In questi giorni si stanno abbattendo sulla Sicilia orientale, tra Catania e Siracusa, una serie di alluvioni che allagando e devastando le città hanno messo in ginocchio quelle popolazioni. Eventi previsti dagli uffici meteorologici ed annunciati da tutti i media.
E’ uno scenario da tragedia: esercizi commerciali chiusi sin da ieri pomeriggio e presidiati da sacchetti di terra lavica, persone spostate ai piani alti per non morire affogate nelle loro abitazioni, strade in entrata e in uscita dalle città bloccate per l’alta acqua, la Protezione civile sul campo con mezzi anfibi per raggiungere la popolazione in difficoltà.
Ma non è ancora finita, perché in queste ore si sta avvicinando l’uragano denominato “Apollo”, che dal mare si sta avvicinando sempre di più alla terra ferma e che non sappiamo quali altri terribili danni arrecherà al suo passaggio.
Ma di fronte a questi flagelli, annunciati e accaduti, il popolo che fa? Si affretta a mettere in salvo se stesso e i propri beni, tentando di contrastare con le forze umane la violenza della natura, benché questa sia infinitamente superiore agli ostacoli che le si frappongono.
Eppure nel 1953 la Madonna proprio a Siracusa dette un segno indelebile della sua premura di madre concedendo grazie e favori, tant’è che le fu costruito un santuario, consacrato nel 1994 da S. Giovanni Paolo II, che sin dall’edificazione ogni anno è stato meta di milioni di pellegrini, finché è giunta l’attuale pandemia a interrompere i pellegrinaggi.
Tuttavia il popolo non ha memoria, o forse decide da sé cosa Dio Onnipotente può fermare e cosa no, quasi che un uragano avesse maggior autonomia del Creatore dell’universo.
Però la memoria storica non l’hanno neppure i nostri vescovi che non ricordano, o forse non sanno nemmeno, che sin dall’inizio del cristianesimo in caso di pestilenze, eruzioni, carestie e di tutti gli accidenti che capitano alle nazioni essi si sono posti a capo del loro popolo per condurre processioni con le reliquie dei Santi, invocando la Misericordia di Dio con suppliche e preghiere e ottenendo il pronto l’intervento del Cielo. (qui)
Il primo ad iniziare quella santa tradizione fu papa Gregorio Magno, nel 590 d.C, quando, capeggiando una processione per scongiurare il diffondersi della peste, vide l’Arcangelo Michele rinfoderare una spada nel luogo in cui poi fu costruito l’attuale Castel S. Angelo in ringraziamento per la fine di quella calamità e a futura memoria, che nel frattempo si è persa.
Ma Dio anche stavolta non è venuto meno alla sua paternità misericordiosa: ha avvertito per tempo, ha allertato, ne ha dato notizia a tutti e ognuno l’ha saputo. E certamente avrà sperato che qualcuno si ricordasse di chiedere aiuto, baluardo e presidio a Lui, riconoscendone la potestà e l’onnipotenza.
Geremia ci ha lasciato scritto: “Maledetto l’uomo che confida nell’uomo” (Ger 17,5), ma non perché lo maledica il Signore, bensì perché non confidando nell’Onnipotente, ma volendo fare da sé come l’orgoglioso Satana, con le sue azioni si condanna alla maledizione da se stesso.
Noi possiamo solo pregare per quelle popolazioni e per i loro vescovi, ripetendo con tristezza le parole del salmista: Beata la nazione il cui Dio è il Signore, il popolo che si è scelto come erede (Sal 33,12)
Paola de Lillo