Reagisce Vittorio Messori alle reazioni provocate dal suo articolo su Papa Francesco e le perplessità del “cattolico medio” apparso il 24 dicembre sulle pagine del Corriere della sera. Non è piaciuto a Messori l’articolo pubblicato dal Corriere della Sera e firmato dal teologo brasiliano Leonardo Boff.
Ancora dalle colonne del quotidiano milanese, Messori sottolinea oggi che il contributo “non ha nulla dei buoni modi che Bergoglio esige nei riguardi di tutti, fossero anche antagonisti”.
Lo scrittore cattolico lamenta che “Boff sembra non avere letto affatto quanto ho scritto: forse l’imperfetta conoscenza dell’italiano, forse la fretta, forse il pregiudizio ideologico, sta di fatto che la sua reazione, tanto veemente quanto confusa, poco o nulla ha a che fare con ciò che davvero ho detto” (Corriere della sera 5 gennaio).
Stesso difetto, secondo Messori, accomuna anche altre reazioni: “Mi si lasci dire – scrive – che, nel dibattito sconcertante suscitato da quel mio articolo, molti altri critici hanno giudicato irrilevante confrontarsi con i veri contenuti: inforcati gli occhiali dell’ideologia hanno attaccato un testo esistente solo nei loro schemi previ. Magari politici più che religiosi”.
Sulla questione è sceso in campo anche il direttore del quotidiano dei cattolici, Marco Tarquinio che, rispondendo ad alcune lettere giunte in redazione, ha sottolineato sia la sospetta tempistica dell’uscita di Messori – “una mossa congegnata per fare rumore con la pretesa di ‘segnare’ il Natale ormai alle porte” – che i toni – “una sorta di requisitoria tesa a chiudere nel recinto dell’autodifesa la Chiesa che papa Francesco vuole «in uscita»” – che l’obiettivo: “Far rumore disegnando un’amara caricatura del Papa, ridotto dubbiosamente a «uomo vestito di bianco»…” (Avvenire, 2 gennaio).
L’articolo diventa così, secondo il direttore di Avvenire: “un mezzo per eccitare divisioni (chi gioca con le aggettivazioni di “cattolico” a questo quasi sempre punta, e questo comunque realizza)”.
Messori, allora, conclude Tarquinio “raccoglie anche stavolta quel che ha seminato, e se sulla «barca di Pietro» passa per un possibile pitulus (sulle antiche navi era l’incaricato di battere il ritmo di voga) dei «contro rematori» (ci sono, da sempre), è perché lui stesso ha scelto di competere per questo ruolo...” (Avvenire 2 gennaio).
Viaggia su Internet la petizione “fermiamo gli attacchi a papa Francesco” lanciata da don Paolo Farinella, della diocesi di Genova, in risposta all’articolo di Messori. Immediatamente dietro quella del promotore ci sono le firme di don Luigi Ciotti, Padre Alex Zanotelli, don Albino Bizzotto, don Alessandro Santoro, don Aldo Antonelli e anche il coordinamento delle Teologhe italiane.
“Noi non possiamo tacere – scrivono i firmatari a proposito di ciò che giudicano “una vera dichiarazione di guerra, felpata in stile clericale” – e con forza gridiamo di stare dalla parte di Papa Francesco.
Con il nostro appello alle donne e agli uomini di buona volontà, senza distinzione alcuna, vogliamo fare attorno a lui una corona di sostegno e di preghiera, di affetto e di solidarietà convinta”.
Desideriamo dire al Papa, prosegue l’appello-petizione che “non è solo, ma che, rispondendo al suo incessante invito, tutta la Chiesa prega per lui. È la Chiesa dei semplici, delle parrocchie, dei marciapiedi, la Chiesa dei Poveri, dei senza voce, dei senza pastori, la Chiesa “del grembiule” che vive di servizio, testimonianza e generosità, attenta ai “segni dei tempi” e camminando coi tempi per arrivare in tempo”.
“Imbavagliatori” li definisce il 4 gennaio dal suo blog Antonio Socci che si schiera a fianco di Messori e dà del “comandante zelo” pure a Tarquinio.
Il “cattobergogliano”, secondo Socci “propugna l’ecumenismo più incondizionato con protestanti o ortodossi, vuole il dialogo con tutti, laicisti, massoni, comunisti cubani o cinesi, noglobal, islamici, perfino con i terroristi dell’Is (lo ha teorizzato lo stesso Bergoglio), ma nessun dialogo con i cattolici ”ratzingeriani” o – come li ha definiti lui stesso al Sinodo – “tradizionalisti” (cioè fedeli al magistero di sempre). Quelli vanno “randellati”.
Il primo degli inquisitori è Luigi Alici, già presidente dell’Azione cattolica “– per così dire – martiniano, il quale definisce il pezzo di Messori ‘un insopportabile esercizio di giornalismo obliquo’” ed elogia l’ “opera provvidenziale di desacralizzazione della figura del papa” che Francesco conduce “in modo straordinario”.
D’altra parte, secondo Socci, Francesco era il “candidato della sinistra cattoprogressista” che è riuscito a “conquistare il papato grazie a “un conclave confuso e frettoloso (probabilmente con alcune violazioni delle norme, quindi con una possibile invalidità dell’elezione)”.
Getta acqua sul fuoco Andrea Riccardi che a proposito dei nuovi cardinali scrive sul Corriere della Sera (5 gennaio): “Papa Francesco non è sotto scacco, come qualche raccolta di firme in suo favore fa credere. I nuovi cardinali sono un’iniziativa forte: indicano i vescovi che egli vuole come suoi consiglieri, cui tra l’altro è affidata la scelta del successore”.
“Resistenze ci sono, espresse e inespresse in Curia e in Italia – conclude Riccardi la sua analisi della geo-politica dei pastori scelti dal pontefice come suoi primi consiglieri – Francesco lo sa e non fa guerre. Non teme il dibattito, anche se non ama si usi la stampa per lotte ecclesiali. Il suo programma l’ha indicato: I’Evangelii gaudium. Su questo va avanti. E si è scelto nuovi compagni di viaggio”.
Fonte: Aleteia