Ognuno darà certamente valutazioni diverse, ma su una cosa difficilmente non si potrà convenire: i contenuti e l’approccio mostrati da papa Francesco in questa prima parte della visita negli Stati Uniti sono decisamente originali. Incontrando il presidente Obama, parlando al Congresso degli Stati Uniti e nell’intervento davanti all’assemblea generale delle Nazioni Unite, non ha scelto un argomento di riflessione da cui far scaturire una serie di applicazioni pratiche (lo stesso conduttore di Tv2000 confessava di non riuscire a trovare una chiave di lettura del lungo discorso all’Onu).
Ha invece messo in fila una serie di problemi per i quali ha indicato una strada da seguire e ha chiesto un impegno preciso. Su alcuni di questi problemi c’è stata certamente una maggiore insistenza, argomenti particolarmente cari al Papa – immigrazione e ambiente su tutti, anche con novità che andranno riprese nei prossimi giorni – ma ne ha toccati molti altri: povertà, libertà di educazione, libertà religiosa, pace, giustizia, vita, famiglia.
A proposito di questi ultimi, è interessante notare come li abbia affrontati evitando di entrare in esemplificazioni che avrebbero potuto creare reazioni negative.
Ad esempio, parlando al Congresso di rispetto del diritto alla vita si è soffermato sulla richiesta di abrogazione della pena di morte. Argomento certamente sensibile negli Stati Uniti, dove per motivi storici e culturali anche una larga fetta di cattolici è a favore, ma ha evitato accuratamente di parlare di aborto sebbene sia in corso al Congresso una vera e propria battaglia sui fondi da destinare alle cliniche abortiste di Planned Parenthood dopo l’esplosione dello scandalo della vendita degli organi dei feti abortiti.
E malgrado l’amministrazione Obama sia il principale sponsor del diritto universale all’aborto.
Stessa cosa all’Onu, seppure le sue agenzie siano le principali responsabili di quella “colonizzazione ideologica” che papa Francesco ha denunciato più volte, anche in riferimento alla definizione di famiglia.
A questo proposito, il Papa ha ricordato la centralità della famiglia ma quasi per inciso, senza mai affondare il colpo come è avvenuto invece su altri temi. All’Onu ha definito la famiglia «cellula primaria di qualsiasi sviluppo sociale», ha ricordato che nella natura c’è anche la distinzione tra uomo e donna, ma non ha neanche pronunciato la parola gender né fatto alcun riferimento al fatto che proprio all’Onu e alla Casa Bianca dominano le forze che stanno imponendo una rivoluzione antropologica a tutto il mondo.
Certamente sarà molto più esplicito nell’Incontro mondiale delle famiglie, ma è chiaro che nell’affrontare i grandi del mondo, su questi temi molto sensibili la linea scelta è quella del tono soft, del dire senza dare l’impressione di farlo, e puntare più sui gesti che sulle parole. E vorrebbe che anche i vescovi statunitensi facessero altrettanto.
Interessante da questo punto di vista leggere insieme i due discorsi rivolti rispettivamente al presidente Obama e ai vescovi.
Da tempo c’è un duro scontro tra Casa Bianca e Chiesa cattolica americana sul tema della libertà religiosa, a causa del tentativo di Obama di imporre aborto e contraccezione senza rispettare l’obiezione di coscienza (vedi la riforma sanitaria).
È uno scontro già arrivato nelle aule di tribunale ed è attualissimo (significativo che “fuori programma” il Papa sia andato a trovare le suore che hanno fatto causa a Obama).
Ebbene, nel discorso al presidente, Papa Francesco ha toccato sì il tema della libertà religiosa, ma senza soffermarsi troppo; poi però ha ammonito i vescovi invitando a non fare della Croce «un vessillo di lotte mondane».
Anche qui non è entrato nei dettagli, ma tutti hanno capito il messaggio: anche se li aveva ringraziati per l’impegno a favore di vita e famiglia li ha anche ripetutamente invitati alla modalità del dialogo e aveva anche detto che compito del pastore non è la «predicazione di complesse dottrine, ma l’annuncio gioioso di Cristo, morto e risorto per noi».
È questo un passaggio chiave che si può prestare a diverse interpretazioni. Tuttavia è del tutto improbabile che parlando di «dottrine complesse» si riferisse al dogma della Trinità o della verginità di Maria, questioni certamente non facili da spiegare.
Più immediato pensare che sia la riproposizione di un giudizio dato più volte in questi anni di pontificato, ovvero la necessità di puntare sull’annuncio semplice di Cristo e non sulle conseguenze morali, sui valori.
Non per niente l’espressione “princìpi non negoziabili” è sparita in questo pontificato.
Resta però il fatto che nei discorsi al Congresso e all’Onu il Papa ha apparentemente contraddetto questo monito: nessun riferimento a Gesù Cristo o alle Scritture, ma tanti temi “politici”, tante conseguenze morali.
Di un altro segno però: poveri, immigrati, ambiente. Forse una via più facile per apririsi la strada nel cuore della gente e anche dei leader politici. Forse.
Ma certamente «l’annuncio gioioso di Cristo, morto e risorto per noi» è un tema che merita ulteriori spiegazioni.
articolo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana