C’è qualcosa di fastidiosamente malizioso nel modo in cui i media hanno dato notizia della suora di 32 anni, originaria di El Salvador, che all’ospedale di Rieti ha dato alla luce un bambino che chiamerà Francesco.
E’ un peccato che ci si soffermi sempre sui pettegolezzi (chi sarà il padre? davvero non sapeva di essere incinta? cosa mormora la gente del paese? quali sono le battute più salaci che girano sul web?), senza mai riuscire a vedere che la notizia nasconde tra le sue pieghe un segnale di quello che, ancora una volta, si dimostra essere l’attenzione della Chiesa verso tutti i suoi figli e le sue figlie.
Come sempre: giudizio chiaro sul peccato, ma grande accoglienza per il peccatore. Come ha detto suor Erminia, la madre superiora: «Non ha saputo resistere alle tentazioni, ma non ha fatto male a nessuno. Suvvia, lasciateci in pace, quel che è fatto è fatto».
Basta, invece, scorrere le cronache dei quotidiani per rendersi conto quanto, sotto l’apparente snocciolare dei dati di cronaca, altro non si voglia fare se non dileggiare la donna, dar conto dei soliti cretini di twitter e delle loro battutine da asilo, puntare la luce sull’imbarazzo ecclesiastico per il “figlio del peccato”.
Quanta superficialità in questi commenti, tra l’altro di solito pronunciati da quegli stessi sempre pronti ad attaccare la Chiesa e la scelta verginale di sacerdoti e religiose.
Mentre a noi pare molto più acuto e interessante far notare quanta discrezione e capacità di accoglienza abbia dimostrato la Chiesa.
Monsignor Gianfranco Girotti, fino al 2012 reggente della Penitenzieria Apostolica, ha spiegato che la suora «verrà dimessa dall’istituto e dovrà farsi carico della prole che è nata. I
l fatto della gravidanza e della nascita del bambino la impegna a un nuovo stato di vita». Insomma, ora che il bambino c’è, ne va tenuto conto ed è giusto che Francesco possa godere di tutte le attenzioni della madre.
Ma questo, ha aggiunto Girotti, non significa che nei confronti della suora ci sia una «scomunica».
Anzi. «I superiori – ha aggiunto – dovranno aiutarla ad affrontare la situazione. Essendo anche straniera, trovandosi in un paese non suo, non avrà altre possibilità di aiuto, quindi ci sarà sicuramente un sostegno da parte dell’istituto cui apparteneva».
«Pur deprecando l’episodio – ha spiegato -, dal punto di vista evangelico deve prevalere sempre l’atteggiamento di aiuto. Questo dev’essere il primo sentimento, tanto più trovandoci di fronte a una vita che nasce».
Anche il vescovo di Rieti, Delio Lucarelli, ha raccontato – con parole semplici ma eccezionali – che quando la incontrerà le dirà che «certamente c’è la mancata fedeltà a un voto, cioè a un impegno solenne, e questo in me provoca rammarico, ma va apprezzato il fatto che la gravidanza non si sia conclusa con l’aborto e infine va detto che una vita è sempre un dono del Signore. Noi dunque le saremo vicini e confido che anche la nostra gente possa capirla e aiutarla».
E così pare stia già avvenendo, con la prima colletta per aiutare la donna. Ma questi sono tutti fatti che interessano solo chi ha davvero a cuore la donna e suo figlio. Gli altri si fermano alle maldicenze da ballatoio. Peggio per loro: si stanno perdendo un giorno di festa.
Emanuele Boffi
articolo pubblicato su Tempi.it