“Non ho avuto complici, nel modo più assoluto”. È quanto ha affermato l’ex maggiordomo papale Paolo Gabriele nella deposizione del processo che lo vede accusato di furto aggravato di documenti del Pontefice. Gabriele ha ribadito di aver agito da solo nel fotocopiare documenti che si trovavano nella segreteria particolare di Benedetto XVI. Ma ha anche chiarito di non essere stato solo lui “nel corso di questi anni a fornire documenti alla stampa”.
“Riguardo all’accusa di furto aggravato mi dichiaro innocente. Mi sento colpevole di aver tradito la fiducia che aveva riposto in me il Santo Padre che sento di amare come un figlio”, ha aggiunto.
L’ex-maggiordomo ha negato poi di aver ricevuto “soldi o altri benefici” per sé o per altri, in cambio dei documenti riservati di Papa Benedetto XVI pubblicati dal giornalista Gianluigi Nuzzi. “Questa (non ricevere denaro, ndr) era la condizione iniziale e essenziale nell’intessere relazione con questa persona (Nuzzi, ndr) che non era intenzionata a darne e io a riceverne. Ho avuto solo effetti distruttivi”, ha dichiarato Gabriele, che ha sottolineato di non aver voluto nemmeno “favorire” altre persone con la pubblicazione dei documenti nel libro “Sua Santità”: “Il libro non è certo stato voluto da me”, ha spiegato.
All’udienza di oggi è stato interrogato anche il segretario del Papa, monsignor Georg Gaenswein, il quale ha dichiarato di non aver mai avuto sospetti su Paolo Gabriele fino al 21 maggio scorso e di aver poi constatato con meraviglia che tra le carte trovate al maggiordomo c’erano anche documenti del 2006-2007, cioè risalenti a subito dopo il suo arrivo nell’appartamento pontificio.
Il Vaticano ha ordinato una inchiesta interna dopo che l’ex maggiordomo del Papa, Paolo Gabriele, si è lamentato nel corso del suo interrogatorio al secondo giorno del processo sui cosiddetti Vatileak delle condizioni detentive nelle prime settimane. L’imputato ha detto di essere stato detenuto in una minuscola cella con la luce accesa 24 ore al giorno per 15-20 giorni, e di aver riportato danni alla vista.
Fonte: Avvenire