Pubblichiamo un’interessante intervista , condotta da Giuseppe Brienza per il mensile “Intervento”, allo scrittore Rino Cammilleri sui frutti del Concilio Vaticano II nella devozione del popolo, partendo dal suo ultimo libro “Medjugorje. Il cammino del cuore”.
L’Anno della Fede, proclamato da Benedetto XVI che ha avuto inizio l’11 ottobre, focalizza l’attenzione dei cattolici sul Concilio Vaticano II, nella ricorrenza del suo 50mo anniversario. Come mai tanto dibattito su questo evento ecclesiale?
Rino Cammilleri: Non mi stupisce che la comprensione della grande mole di documenti ed insegnamenti conciliari abbia dato luogo a decenni di confronto (e anche di scontro). Cinquanta anni, nell’era della comunicazione elettronica, sono pure troppi per un bilancio. Il dibattito verte, evangelicamente, sui frutti. Per i quali dovrebbe bastare guardarsi attorno.
Quale dovrebbe essere il giusto atteggiamento nei confronti del Concilio?
Rino Cammilleri: Non sta a me dirlo, né sarei qualificato per farlo. Tuttavia, il Vangelo ci ha insegnato un criterio infallibile: i frutti. Sono, quelli che vediamo, direttamente riconducibili al Concilio? Non lo so, e personalmente non credo. Tuttavia, non si può negare che assistiamo a un grande sbandamento.
L’11 ottobre 1962 fu aperto ufficialmente il Concilio, scegliendo Giovanni XXIII questa data perché allora in quel giorno si celebrava la festa di Maria, Teothokos, cioè Madre di Dio. In tal modo il Papa beato manifestò l’intenzione di porlo sotto la protezione di Maria?
Rino Cammilleri: Quel Beato fu, in qualche modo, profetico, perché ormai il popolo cattolico lo si trova solo nei santuari mariani. Che sono l’unica realtà in crescita in una situazione fortemente deficitaria sotto ogni altro aspetto. Certo, ci sono nuove realtà, ma significativamente quasi solo presenti nei settori di quel che viene definito “cristianesimo secondario”, quello che si occupa, in sintesi, dei «drop out» della società moderna. Ogni altra realtà che sorge deve fare i conti, non di rado, con un clero formato dai vecchi maestri, a loro volta formatisi in climi postconciliari e in anni turbolenti.
Lei ha appena pubblicato un libro, Medjugorje. Il cammino del cuore (Mondadori, Milano 2012, pp. 235, € 17,50), nel quale presenta questo straordinario evento delle apparizioni che hanno luogo nella ex Iugoslavia dal 1981. Non è un frutto del rinnovamento della devozione mariana suscitata dal Concilio questa Fede che spinge così tante persone a recarsi a Medjugorje?
Rino Cammilleri: Non so se sia stato il Concilio a suscitare la devozione mariana. Tale devozione è debitrice delle apparizioni, non dei documenti. Nel libro uso come falsariga due mie pellegrinaggi in loco a distanza di vent’anni l’uno dall’altro. E riporto tutte le riflessioni, anche storiche (intendo, di altre apparizioni della Madonna), che i due viaggi mi hanno suggerito. Senza trascurare, perché no, i dubbi su segreti, profezie, fine dei tempi eccetera.
Cosa fa delle apparizioni di Medjugorje un evento eccezionale nella storia?
Rino Cammilleri: Tutto a Medjugorje risulta eccezionale, soprattutto la durata del fenomeno. Trent’anni, e ancora continua. I veggenti, poi, sono i primi –nella storia delle apparizioni- ad essere stati sottoposti al vaglio della tecnologia medica e mediatica del terzo millennio. Ma è soprattutto il passa-parola a funzionare: il numero di persone che tornano convertite o sbalordite dalla vista di fenomeni straordinari è contagioso, tanto che ormai siamo sul milione di pellegrini l’anno. E in continuo aumento. Personalmente non ho visto nulla né sono tornato emotivamente segnato. Ma conosco ormai troppa gente che ha visto e ha “provato”.
Ma cosa spinge i fedeli a intraprendere il viaggio verso una località così remota?
Rino Cammilleri: la perdita di autorevolezza della Chiesa e dei suoi rappresentanti, unita ai guasti umani della scristianizzazione, fa sì che la gente cerchi un contatto immediato (cioè, non mediato) col Sacro. In soldoni: le parole (omelie, convegni, piani pastorali e quant’altro) non bastano più, anche perché, nell’era mediatica, siamo già più che frastornati dalle chiacchiere, dalle esortazioni, dalle promesse, dai proclami di principio provenienti da ogni parte (perfino i cantanti “predicano”).
C’è il bisogno di andare alla fonte, dalla Madonna, che parla poco e agisce molto, garantendo quel poco che dice coi miracoli. Soprattutto quello della conversione, che rimette l’uomo in sesto, dà il senso della vita e la pace interiore, nonché la forza per affrontare l’esistenza nei suoi aspetti peggiori. Come vede, il Concilio con tutto questo non c’entra. Era solo una riunione di preti che si sono incontrati, agli inizi degli anni Sessanta, per chiedersi come annunciare il Vangelo in un mondo che cambiava velocemente.
Ma la velocità del cambiamento è stata eccessiva anche per loro. Oggi il mondo è lontano le mille miglia da quello che aveva davanti il Concilio. Fare un altro Concilio, allora? Sarebbe superato ancor prima di concludersi. Le direttive dei Concili storici hanno avuto efficacia solo quando Santi fondatori o riformatori le hanno applicate. Oggi, a quanto pare, il compito della rievangelizzazione se l’è assunto direttamente la Vergine.