Il professor Giuseppe Conte ha rimesso il mandato nelle mani del Presidente della Repubblica. Non è riuscito a formare il cosiddetto “governo del cambiamento”. A far naufragare il suo tentativo il veto del Quirinale sul nome di Paolo Savona, proposto con forza da Lega e Cinque Stelle per il ruolo di Ministro dell’Economia.
Il braccio di ferro su Savona è andato avanti per giorni, senza che ci fossero passi indietro da parte di nessuno. Il Presidente della Repubblica, pressato dalle cancellerie europee, in particolare dalla Germania, non avrebbe mai potuto avallare la nomina di Savona, considerato un economista anti-euro.
I due partiti di maggioranza, dal canto loro, non avrebbero mai potuto cedere sul punto, senza perdere la faccia nei confronti dei loro elettori, ai quali fin dalla campagna elettorale avevano promesso un atteggiamento più critico e vigile verso l’Unione europea.
A poco, dunque, sono bastate le parole rassicuranti nei confronti di Bruxelles pronunciate dall’incaricato Conte all’indomani dell’accettazione con riserva dell’incarico di formare il nuovo esecutivo. A poco è servita la precisazione di Savona arrivata in forma scritta ieri, per ribadire la sua volontà di lavorare per una piena attuazione dei trattati europei.
Ora si apre una delicatissima fase perché è in atto un vero e proprio scontro istituzionale. Sergio Mattarella, mai così accalorato come ieri, ha rintuzzato le critiche dei partiti di maggioranza che lo accusano di non aver voluto far nascere l’esecutivo e ha ribadito le prerogative del Capo dello Stato. Inoltre ha annunciato una iniziativa nelle prossime ore.
Presumibilmente si tratterà dell’affidamento dell’incarico di formare il nuovo governo a una figura di garanzia che possa andare in Parlamento a cercare i voti. Pare si tratti di Carlo Cottarelli, esperto di spending review, che peraltro era stato apprezzato nel recente passato dal Movimento Cinque Stelle e che è stato convocato per questa mattina al Colle.
Ma un “governo del Presidente” non avrà quasi certamente i voti in Parlamento poiché le forze politiche di maggioranza, non solo hanno già fatto sapere di non voler appoggiare altri esecutivi e di voler subito tornare alle urne, ma hanno anche adombrato la possibilità dell’impeachment, cioè della messa in stato d’accusa del Presidente della Repubblica per alto tradimento e attentato alla Costituzione, sulla base di quanto prevede l’art.90 della nostra Carta Costituzionale.
Infatti Lega e Cinque Stelle, ma anche Fratelli d’Italia, rimproverano a Mattarella di essersi lasciato condizionare dalle pressioni europee sulla possibile nomina a Ministro dell’Economia di Paolo Savona, e dunque di non aver messo al primo posto gli interessi degli italiani ma quelli di altri Stati.
Accusa pesante, che scava un solco forse incolmabile nei rapporti tra il blocco Lega-Cinque Stelle e il Quirinale, con inevitabili ripercussioni sui rapporti tra Italia e resto d’Europa. Ora c’è grande curiosità per come reagiranno i mercati e si teme un’impennata dello spread.
Il tentativo di Cottarelli è destinato all’insuccesso perché Lega e Cinque Stelle ora hanno tutto l’interesse a far mancare i numeri in Parlamento e a tornare repentinamente al voto, forti di sondaggi che li vedrebbero in crescita.
Le dichiarazioni di Luigi Di Maio e Matteo Salvini sono eloquenti. Il primo ha amaramente osservato che “non ha più senso votare se a decidere i governi sono le agenzie di rating”. Il secondo ha sottolineato l’alto profilo di Savona e ha definito incomprensibile il veto su di lui.
A questo punto bisognerà capire cosa faranno Forza Italia e Pd e come si comporteranno in caso di elezioni anticipate. Gli stessi schieramenti di centrodestra e centrosinistra sono a rischio, perché questa contrapposizione con il Quirinale schiaccia fortemente la Lega su posizioni anti-sistema e di radicale cambiamento. Nelle prossime ore si prevedono scintille.