Conversazione del Direttore del Timone, Gianpaolo Barra, a Radio Maria.
Pubblichiamo il testo della conversazione che Gianpaolo Barra, direttore de “il Timone”, ha tenuto a Radio Maria il 17 giugno, durante la “Serata Sacerdotale”, condotta da don Tino Rolfi. Conserviamo lo stile colloquiale e la divisione in paragrafi numerati, utilizzata per i suoi appunti dall’autore.
- Affrontiamo uno degli argomenti più interessanti per noi cattolici, perché è un argomento utilizzato frequentemente per negare l’esistenza di Dio, per negare che Dio ha creato il mondo, ha creato l’uomo.
- Parleremo di “evoluzione”: un termine che sentiamo spesso, un tema affrontato nei libri di scuola, trattato in molti programmi televisivi (per esempio: nei documentari sulla natura, presentati da un noto giornalista, si fa sempre cenno all’evoluzione, dandola per scontata). Insomma, si tratta di un termine entrato nel linguaggio comune.
- Tracciamo subito le tappe della conversazione di questa sera.
- In primo luogo, cercheremo di capire che cosa si intende per evoluzione, per evoluzione biologica, per evoluzione della specie.
- In secondo luogo, vedremo perché – posto che l’evoluzione biologica sia accertata, dato e non concesso che l’evoluzione biologica sia stata dimostrata scientificamente – vedremo perché un cattolico può rimanere cattolico e non essere contrario, per principio, alla teoria evoluzionista. Posto che questa sia accertata, abbiamo detto: ma la cosa è ancora tutta da dimostrare.
- In terzo luogo, l’evoluzione ci viene presentata, in tutti i libri di scuola, fin dalle elementari, come un dato acquisito dalla scienza, come una conquista definitivamente raggiunta dall’uomo, mentre – va detto subito a chiare lettere – l’evoluzione è soltanto una “ipotesi”, non una tesi. Quindi, è errato credere che oggi l’evoluzione sia un dato scientificamente acquisito e che tutti gli studiosi siano concordi su di essa.
- L’evoluzione biologica, l’evoluzione della specie non è una verità incontrovertibile; non è una conquista definitiva del sapere scientifico: è soltanto una ipotesi, formulata per spiegare l’origine della vita in generale, della vita umana in particolare. Ma è una ipotesi proprio perché non spiega tutto e non risponde a tutti gli interrogativi che l’uomo si pone davanti al mistero della comparsa della vita.
- Prima di addentrarci in questa conversazione, è opportuno un chiarimento.
- Noi parliamo di evoluzione, al singolare. Ma gli studiosi hanno diverse teorie riguardanti l’evoluzione e queste teorie sono spesso una in contrasto con l’altra. Segno, anche questo, che tra gli esperti non vi è unanimità.
- Tuttavia, solo per comodità, tratteremo dell’ evoluzione al singolare, senza affrontare nei dettagli le varie teorie. Questo per tentare di farci comprendere anche da coloro che non hanno mai approfondito questo tema.
- Veniamo, dunque, al primo punto: che cosa dobbiamo intendere per evoluzione?
- In generale, possiamo rispondere in questo modo: per “evoluzione” si intende il fatto che tutti gli esseri viventi che noi vediamo oggi, tutte le specie (gli esseri viventi sono classificati in “specie”) sarebbero il “prodotto” di un lungo, lunghissimo processo di trasformazione.
- Questo processo di trasformazione avrebbe avuto inizio dalla materia, sarebbe passato dalla pura materia alle prime forme di vita, forme molto semplici (in buona parte scomparse) per arrivare, gradualmente, a forme di vita molto più complesse, come quelle che esistono ai nostri giorni.
- Questo è il significato di evoluzione. In sintesi: passaggio dal meno al più, dalla materia alla vita, e alla vita sempre più complessa.
- Ora, ecco un primo dato da tener presente: nessuno è ancora riuscito a spiegare come sia avvenuto il passaggio dalla materia alla vita. Cioè, come sia stato possibile il passaggio dalla materia “priva di vita” a qualche cosa che è vita. A meno che non si voglia ammettere che Dio abbia voluto questo passaggio, ma in questo caso si dovrà riconoscere che Dio esiste. Verità che, invece, molti evoluzionisti negano.
- Qualche secolo fa, venne formulata la teoria della “generazione spontanea” che oggi è ripresa in questi termini: la vita sorge spontaneamente dalla materia inorganica. Facciamo degli esempi: si pensava che le anguille potessero nascere dalla melma dei fiumi, le zanzare dalle paludi, le mosche dalla carne putrefatta.
- Insomma, da materia inorganica poteva sorgere spontaneamente la vita, la vita animale. L’evoluzione, in tal modo, aveva trovato un fondamento nei fatti. Ma gli studi di Francesco Redi (1626-1698), dell’abate Lazzaro Spallanzani (1729-1799) e di Louis Pasteur (1822-1895) hanno dimostrato inconfutabilmente che quella teoria era falsa e che la vita nasce solo dalla vita. Per avere un essere vivente bisogna che prima ci sia un altro essere vivente. Anche la vita di organismi semplicissimi ha origine da altri organismi viventi semplicissimi, mai dalla materia.
- Allo stato attuale, dobbiamo ricordare che resta ancora un mistero – che l’evoluzionismo non sa spiegare – il “come” sia stato possibile l’avvento della vita a partire dalla materia senza vita.
- Vi è un altro punto da chiarire. Senza aver risolto il problema di come sia apparsa la vita (a meno che non vogliamo ipotizzare Dio), entriamo nel campo dei viventi: l’evoluzione non è in grado di rispondere a un’ altra domanda: come è possibile che dalla vita di un animale – della scimmia, nel nostro caso – derivi l’uomo?
- Darwin, che ha scritto nel 1859 il famosissimo “L’origine della specie”, affermava che come un allevatore di cavalli o di cani, attraverso una selezione artificiale (cioè fatta dall’ allevatore) può rendere le razze animali sempre più adatte ai suoi scopi, così anche la natura ha selezionato soltanto le razze più adatte.
- Spieghiamoci meglio: nella natura, gli esseri viventi lottano per la loro esistenza. Questa lotta, dura, aspra, feroce, lascerebbe in vita soltanto gli individui più forti, quelli che si adattano all’ambiente in cui vivono, mentre gli altri verrebbero eliminati.
- Ne risulta che animali e piante, in questa lotta per l’esistenza, nel tentativo di adattarsi sempre meglio alla natura dove vivono, tendono continuamente a diventare migliori, fino a giungere alla situazione odierna, dove si può osservare una enorme varietà di specie perfezionatissime, ognuna adatta a vivere nel proprio ambiente.
- Questo era il pensiero di Darwin. Il quale, a ben pensare, con questa storia della selezione naturale non ci ha spiegato come nascono nuove specie dalle vecchie: ci ha soltanto detto come sopravvivono i più forti e si eliminano i più deboli all’interno della stessa specie.
- Bisognava dunque completare la teoria di Darwin e ci ha pensato il cosiddetto “neodarwinismo”.
- Secondo questa teoria, le nuove specie di esseri viventi nascono dal fatto che, nel corso della selezione naturale, negli esseri viventi si registrano dei mutamenti, dei cambiamenti. Questi cambiamenti avvengono nel DNA (praticamente è il nostro codice genetico) e questi cambiamenti si trasmettono agli eredi.
- Cambiamento dopo cambiamento, trasmissione ereditaria dopo trasmissione ereditaria, nel corso di miliardi di anni ecco spiegata la situazione attuale.
- Quindi, selezione naturale (come diceva Darwin) e mutamenti genetici spiegherebbero la variegata complessità di specie che vediamo ai nostri giorni.
- Ora, facciamo subito due osservazioni.
- La prima: l’osservazione scientifica (dunque i fatti, non le teorie) dimostra che in natura i mutamenti sono molto rari, mentre per arrivare allo stadio attuale, partendo dalle forme di vita più semplici, è necessario che siano avvenuti innumerevoli mutamenti.
- La seconda: l’osservazione scientifica (i fatti, non le teorie) dimostra non solo che i mutamenti sono rari, ma che quei pochi che avvengono, quando avvengono, nella stragrande maggioranza dei casi non producono un progresso, un passaggio dal meno al più, dall’imperfetto al più perfetto. Producono un fatto negativo, addirittura, spesso, pericoloso per la vita della specie.
- L’esempio dell’uomo è il più classico. Quando un uomo nasce con una “diversità” (chiamiamola così) nel suo corredo cromosomico, di solito si ha a che fare con un individuo non normale, problematico. Non abbiamo mai visto un passaggio inverso. Non abbiamo mai visto un uomo, con un mutamento cromosomico importante, diventare più uomo.
- Non solo. Posto che un mutamento avvenga e che sia positivo, c’è poi da risolvere il problema di come questo mutamento si trasmette agli eredi.
- Fin da quando eravamo a scuola, abbiamo sentito raccontare il classico episodio delle farfalle, utilizzato per sostenere che i mutamenti si trasmettono agli eredi.
Riguarda un fatto veramente accaduto, ma dal quale si trae una conclusione sbagliata. - Sappiamo che nella società industrializzata l’inquinamento provoca l’annerimento progressivo dei tronchi d’albero. Questi, a causa dello smog, diventano sempre più scuri, più neri.
- Ora, in un paese industrializzato fu notato che in una popolazione di farfalle grigie appare una farfalla nera. Questa, proprio a causa del suo colore, si mimetizza con i tronchi d’albero meglio delle farfalle grigie e sfugge quindi agli uccelli predatori.
- Dopo un certo tempo, la popolazione di farfalle grigie è diminuita mentre è aumentata quella di farfalle nere, che vengono attaccate di meno, sono più sicure, sono più mimetizzate.
- Passando altro tempo, tutte le farfalle grigie risultano scomparse e rimangono soltanto le farfalle nere. Questo fatto, effettivamente osservato, ci è stato presentato come la prova del miglioramento della specie dovuto a mutazione. Mutazione che si trasmette agli eredi.
- Certamente un mutamento “nella” specie c’è stato (dal colore grigio al colore nero) ma non è mutata la specie: le farfalle nere sono esattamente identiche a quelle grigie, anche se queste sono scomparse.
- Un evoluzionista risponderà: è vero, però piccolo mutamento dopo piccolo mutamento, piccolo adattamento all’ ambiente dopo piccolo adattamento all’ ambiente, dopo milioni e milioni di anni, ci deve essere stato anche un cambiamento radicale, una evoluzione vera e propria.
- Ma questo nessuno lo può provare. Anzi, ci sono delle obiezioni contrarie. Ne segnalo due:
- La prima: gli studiosi hanno calcolato quanto tempo sarebbe stato necessario all’ evoluzione perché si giungesse alla situazione attuale, partendo dalle forme di vita più semplici. E ci si accorge che per spiegare la situazione attuale a partire dall’ evoluzione progressiva, graduale, non basterebbe tutta l’età dell’universo (Cfr Giuseppe Gerola, Il pregiudizio evoluzionista, in Studi Cattolici, n. 237, nov. 1980, pp. 741-2).
- La seconda: se fosse vera l’ipotesi evoluzionista, se tutte le specie che noi oggi vediamo fossero il risultato di una evoluzione, di una progressione, se fosse vero che tutti gli esseri viventi fossero comunque protagonisti anche oggi – di un grande, lento processo evolutivo, dovrebbe accadere un fatto, che invece non osserviamo.
- Il fatto è questo: dovremmo trovare intorno a noi un grandissimo numero di specie abbozzate, incomplete, che si stanno formando, cioè evolvendo, in ritardo rispetto alla specie finale, alla specie finale perfetta, verso la quale si stanno dirigendo, evolvendosi.
- Invece, tutte le specie viventi che noi conosciamo tutte, ma proprio tutte – sono, nel loro grado ovviamente, perfette, complete, adattate all’ambiente. Non esistono, non vediamo, non ci sono, non conosciamo esseri viventi – ma anche specie – che siano incompleti, quindi che si stiano evolvendo.
- Piuttosto che negare le sue dogmatiche convinzioni, qualche evoluzionista obbietterà: potrebbe essere che tutte le specie che si stavano evolvendo siano giunte alla fine della loro corsa, siano scomparse e oggi noi vediamo soltanto l’ultima tappa, quella definitiva, del loro processo evolutivo.
- Non ci faremo ingannare da una risposta di questo genere. Se fosse vero (si tratta di una affermazione gratuita), queste specie incomplete, rudimentali, che si stavano evolvendo, avrebbero almeno dovuto lasciare tracce, enormi quantità di tracce tra i resti fossili.
- Parliamo di enormi quantità di tracce perché per accettare che un mutamento genetico si affermi si deve ammettere che molti, molti di più, non si sono affermati. E di questi, dovremmo avere tracce.
- Bene, nemmeno nei fossili troviamo traccia dell’ evoluzione.
- E qui è giunto il momento di smascherare una enorme bugia che ci viene raccontata fin dalle scuole elementari. Ho personalmente esaminato una dozzina di libri, che molte case editrici preparano per gli alunni della terza classe elementare.
- In tutti, nessuno escluso, era disegnata l’immagine di quegli esseri che, secondo la teoria evoluzionista, avrebbero preceduto l’uomo, i nostri progenitori: grandi animali, metà scimmia e metà uomini, in posizione eretta ma talvolta curva, con lungo pelo, braccia penzoloni, muso allungato.
- Questi esseri – imparano i nostri ignari bambini – pian piano si sono raddrizzati, hanno perso il pelo, accorciato le braccia, fino a diventare simili a noi.
- Ora, va detto che questa è una colossale menzogna. Non ci sono prove che l’uomo derivi dalla scimmia, dallo scimpanzé, dal gorilla. Non ci sono prove che le ossa di esseri viventi, presunti nostri antenati, quelle poche che sono state trovate, siano appartenute ad esseri pelosi, ingobbiti, più simili alle scimmie che a noi.
- Allo stato attuale si sa che esistono, e sono esistiti, uomini completamente fatti e finiti ed esistono, e sono esistite, scimmie fatte e finite.
- Tuttavia, gli evoluzionisti hanno tentato di tutto pur di accreditare l’idea che fosse esistita in passato una specie “intermedia”, a metà strada tra la scimmia e l’uomo.
- Infatti, per accreditare l’evoluzionismo, è assolutamente necessario dimostrare che siano esistiti esseri intermedi. Senza di questi, l’evoluzionismo è soltanto una ipotesi, non una tesi scientifica. E per arrivare a questo non è mancato chi ha tentato perfino di barare.
- È famosissimo il caso dell’uomo di Pilidown. Intorno agli anni 1909-1915 vennero scoperti in Inghilterra i resti di un essere vivente, vissuto circa 300.000 anni fa, che fu chiamato “uomo dell’alba”. Era stato trovato finalmente – si disse – l’essere a metà strada tra la scimmia e l’uomo, il famoso anello mancante.
- La prova era data da una calotta cranica con capacità cerebrale superiore a quella di una scimmia, ma inferiore a quella di un uomo moderno. Fu datata vecchia di 500.000 anni. Accanto alla calotta cranica, fu trovata una mandibola: apparteneva certamente ad una scimmia e tutti furono del parere che fosse stata una volta attaccata alla calotta. Poi furono trovati denti di ippopotamo, ossa di animali estinti e pietre rozza mente lavorate.
- Questi resti furono subito accolti solennemente nel prestigio so Museo Britannico e in tutti i libri anteriori al 1953 si scrisse che era stata trovata finalmente la prova che l’uomo viene dalla scimmia. Quale sorpresa quando, proprio in quell’anno, si scoprì che si trattava di una truffa. La mandibola della scimmia non apparteneva a quel cranio. Questo cranio non aveva i 500.000 anni che gli erano stati attribuiti.
- Non solo: quei reperti “rozzamente lavorati” erano stati appositamente limati e verniciati. Insomma, una vera truffa.
- Dobbiamo ribadire che, allo stato attuale delle ricerche scientifiche, la teoria evoluzionista non deve essere considerata una tesi, una verità incontrovertibile, ma soltanto una ipotesi.
- Una ipotesi che ha bisogno, per essere accreditata come vera, di altre prove, di altre ricerche, di altri dati.
- Ovviamente, chi crede in Dio non è contrario per principio alla ipotesi evoluzionista. Nulla vieta di ipotizzare che, nella sua infinita e insondabile sapienza, Dio abbia disposto le cose in modo tale da evolversi.
- Quello che è certo, in una prospettiva di fede, è che per dare vita all’uomo (e per dare vita all’uomo è necessario fare un salto, rispetto all’animale: ammettere l’anima), bene per dare vita all’uomo Dio è intervenuto direttamente. È intervenuto regalando all’uomo l’anima, anima che Dio ha creato direttamente, che non deriva da nessun essere che ha preceduto l’uomo.
- Non solo. Un credente non esclude a priori che Dio abbia stabilito l’evoluzione (quindi, non potrà mai accettare l’evoluzione spontanea) proprio come legge della natura e che l’evoluzione sia accaduta secondo la volontà di Dio.
- Il fatto è che non abbiamo ancora prove scientificamente incontrovertibili della evoluzione biologica. Il parere degli scienziati su questo punto non è unanime. Antonino Zichichi, nel suo ultimo bel libro “Perché io credo in Colui che ha fatto il mondo” nega addirittura all’ evoluzione anche lo statuto di ipotesi scientifica.
- È diversa la posizione, invece, di un evoluzionista che non crede in Dio. Questi deve negare, a tutti i costi, che Dio esiste e quindi deve dire che l’evoluzione è stata spontanea e casuale, cioè accaduta a caso. Il che, come si è visto, è impossibile.
- Credo che per ora possa bastare. Grazie.
IL TIMONE – N.3 – ANNO I – Settembre/Ottobre 1999 – pag. 19-20-21-22