Frassati, la meglio gioventù che illumina la Gmg. “Capì che la vita senza fede è solo un vivacchiare”

Pier Giorgio FrassatiIn occasione della 31esima Giornata Mondiale della Gioventù che si apre oggi a Cracovia fino a domenica, la Nuova BQ scopre la figura del Beato Pier Giorgio Frassati, che assieme a San Giovanni Paolo II Papa e a Santa Faustina Kowalska, è uno dei protettori dell’evento che radunerà attorno a Papa Francesco quasi 2 milioni di giovani provenienti da tutto il mondo. Frassati è stato scelto perché ha saputo interpretare la pienezza del Vangelo nella sua vita di giovane ardente nella fede e nella carità. In questa intervista a don Primo Soldi, autore del libro “Pier Giorgio Frassati. L’amico degli ultimi”, conosciamo meglio un esempio di giovane santo, che sarà proposto in questi giorni ai ragazzi come modello e le cui reliquie, da Torino, sono esposte ora alla venerazione nella chiesa di domenicani di Cracovia.

E’ impressionante leggere la vita del beato Pier Giorgio Frassati e scoprire che la santità non solo non ha nulla di bigotto, ma è un turbinio di vita che non può essere negato a nessuno.

Basta sceglierla: «Pier Giorgio aveva un spiritualità cattolica, pregava, si nutriva dell’Eucarestia, viveva intensamente l’amicizia cristiana, si impegnava nella vita politica e sociale, dandosi nello stesso tempo a tutto e tutti, specialmente agli ultimi».

Sì, Frassati aveva proprio scelto questa strada, ritenendola migliore di altre che pure erano spianate davanti a lui: «Aveva tutto, intelligenza, simpatia, bellezza e la fama proveniente da una famiglia aristocratica fra le più note di Torino».

Ma la sua figura, tratteggiata così da don Primo Soldi, autore della terza edizione integrata di “Pier Giorgio Frassati. L’amico degli ultimi” (edizioni Elledici, pp. 214, euro 9,90), ha «sfaccettature sempre nuove che non finiscono mai di attrarre».

 

Don Primo, lei ha scritto questo libro innanzitutto per i giovani. Perché?

Sono un sacerdote della diocesi di Torino che anni fa aprì un pensionato universitario dove mi venne a trovare la sorella di Frassati consegnandomi alcuni libri sul fratello. Leggendoli rimasi molto colpito e li proposi agli universitari che seguivo.

Da quel momento ho continuato ad approfondire la spiritualità di Pier Giorgio e a scrivere di lui. La prima edizione del mio libro uscì con la prefazione di Giovanni Testori all’inizio degli anni Ottanta, poi la riaggiornai e le scoperte nuove fatte sulla sua vita e la sua anima mi hanno portato a questa nuova edizione.

Speriamo sia l’ultima in vista della tanto attesa canonizzazione, dopo la beatificazione avvenuta il 20 maggio 1990.

Questa edizione, però, è particolare: non solo è integrata, ma aiuta i giovani a riflettere. 

L’anno scorso, l’arcivescovo di Tonino ha deciso di indire un anno “frassatiano”, in cui tutti avrebbero dovuto lavorare sulla biografia di Pier Giorgio.

Questo richiamo mi ha colpito e mi ha fatto pensare, fino alla decisione di porre delle domande di riflessione alla fine ogni capitolo.

Faccio un esempio con la prima domanda che mi viene in mente: «Da cosa è alimentata ogni giorno la fede di Pier Giorgio?». Credo che oggi sia fondamentale aiutare i giovani a giudicare quanto leggono o ascoltano, altrimenti anche la vita più bella rischia di scivolarti addosso senza che nulla cambi e senza che si comprenda la strada che ci viene proposta.

Pier Giorgio non si risparmiava mai. Come una vita del genere può affascinare i giovani, spesso in difensiva e convinti che dare sia sinonimo di perdere?

I giovani hanno paura ma più ancora hanno bisogno di essere affascinati da una fede gioiosa, da uomini che sanno amare e sfidare tutti. Da persone coerenti con un ideale.

Pier Giorgio è uno così, che al Politecnico di Torino, dove si iscrisse nel 1917 alla facoltà di ingegneria, generò intorno a sé una compagnia di amici bellissima, dalla fede radicale, entusiasta. Incentrata sulla preghiera e l’Eucarestia (che riceveva ogni giorno), coinvolgeva tutti e tutto: dai ricchi ai poveri, dallo sport alla politica.

Nacque così la “compagnia dei tipi loschi”. Un nome ironico come Pier Giorgio, che non smise mai di fare scherzi di ogni tipo, di prendersi e prendere in giro, tanto che quando arrivava si diceva: “Ecco fracassati”.

Virile e carismatico, ripeteva sempre che il cristiano non può che essere gioioso. E pur aristocratico, era anche di un’umiltà impressionate.

Perché l’amicizia per lui era così importante?

Pier Giorgio con i suoi amici andava in montagna, in canoa, studiava, faceva festa e andava a visitare i poveri di Torino. Fra loro i ragazzi scherzavamo e si davano nomignoli (il suo era Robespierre l’incorruttibile).

Ma più il tempo passava, più Frassati si accorgeva di desiderare una unione con i suoi amici quasi sponsale: parlava addirittura di un vincolo di amicizia indissolubile. E comprese che questo vincolo era la preghiera che alimentava la comunione fra giovani, spalancandoli al mondo e rendendoli operativi.

E non si sbagliava, quel vincolo era così eterno che dura anche oggi. Negli anni ho scoperto che a San Benedetto del Tronto esiste ancora una compagnia che si chiama appunto “compagnia dei tipi loschi“, fondata con il desiderio desiderio di imitare la fede di Pier Giorgio, una fede non astratta ma legata alle opere appunto.

Ci parli delle opere di Pier Giorgio allora.

Faccio parlare lui che diceva: «Al mattino Gesù mi fa visita nell’Eucarestia e io lo restituisco come posso visitando i suoi poveri». E con i suoi amici attraversava Torino carico di vestiti e di viveri.

Questa fede incarnata, lui che era un aristocratico (figlio del direttore della Stampa, poi ambasciatore a Berlino), la ricevette da piccolo presso le scuole dei gesuiti, dove l’opera di San Vincenzo educava all’aiuto agli ultimi.

Ma non solo, Frassati imparò anche a combattere per la verità contro il fascismo e il comunismo entrando nel Partito Popolare di don Sturzo.

E a chi gli dava del bigotto rispondeva, prendendolo sul serio e sfidandolo, che lui non era un bigotto, ma era semplicemente rimasto un vero cristiano.

Nulla a che vedere con il buonismo che si attribuisce spesso ai santi.

Cito una sua frase: «Vivere senza una fede, senza un patrimonio da difendere, senza sostenere in una lotta continua la Verità non è vivere, ma vivacchiare. Noi non dobbiamo mai vivacchiare…dobbiamo ricordarci che siamo gli unici che possediamo la Verità, abbiamo una fede da sostenere, una speranza da raggiungere».

Pier Giorgio era dell’Azione Cattolica, ma la sua spiritualità era eclettica.

Oltre all’Opera San Vincenzo era legato alle congregazioni mariane, perché non c’è vero cristianesimo che non sia fondato su una vera devozione alla Madonna, spiega il trattato di san Luigi Maria Grignon de Montfort all’epoca molto conosciuto.

Come tutte le persome semplici, Frassati andava a Gesù attraverso Maria. Sua sorella, infatti, raccontò che non lo vide mai coricarsi senza aver recitato il rosario in ginocchio.

Non solo, divenne anche terziario domenicano e si legò agli adoratori notturni. Insomma, tutto quello che la Chiesa di allora viveva di bello lui lo seguiva.

Quindi si può dire che la spiritualità di Pier Giorgio era davvero cattolica: questo è il percorso che lo ha portato alla santità. Seguire il suo desiderio di verità e bellezza, senza accontentarsi mai e senza schemi.

Benedetta Frigerio

 

Fonte: La NBQ