G8: accordo per debellare il fenomeno dello stupro in zone di guerra

I ministri degli Esteri del G8 hanno siglato un testo in cui la violenza sessuale viene definita una ”grave violazione della Convenzione di Ginevra” al pari di altri crimini. Inoltre, è stato sbloccato un pacchetto di fondi, pari a 27,5 milioni di euro, da impiegare nella prevenzione del drammatico fenomeno che, – come ha ricordato la testimonial Onu, l’attrice Angelina Jolie – ha colpito “centinaia di migliaia di donne e bambini nei conflitti della nostra generazione”.

Fausta Speranza ne ha parlato con Elena Sciso, docente di Diritto internazionale all’Università Luiss:

R. – Non è un accordo internazionale: è una semplice dichiarazione, una dichiarazione resa dai ministri degli Esteri dei Paesi che partecipano al G8.
 
D. – Dunque, non è vincolante?

R. – No, per ora no. E’ semplicemente una dichiarazione dei ministri degli Esteri dei Paesi del G8. Diventerà vincolante se e quando verrà negoziato, firmato e ratificato questo protocollo alle Convenzioni di Ginevra del 1949, che espressamente criminalizzi come “crimine di guerra” lo stupro contro le donne nel corso di un conflitto armato.

Però, è significativo questo passo. L’idea che lo stupro o qualunque altra grave violenza sessuale nei confronti delle donne – violenza sessuale anche in generale, o gravidanza forzata – nel corso di un conflitto armato, sia equiparabile a un crimine di guerra non è un concetto nuovo, perché figura negli Statuti dei Tribunali penali internazionali, sia quello per la ex-Jugoslavia sia quello per il Rwanda, e soprattutto figura nell’art. 8 dello Statuto della Corte penale internazionale.

Però, tra i Paesi del G8 ce ne sono alcuni che non fanno parte dello Statuto della Corte penale internazionale, in particolar modo gli Stati Uniti e la Federazione Russa. E quindi, sotto questo profilo la dichiarazione può avere anche questo valore.

 

D. – Sono stati stanziati anche dei fondi. Come fare prevenzione sugli scenari di guerra, che sappiamo essere drammatici sotto tutti gli aspetti, compresi quelli del controllo del territorio?

R. – Questo dipende dalle misure che gli Stati vorranno adottare. Potranno ispirarsi anche a risoluzioni specifiche che sono state adottate dal Consiglio di Sicurezza e che concernono proprio la protezione delle donne contro abusi sessuali, contro stupri, contro violenze nel corso di conflitti armati.

Non so se questi aiuti saranno veicolati attraverso le agenzie delle Nazioni Unite che si occupano di questo problema, o se saranno aiuti messi a disposizione dei singoli Stati per l’adozione di misure legislative o di altre iniziative volte a promuovere questa attività di prevenzione.

 
D.– Possiamo citare qualche scenario di guerra che è stato più colpito da questo fenomeno?

 R. – Uno fra tutti: il conflitto bosniaco. Lo statuto della Corte penale internazionale probabilmente ha fatto tesoro anche dell’esperienza del conflitto bosniaco, perché nello statuto si definisce “crimine di guerra” e in altri casi “crimine contro l’umanità” anche la gravidanza forzata o la sterilizzazione volta ad impedire le nascite all’interno di un gruppo, che addirittura viene qualificata come “genocidio”.

Casi ce ne sono stati veramente molti nel mondo, direi troppi, purtroppo. Quello a noi più vicino nel tempo, e anche geograficamente, è sicuramente il conflitto in Bosnia ed Erzegovina, nella ex-Jugoslavia.

 

Testo proveniente dal sito di Radio Vaticana