Il 17 giugno è un giorno cruciale per il Movimento 5 Stelle e, forse, per l’intera politica italiana. Le sorti di Adele Gambaro, la senatrice che ha “osato” criticare il leader Beppe Grillo, saranno affidate all’assemblea congiunta tra deputati e senatori 5 Stelle, pronti a “valutare la proposta di cessazione dell’appartenenza al gruppo parlamentare, da sottoporre successivamente al voto decisivo della rete, cui spetta l’ultima parola”.
L’eventuale allontanamento, però, potrebbe spingere decine di parlamentari a fare fagotto e abbandonare un progetto che sta facendo acqua da tutte le parti. Grillo urla e minaccia, ma in molti, ormai, non lo ascoltano più. Se però lunedì qualcuno si azzarderà a votare contro la proposta di affidare alla Rete l’espulsione, violerà “un principio fondamentale del movimento.
Più che mettersi fuori dal movimento, è più giusto dire che ne dovrà trarre le conseguenze”. A dirlo è l’ex capogruppo M5S al Senato, Vito Crimi, uno degli ortodossi, amico personale di Gianroberto Casaleggio.
Insomma, la campagna di epurazione del dissenso ha preso il via e nessuno la potrà fermare. “Il motivo è chiaro – ha aggiunto Crimi – Chi vota contro dimostra di volersi sottrarre al giudizio della Rete.
E quindi sceglie di non essere portavoce di chi ci ha individuati come candidati, cioè la Rete”. Abbiamo analizzato l’intera situazione insieme a Mauro Suttora, redattore di Oggi ed editorialista del New York Observer.
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