La storia che si legge sui giornali racconta di una ragazza minorenne che si sarebbe rivolta a un ginecologo campano per abortire. Secondo la ricostruzione degli inquirenti la gravidanza è avanzata e i termini previsti dalla legge sono abbondantemente superati, ma questo non scoraggia il sanitario che propone alla giovane la soluzione: un aborto clandestino. Il prezzo? Seimila euro.
La ragazza però non ha quei soldi e allora scatta il piano B: nessun aborto, ma al suo posto la vendita del bambino appena nato a una coppia che aveva consegnato al medico venticinquemila euro. Il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi, così avviene che la giovane si ritrova il bambino che aveva partorito sul suo stato di famiglia, così scatta la segnalazione e le relative indagini che hanno portato all’arresto del medico e la denuncia per i falsi genitori.
Al di là dei risvolti legali, questa storia mostra alcune cose che vale la pena evidenziare. La recente campagna orchestrata contro i medici obiettori di coscienza sentenziava: “Il buon medico non obietta”. Dai promotori di quello sgangherato e offensivo attacco contro i medici obiettori di coscienza all’aborto vorrei sapere se anche quel medico arrestato (che pure dovrebbe piacere perché non obiettava e anzi era un punto di riferimento importante per l’attività abortista nell’area campana) sia un buon medico.
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