspirazione all’infinito e alla felicità, l’uomo si interroga sull’esistenza di Dio» (n. 33).
La terza parola: la fede. Soprattutto nella realtà del nostro tempo, non dobbiamo dimenticare che una via che conduce alla conoscenza e all’incontro con Dio è la vita della fede. Chi crede è unito a Dio, è aperto alla sua grazia, alla forza della carità. Così la sua esistenza diventa testimonianza non di se stesso, ma del Risorto, e la sua fede non ha timore di mostrarsi nella vita quotidiana, è aperta al dialogo che esprime profonda amicizia per il cammino di ogni uomo, e sa aprire luci di speranza al bisogno di riscatto, di felicità, di futuro. La fede, infatti, è incontro con Dio che parla e opera nella storia e che converte la nostra vita quotidiana, trasformando in noi mentalità, giudizi di valore, scelte e azioni concrete.
Non è illusione, fuga dalla realtà, comodo rifugio, sentimentalismo, ma è coinvolgimento di tutta la vita ed è annuncio del Vangelo, Buona Notizia capace di liberare tutto l’uomo. Un cristiano, una comunità che siano operosi e fedeli al progetto di Dio che ci ha amati per primo, costituiscono una via privilegiata per quanti sono nell’indifferenza o nel dubbio circa la sua esistenza e la sua azione. Questo, però, chiede a ciascuno di rendere sempre più trasparente la propria testimonianza di fede, purificando la propria vita perché sia conforme a Cristo.
Oggi molti hanno una concezione limitata della fede cristiana, perché la identificano con un mero sistema di credenze e di valori e non tanto con la verità di un Dio rivelatosi nella storia, desideroso di comunicare con l’uomo a tu per tu, in un rapporto d’amore con lui. In realtà, a fondamento di ogni dottrina o valore c’è l’evento dell’incontro tra l’uomo e Dio in Cristo Gesù. Il Cristianesimo, prima che una morale o un’etica, è avvenimento dell’amore, è l’accogliere la persona di Gesù. Per questo, il cristiano e le comunità cristiane devono anzitutto guardare e far guardare a Cristo, vera Via che conduce a Dio.
——————————————————————————–
Saluti:
Je salue tous les francophones présents venus du Canada et de France, spécialement les collégiens de Fénelon-Sainte-Marie ! Puissiez-vous annoncer avec joie l’Évangile par le témoignage courageux de votre foi, par une vie conforme au Christ, et par la force de votre charité. Je vous invite à vivre chaque jour dans la sainteté pour irradier sur notre monde la lumière de l’espérance.
Bon pèlerinage !
I greet the participants in the Conference of the Pontifical Council for Health Care Workers. I also greet the El Shaddai European Convention. I welcome the Westminster Cathedral Choir and I thank them, and the other choirs present, for their praise of God in song. Upon all the English-speaking pilgrims present at today’s Audience, including those from England, Denmark, Gibraltar, South Africa, Hong Kong, Japan and the United States, I cordially invoke God’s abundant blessings.
Mit Freude grüße ich die deutschsprachigen Pilger und Besucher. Gott ist keine Illusion, sondern höchste Wahrheit und Antwort auf die Suche unserer Vernunft und unseres Herzens. Der Herr selbst kommt uns bei unserem Suchen entgegen. Öffnen wir uns seiner Wahrheit und seiner Liebe. Maria, die Mutter der Glaubenden, möge uns dabei begleiten! Danke.
Saludo a los peregrinos de lengua española, en particular a los fieles de la parroquia de san Francisco Javier, de Formentera, así como a los demás grupos provenientes de España, México, Venezuela, Chile y otros países latinoamericanos. Que el impulso de la fe os lleve a mirar y a hacer mirar a Cristo, verdadera vía que conduce a Dios. Muchas gracias.
Queridos peregrinos vindos de diversas cidades do Brasil e todos os presentes de língua portuguesa: sede bem-vindos! Neste Ano da Fé, procurai conhecer mais a Cristo, único caminho verdadeiro que conduz a Deus, para poder depois transmitir aos demais a alegria desse encontro transformador. Possa Ele iluminar e abençoar as vossas vidas! Obrigado pela visita!
Saluto in lingua araba:
الْبَابَا يَصْلِي مِنْ أَجَلْ جَمِيعَ النَّاطِقَيْنِ بِاللُّغَةِ الْعَرَبِيَّةِ… لِيُبَارِك الرَّبّ جَمِيعَكُمْ
Traduzione italiana:
Il Papa prega per tutte le persone di lingua araba. Dio vi benedica tutti.
Saluto in lingua polacca:
Witam przybyłych na audiencję Polaków. Bracia i siostry, myśląc dzisiaj o drogach wiodących do poznania Boga, dzielmy się z wszystkimi radością wiary, że Bóg stworzył wszechświat, człowieka, uczynił nas swoimi dziećmi. Niech nasza wiara, modlitwa, świadectwo życia będą hołdem uwielbienia Boga, naszego Ojca, który przemienia nasz sposób myślenia, hierarchię wartości, wybory i konkretne działania. Niech będzie pochwalony Jezus Chrystus.
Traduzione italiana:
Saluto i Polacchi venuti a quest’udienza. Fratelli e sorelle, pensando oggi alle vie che ci portano alla conoscenza di Dio, condividiamo con tutti la gioia della fede, perché è stato Dio a creare il cosmo, l’uomo, e a renderci suoi figli. Siano la nostra fede, la nostra preghiera e la nostra testimonianza di vita, un rendimento di lode a Dio, nostro Padre che trasforma il nostro modo di pensare, i giudizi di valore, le scelte e le azioni concrete. Sia lodato Gesù Cristo.
Saluto in lingua russa:
Сердечно приветствую паломников из России, особенно группу катехизаторов из Епархии Святого Иосифа в Иркутске во главе с Епископом Монсеньором Кириллом Климовичем.
Да благословит Господь ваше паломничество и да сопутствует вам молитва святых Апостолов и мучеников Вечного Города!
Слава Иисусу Христу!
Traduzione italiana:
Saluto cordialmente i pellegrini provenienti dalla Russia, in particolare il gruppo di catechisti dalla Diocesi di San Giuseppe a Irkutsk con il Vescovo Mons. Сyryl Klimowicz.
Il Signore benedica il vostro pellegrinaggio e vi accompagni la preghiera dei Santi Apostoli e dei Martiri della Città Eterna.
Sia lodato Gesù Cristo!
* * *
Rivolgo un affettuoso benvenuto ai pellegrini di lingua italiana, in particolare ai gruppi parrocchiali, alle associazioni e agli studenti. Saluto i partecipanti al Forum organizzato da Caritas Internationalis e i missionari, sacerdoti e laici, che prendono parte al corso organizzato dalla Pontificia Università Salesiana: la visita alla Sede di Pietro favorisca in tutti il rinnovamento spirituale e l’impegno nell’evangelizzazione.
Un pensiero infine per i giovani, gli ammalati e gli sposi novelli. Domani celebreremo la memoria di Sant’Alberto Magno, patrono dei cultori delle scienze naturali. Cari giovani, sappiate conciliare lo studio rigoroso con le esigenze della fede; cari ammalati, confidate nell’aiuto della medicina, ma in misura ancora maggiore nella misericordia di Dio; e voi, cari sposi novelli, con l’amore e la stima reciproca testimoniate la bellezza del Sacramento ricevuto.
© Copyright 2012 – Libreria Editrice Vaticana