Il Coronavirus, le insipienti accuse all’Arcivescovo di Milano e altro ancora.

La storia ci insegna che quando un popolo è impaurito da guerre,  carestie o calamità naturali spesso cerca un capro espiatorio contro cui scatenare le proprie rabbie e le proprie vendette. Che poi il malcapitato sia responsabile di quanto lo si accusa poco conta, perché se il “personaggio” prescelto ha le giuste caratteristiche per calamitare sopra di sé l’odio di un manipolo di esagitati ben decisi a condannarlo senza giusto processo, usando pure la menzogna si otterrà facilmente contro di lui la rivolta di gente ottusa  e incontrollabile. 

Gli episodi che si potrebbero portare ad esempio sono molteplici e, per restare in tempi recenti, ci sarebbe molto da attingere a partire dalla rivoluzione francese fino all’ultima guerra mondiale.

Però nel frattempo noi occidentali ci siamo inciviliti, non usiamo più la spada o la forca per giustiziare sommariamente il prossimo innocente e nemmeno imbracciamo le armi da fuoco che vendiamo ai Paesi in fiamme per guerre interne o esterne, nossignori, oggi ci avvalliamo di strumenti tecnologicamente avanzati, come internet e i social, mezzi  con i quali uccidiamo il buon nome delle persone e le additiamo al pubblico ludibrio.

Così pure  le tricoteuses dei nostri giorni non stanno più a lavorare a maglia accanto alla ghigliottina esultando a ogni decapitazione, perché adesso invece di muover le dita sugli aghi da calza le pestano sulle tastiere dei computer, divenuti infallibili strumenti di onnipotenza ideologica.

E quale occasione più ghiotta di questa sciagura del virus COVID-19 per far sentire la propria voce e diventare protagonisti di un momento di storia?

Qui ci limitiamo a commentare gli attacchi violenti e sconsiderati che da certa parte di popolo cattolico si stanno abbattendo sulla testa dell’Arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini.

La colpa imperdonabile del presule, secondo un gruppetto di scatenati contestatori, sarebbe quella di aver ordinato la soppressione delle messe e la chiusura di tutte le chiese della diocesi di Milano. Non staremo qui ad elencare tutte le falsità e le sciocchezze che stanno impazzando in rete, ma basti dire che quei tali istigano i parroci alla disobbedienza ed esaltano chi l’ha già messa in pratica.

L’intollerabile è che al coro del popolino si siano uniti anche vari giornalisti e siti cattolici.

Bisogna tuttavia ammettere che, accanto alle paure, ai disagi e alle morti premature, questa epidemia ha anche il merito di svelare il vero volto delle persone, politici, religiosi o persone comuni che siano.

Proviamo quindi a far chiarezza, sempre che certe teste pensanti abbiano l’umiltà di ritirare le loro invettive contro l’ordinario ambrosiano, ma restiamo fiduciosi che qualche bell’anima raziocinante possa trarne un’utilità.

A tale scopo, siccome la Storia non si scrive con i si dice e con l’io penso ma con i fatti accertati,  li elenchiamo:

– Il 23 febbraio 2020, domenica, la Regione Lombardia emana un comunicato con cui informa che il Presidente Fontana, di concerto con il Ministro della Sanità e in ottemperanza al DPCM di pari data, ha firmato un’ordinanza riguardante le misure da adottare per limitare il propagarsi dell’epidemia da Coronavirus. Al punto 1) si ordina: “la sospensione di manifestazioni o iniziative di qualsiasi natura, di eventi e di ogni forma di riunione in luogo pubblico o privato, anche di carattere culturale, ludico sportivo e religioso, anche se svolti in luoghi chiusi aperti al pubblico” (qui)

– Nella stessa giornata l’Arcivescovo di Milano dà disposizione a tutti i parroci della diocesi di sospendere le messe vespertine e ogni successiva celebrazione eucaristica fino a data da definire. (qui)

– Il 25 febbraio 2019 il Vicario generale, mons. Franco Agnesi, comunica i provvedimenti decisi dopo l’ordinanza regionale elencandone i punti, di cui il primo è Che le chiese rimangano aperte (qui)

– Nella stessa data il portale della diocesi ambrosiana fornisce ulteriori informazioni: “la  Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia di prevenzione Coronavirus, proseguirà, fino a nuove deliberazioni da parte delle autorità competenti, con la sospensione dell’ingresso al Complesso Monumentale del Duomo di Milano per i turisti. Come da indicazioni dell’Arcidiocesi di Milano, resta accessibile, come nei giorni precedenti, l’area riservata alla preghiera, con sospensione delle celebrazioni.” (qui)

Bastava andare a leggere sul sito della Chiesa di Milano per non blaterare senza cognizione di causa. Ma i Nostri si sono lanciati anche in spericolate dissertazione di carattere teologico, ecclesiastico e civilistico. E i giudizi temerari su mons. Delpini sono andati a mille.

Proviamo a confutare alcune delle asserzioni dei cattolici intelligenti.

Poteva l’Arcivescovo di Milano rifiutarsi di dare seguito all’ordinanza? No, perché esiste un preciso articolo del Codice Penale, il n. 650, che recita: “Chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall’Autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica, o d’ordine pubblico o d’igiene, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato [337, 338, 389, 509], con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a duecentosei euro.

Poteva dunque tacere e permettere ai sacerdoti di continuare a celebrare le messe e ai fedeli di assistervi? No, perché, sempre che i sacerdoti avessero voluto disobbedire ad un’ordinanza regionale, si sarebbe fatto carico di indurre, seppur tacitamente, la disobbedienza altrui, oltre all’assunzione di responsabilità per un eventuale aumento dei contagi. Quanto poi ai fedeli, le messe della domenica mattina erano già semideserte e i pochi presenti apparivano molto impauriti e si tenevano a debita distanza gli uni dagli altri, quindi, a fronte di un’ordinanza che vietava gli assembramenti, avrebbero certamente obbedito.

Sarebbe perciò stato fruttuoso creare un casus belli tra Autorità civile e religiosa? La risposta è ancora no, sia perché per antica tradizione il Vescovo di Milano mantiene ottimi rapporti con le Autorità cittadine vigendo da sempre la reciproca collaborazione, sia anche perché l’Accordo tra Santa Sede e la Repubblica italiana, sottoscritto nel 1984, stabilisce all’art. 1: “La Repubblica italiana e la Santa Sede riaffermano che lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani, impegnandosi al pieno rispetto di tale principio nei loro rapporti ed alla reciproca collaborazione per la promozione dell’uomo e il bene del Paese.” (qui), che altro non è che l’evangelico “Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio” pronunciato da Gesù.  (Mt 22,21)

Premesso quanto sopra, poteva mons. Delpini ispirarsi a S. Carlo Borromeo e indire processioni e messe solenni per chiedere a Dio di liberarci dal contagio? No, perché nel XVI secolo non si studiava la microbiologia,  non erano stati scoperti i batteri e i virus, né tantomeno erano note le modalità di contagio e neppure era scontato che le preghiere sarebbero state accolte. Invero alcuni casi miracolosi si sono verificati e restano nella memoria storica della Chiesa, ma non erano, né sono oggi, degli automatismi. (qui)

Due ultime considerazioni. Come mai i tanti visionari che parlano ogni giorno con “Gesù” e “Maria” e che negli ultimi anni ci hanno ammorbato con minacce di punizioni e di catastrofi, a differenza di S. Giovanni Bosco che conobbe con tre mesi d’anticipo l’epidemia di colera che stava per abbattersi su Torino (qui) non ci hanno avvertito di nulla? O forse questa pandemia planetaria è ancora poco al confronto di quello che il Cielo avrebbe minacciato?

Infine, come mai coloro che dal nord al sud dell’Italia schiamazzano per la sospensione delle messe nella diocesi ambrosiana, agli inviti dei volenterosi che propongono preghiere comunitarie in unione spirituale nemmanco appongono un like?

Come dicevano gli antichi col buonsenso popolare, la verità è che non cade foglia che Dio non voglia e se il Signore sta permettendo tutto ciò è sicuramente per i Suoi fini misericordiosi. Ma se non siamo capaci di trarne l’opportunità per santificarci e l’unica nostra reazione è l’offesa ai sacerdoti, dobbiamo almeno sapere quanto a tale proposito l’Onnipotente fece conoscere a S. Caterina da Siena, dottore della Chiesa. (qui).

 

Paola de Lillo