Il cardinale Piacenza spiega perché l’aborto ha bisogno di una assoluzione particolare

CITTÀ DEL VATICANO , 04 settembre, 2015 – Il primo settembre Papa Francesco con una lettera inviata al Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione all’approssimarsi del Giubileo Straordinario della Misericordia ha ribadito la gravità del crimine dell’ aborto e per questo ha annunciato di aver “deciso, nonostante qualsiasi cosa in contrario, di concedere a tutti i sacerdoti per l’Anno Giubilare la facoltà di assolvere dal peccato di aborto quanti lo hanno procurato e pentiti di cuore ne chiedono il perdono”.

La lettera del Papa vuole ricordare la grandezza della misericordia divina per chi si pente e tra gli altri il  Papa rivolge anche a coloro i quali partecipano alle celebrazioni dei “sacerdoti della Fraternità San Pio X”. Nell’Anno Giubilare chi si confesserà “presso i sacerdoti della Fraternità San Pio X, riceveranno validamente e lecitamente l’assoluzione dei loro peccati”.

Per comprendere meglio che cosa significa questo gesto del Pontefice ci siamo rivolti al Penitenziere Maggiore, il cardinale Mauro Piacenza, la massima autorità della Chiesa cattolica per il tema delle indulgenze e per le materie del “foro interno”, tra le quali appunto l’aborto.

Eminenza il Papa ha scelto di concedere a tutti i sacerdoti per l’ Anno Santo la facoltà di assolvere dal peccato dell’ aborto sia le donne che coloro che lo procurano: questo significa che il Papa vuole ribadire la gravità di questo crimine e che non è responsabile solo la donna?

Per ogni aborto effettuato sono diverse le persone che cadono sotto la pena di scomunica. Certamente non è responsabile soltanto la madre, talvolta purtroppo vittima di gravi pressioni di persone e situazioni, ma anche il medico che pratica l’intervento come il personale infermieristico che lo assiste e il padre del bambino. Potrebbe addirittura darsi il caso in cui l’unica a non cadere sotto scomunica sia la madre proprio perché “costretta”.

La disciplina canonica, che commina la pena della scomunica (can. 1398) cosiddetta “latae sententiae” (ovvero automatica) si propone di tutelare la vita umana, indurre i colpevoli al pentimento e quindi alla conversione. La pena è “medicinale”, per cui a chi è veramente pentito e se ne confessa con il proposito di mai più commettere un tale crimine, recedendo dalla contumacia, la remissione della scomunica non può essere negata(can. 1358 §1).

La remissione della scomunica per aborto procurato è riservata al Vescovo (can. 134 § 1), che può delegarla ad altri e si tratta del penitenziere diocesano, dei vicari ma anche dei cappellani degli Ospedali, delle Carceri, degli itineranti e nei viaggi per mare.

Per privilegio godono della facoltà di assolvere da tale delitto i confessori appartenenti ad un Ordine mendicante e ad alcune Congregazioni (es Francescani, Domenicani, Agostiniani, Carmelitani, Trinitari, Mercedari, Servi di Maria, Minimi, Fatebenefratelli, Betlemiti, Lazzaristi, Gesuiti).

Ma è consuetudine che il Vescovo conceda a tutti i Sacerdoti abilitati alle Confessioni nella propria diocesi, la facoltà di assolvere. Per cui questa prassi è ormai praticamente generalizzata.

Più che altro quello del Papa è stato un “gesto” da inquadrarsi nel contesto del Giubileo della Misericordia, gesto significativo in un orizzonte di grande cammino di conversione, di ritorno pieno a Dio con tutte le conseguenze di pace e di gioia perché, come dice il salmo, “in eterno la sua misericordia”!

A proposito del politici che propongono e approvano leggi abortiste, sono anche loro da considerare responsabili? Dovranno confessarsi per questo?

I politici che propongono ed approvano leggi abortiste non cadono sotto la pena di scomunica in quanto non compiono direttamente e materialmente il delitto ma certamente hanno gravissima responsabilità morale, peccano e, pertanto, sono bisognosi di confessione.

Perché ci vuole un permesso speciale per assolvere da questo peccato?

La facoltà speciale, come ho già spiegato, è finalizzata a far comprendere la gravità del fatto compiuto: dal primo istante della sua esistenza, l’essere umano deve vedersi riconosciuti i diritti della persona, tra i quali il diritto inviolabile alla vita di ogni essere innocente ed indifeso. Con la pena di scomunica la Chiesa non intende in alcun modo restringere il campo della misericordia.

Semplicemente si evidenzia la gravità del crimine e il danno irreparabile causato all’innocente ucciso, ai suoi genitori e all’intera società.

Comunque è opportuno riflettere anche sul fatto che quando si dice che la Chiesa ha scomunicato qualcuno si dice una verità fino ad un certo punto in quanto, in realtà, è la persona che, per propria decisione, si sottrae alla comunione con tutto il Corpo ecclesiale; è come se in un corpo fisico si verificasse una embolia.

L’Autorità ecclesiastica non fa che prenderne atto con le inevitabili conseguenze. Altro chiarimento da farsi è che i “media” in genere alimentano non poca confusione nell’opinione pubblica, che fa molto presto a parlare di “scomunica”, di “scomunicati”. Per es. si dice sempre che i divorziati risposati sono “scomunicati”, ma questo non è e non è mai stato vero!

La assoluzione è condizionata al pentimento. A volte non è chiaro che cosa si intenda per Misericordia, ci può aiutare a comprendere?

Certamente l’assoluzione sacramentale è condizionata ed indissolubilmente legata al pentimento sincero e al fermo proposito di non reiterare il peccato.

Diciamo subito, come premessa, che ogni cammino di conversione parte dall’iniziativa di Dio misericordioso, che è sempre fedele al suo piano d’amore anche quando l’uomo vi si oppone, attraverso l’azione della grazia. Dio chiama costantemente l’uomo alla sua amicizia.

E’ l’azione della grazia che trasforma interiormente il cristiano peccatore e rende possibile la sua conversione; è l’azione della grazia che favorisce l’avvicinarsi del peccatore al confessionale.  Ma stiamo attenti a che la splendida verità del Dio che sempre perdona chi si pente non si oscuri nella coscienza dei cristiani.

Tale verità si può oscurare o dal punto di vista della divina Misericordia  o da quello della necessaria conversione-pentimento, dal punto di vista dell’uomo. Una misericordia che perdona senza alcuna cooperazione dell’uomo è indegna del Mistero di Dio.

L’affermazione di un divino attributo non può comportare la dimenticanza degli altri.  Dunque consideriamo che il primo e fondamentale atto del penitente è  la “contrizione” o pentimento. Di cosa si tratta? Di un chiaro e deciso ripudio del peccato commesso, unitamente al fermo proposito di non commetterlo mai più.

Se poi, per la fragilità umana , capitasse di ricadere, ci si ripresenterà al confessore con le precedenti  disposizioni e con rinnovato amore verso il Dio della misericordia e quel Dio infinitamente amante darà l’abbraccio del perdono rigenerante.

Dio non si stanca di perdonare: basta guardare con fede il Crocifisso! Un augurio che personalmente faccio sempre a chi si presenta al mio confessionale con un pesante fardello è che ricordi sempre le parole di Gesù al riguardo della peccatrice: “poiché molto ha amato, molto le è perdonato”.

Ma “molto”; bisogna amare realmente ovvero saper riparare, saper amare senza misura. E’ dalla contrizione del cuore che dipende la verità della penitenza.

Il Giubileo sarà un momento per molti di tornare alla Confessione sacramentale, come devono prepararsi i sacerdoti?

Anzitutto il sacerdote deve poter essere un assiduo e buon penitente per poter essere un buon confessore. Sono molti gli splendidi esempi di santi sacerdoti dediti eminentemente all’amministrazione del sacramento della Riconciliazione ma, attese anche le circostanze attuali, mi piace ricordare il Santo Curato d’Ars.

La situazione storica di quel tempo non era certo facile. Al suo arrivo in parrocchia la frequentazione del sacramento della Riconciliazione era quanto mai scarsa ma negli ultimi anni della sua vita terrena, la frequenza arrivò ad essere enorme, anche da persone provenienti da tutte le regioni della Francia e il ministero stressante – fino a 16 ore al giorno – produsse frutti abbondantissimi ed egli non viveva se non per i “poveri peccatori con la speranza di vederli convertire e piangere”.

E’ bene che un tale esempio porti oggi i sacerdoti a ridare al ministero della Riconciliazione tutta quella importanza che gli spetta.

Il fatto stesso che un ingente numero di persone, per varie ragioni, sembra astenersi totalmente dal confessarsi, è segno dell’urgenza di sviluppare tutta una pastorale intelligente ed appassionata di questo sacramento.

Una tale situazione richiede che i sacerdoti si rendano quanto mai disponibili per questo ministero del perdono, pronti a dedicarvi tempo fino a attribuirgli una priorità rispetto ad altre attività. I fedeli capiranno così il valore che viene attribuito a questo sacramento e saranno aiutati ad agire di conseguenza.

L’intento della Lettera è quello di permettere al maggior numero di persone possibile di pentirsi e confessarsi, questo vale anche per la concessione alla SSPX?

Certamente! E’ chiaro che il Santo Padre ha manifestato il generoso intento pastorale di non escludere proprio nessuno dai benefici provenienti dal Giubileo ed ha pensato anche a quei fedeli che frequentano le chiese officiate dai sacerdoti della Fraternità S. Pio X. Inoltre il gesto costituisce anche una delicatezza che, con l’aiuto del Signore, potrebbe aprire spiragli positivi per il futuro.

Se la Eucarestia in una Messa celebrata dalla Fraternità di San Pio X è valida perché non lo era la confessione?

La celebrazione eucaristica è valida in quanto le ordinazioni sacerdotali sono valide. Un conto è la validità e un conto è la liceità. Per quanto riguarda la confessione, ministro di tale sacramento è solo il sacerdote, ma per assolvere “validamente” dai peccati è richiesta la “facoltà” ovvero l’autorizzazione di esercitare la potestà di ordine sui fedeli.

Per confessare validamente è richiesta non solo l’ordinazione sacerdotale, ma anche un ulteriore intervento dell’autorità che regolamenta ed autorizza la celebrazione del sacramento della Penitenza.

Pertanto da ciò si deduce che il Santo Padre ha concesso la “facoltà” ai sacerdoti appartenenti alla Fraternità S. Pio X, per assolvere i fedeli che ricorreranno al loro ministero di confessori.

Angela Ambrogetti

Fonte: ACI Stampa