La testimonianza di Paolo VI “alimenta in noi la fiamma dell’amore per Cristo, dell’amore per la Chiesa, dello slancio di annunciare il Vangelo”. Così Papa Francesco nel discorso pronunciato stamani nella Basilica vaticana davanti a circa cinquemila pellegrini della diocesi di Brescia, giunti ieri a Roma per il 50.mo anniversario dell’elezione di Papa Montini.
Il Pontefice è sceso in Basilica al termine della Messa presieduta presso l’altare della Confessione dall’arcivescovo di Brescia, mons. Luciano Monari. Presente anche il cardinale Giovanni Battista Re.
“L’amore a Cristo, l’amore alla Chiesa e l’amore all’uomo”: sono i tre aspetti testimoniati dal Servo di Dio Paolo VI attorno ai quali si dipana il discorso di Papa Francesco, applaudito più volte, fin dal suo ingresso in Basilica, dai circa cinquemila fedeli presenti.
“Queste tre parole – dice- – sono atteggiamenti fondamentali, ma anche appassionati di Paolo VI”, che “ha saputo testimoniare, in anni difficili, la fede in Gesù Cristo”:
“Risuona ancora, più viva che mai, la sua invocazione: ‘Tu ci sei necessario o Cristo!’. Sì, Gesù è più che mai necessario all’uomo di oggi, al mondo di oggi, perché nei ‘deserti’ della città secolare Lui ci parla di Dio, ci rivela il suo volto”.
Nel discorso ai circa cinquemila pellegrini conterranei di Papa Montini, che nacque infatti a Cesio in provincia di Brescia, Papa Francesco mette soprattutto in luce la totalità dell’amore a Cristo di Paolo VI.
Una totalità visibile già nella scelta del nome come Papa: Paolo è l’Apostolo che portò il Vangelo a tutte le genti e che “per amore di Cristo offrì la sua vita”, affermò lui stesso.
Papa Francesco cita più volte le parole di Paolo VI per mettere in rilievo questo amore: “Cristo! Sì, io sento la necessità di annunciarlo, non posso tacerlo!”, disse a Manila Papa Montini ricordando che “Egli è il centro della storia e del mondo”, “Egli è il compagno e l’amico della nostra vita”. “Parole grandi” afferma Papa Francesco:
“Ma io vi confido una cosa: questo discorso a Manila, ma anche quello a Nazareth, sono stati per me una forza spirituale, mi hanno fatto tanto bene nella vita! E io torno a questo discorso, torno e ritorno, perché mi fa bene sentire questa parola di Paolo VI oggi”.
Il secondo insegnamento lasciatoci da Paolo VI è il suo profondo amore per la Chiesa, “Madre che porta Cristo e porta a Cristo”. Un amore fino a spendersi per la Chiesa senza riserve con un “cuore di vero Pastore, di un autentico cristiano, di un uomo capace di amare”, dice Papa Francesco, rilevando anche che “Paolo VI ha vissuto in pieno il travaglio della Chiesa dopo il Concilio Vaticano II, le luci, le speranze, le tensioni”.
Papa Francesco fa riferimento a diversi scritti di Paolo VI, come la sua prima Enciclica Ecclesiam suam, “Pensiero alla morte”, il suo Testamento.
Ma soprattutto all’Esortazione apostolica Evangeli nuntiandi, “per me – afferma – il documento pastorale più grande che è stato scritto fino ad oggi”. In questa Esortazione apostolica, Papa Montini pone questa domanda: “Dopo il Concilio e grazie al Concilio…. la Chiesa si sente o no più adatta ad annunziare il Vangelo e ad inserirlo nel cuore dell’uomo con convinzione, libertà di spirito ed efficacia?”.
La Chiesa “è veramente radicata nel cuore del mondo, e tuttavia abbastanza libera e indipendente per interpellare il mondo?”. E ancora, rileva Papa Francesco, Paolo VI si chiedeva se fosse più impegnata nell’azione caritativa, nella ricerca dell’unità dei cristiani:
“Sono interrogativi rivolti anche alla nostra Chiesa, a tutti noi, siamo tutti responsabili delle risposte e dovremmo chiederci: siamo veramente Chiesa unita a Cristo, per uscire e annunciarlo a tutti, anche e soprattutto a quelle che io chiamo le ‘periferie esistenziali’, o siamo chiusi in noi stessi, nei nostri gruppi, nelle nostre piccole chiesuole?
O amiamo la Chiesa grande, la Chiesa madre, la Chiesa che ci invia in missione e ci fa uscire da noi stessi?”.
Infine il terzo aspetto che Paolo VI ha testimoniato: l’amore per l’uomo. Un aspetto profondamento legato a Cristo perché è proprio la passione per Dio che spinge a servire l’uomo. In questo senso Papa Francesco cita un ampio passo del discorso che Paolo VI pronunciò nell’ultima Sessione del Vaticano II.
Paolo VI evidenziava che “l’umanesimo laico profano alla fine è apparso nella sua terribile statura e ha in un certo senso sfidato il Concilio”.
“La religione del Dio che si è fatto Uomo s’è incontrata con la religione dell’uomo che si è fatto Dio”, proseguiva Paolo VI mettendo in luce che poteva esserci uno scontro ma non è avvenuto.
“L’antica storia del Samaritano è stata il paradigma della spiritualità del Concilio”, disse Papa Montini che rivolgendosi “agli umanisti moderni – rinunciatari alla trascendenza delle cose supreme” – li invitava a riconoscere “il nostro nuovo umanesimo: anche noi, noi più di tutti, siamo i cultori dell’uomo”.
Quindi Papa Francesco evidenzia, sempre citando le parole di Paolo VI, che “tutta questa ricchezza dottrinale” è rivolta “a servire l’uomo” “in ogni sua necessità”, tanto che “la Chiesa si è quasi dichiarata l’ancella dell’umanità”.
E questo, nota Papa Francesco, anche oggi “ci dà luce in questo mondo dove si nega l’uomo, dove si preferisce andare sulla strada dello gnosticismo, sulla strada del pelagianesimo” cioè di “un Dio che non si è fatto carne” o del “niente Dio”, dell’ uomo prometeico:
“Noi in questo tempo possiamo dire le stesse cose di Paolo VI: la Chiesa è l’ancella dell’uomo, la Chiesa crede in Cristo che è venuto nella carne e perciò serve l’uomo, ama l’uomo, crede nell’uomo. Questa è l’ispirazione del grande Paolo VI.
Cari amici, ritrovarci nel nome del Venerabile Servo di Dio Paolo VI ci fa bene! La sua testimonianza alimenta in noi la fiamma dell’amore per Cristo, dell’amore per la Chiesa, dello slancio di annunciare il Vangelo all’uomo di oggi, con misericordia, con pazienza, con coraggio, con gioia”.
Testo proveniente dal sito di Radio Vaticana