Un buon giornalista, prima di scrivere, dovrebbe leggere. Non tutti i giornali per carità, ma almeno il proprio sì. Cosa che un vate della carta stampata come Eugenio Scalfari stranamente sembra non fare. Non sempre e non con attenzione, quanto meno.
Non si spiegherebbe diversamente per quale ragione Barbapapà qualche giorno fa abbia scelto di descrivere Papa Francesco come un progressista matricolato, come uno per il quale «non possono esistere principi non negoziabili se non quelli dell’ amore del prossimo e della carità» (La Repubblica, 15/3/2013, p.1). Tradotto: state tranquilli, il nuovo pontefice non dirà una parola su aborto, difesa del matrimonio e tutto il resto; sarà un agnellino, parola di nonno Eugenio.
Un editoriale che ha fatto giustamente discutere – come può uno che spernacchia la Chiesa da una vita scoprirsi ammiratore e conoscitore del nuovo Papa senza cadere nel ridicolo? – e che è stato da molti criticato alla luce delle ferme prese di posizione che l’ex primate di Argentina ebbe sui temi eticamente sensibili. Ma c’è dell’altro. Infatti, anche se nessuno sembra essersene finora accorto, il primo a contraddire Scalfari è proprio il suo giornale, Repubblica, che non secoli fa bensì meno di tre anni di or sono riferì con dovizia di particolari l’attivismo dell’allora cardinal Bergoglio contro le nozze gay e a favore della famiglia fondata sul matrimonio. Messa così pare uno scherzo, ma purtroppo per Barbapapà non lo è.
Perché nell’estate del 2010 fu proprio Repubblica, tramite la penna di Omero Ciai, a parlare di «almeno cinquantamila persone convocate dall’ arcivescovo di Buenos Aires, Jorge Bergoglio» che si diedero «appuntamento nella piazza del Congresso con lo slogan:“I bambini hanno bisogno di un babbo e di una mamma”». A commento dell’accaduto, nel pezzo in questione si precisava che «i toni con i quali la Chiesa ha affrontato la vicenda», vale a dire la possibilità di riconoscere matrimoni e adozioni gay, sono stati «piuttosto duri. Tutte le scuole cattoliche hanno incoraggiato gli studenti e i loro genitori a scendere in piazza per protestare contro il governo». Al punto che Cristina Kirchner – sempre secondo quanto riportato da Repubblica – ebbe a commentare: «Sono sorpresa e preoccupata […] sembra che siamo tornati all’ epoca delle Crociate e dell’Inquisizione» (La Repubblica 15/7/2010 p. 32).
Com’è dunque possibile che il fondatore del quotidiano che l’altro ieri descriveva Bergoglio come regista di mobilitazioni di piazza contro il matrimonio gay ed espressione di una Chiesa dai toni «piuttosto duri», oggi ci venga a spiegare che Papa Francesco è un tale che non riconosce «principi non negoziabili»? Capiamo che non ne voglia sapere del Foglio, di Libero o de Il Giornale – robaccia, per il suo palato fine -, ma per quale ragione Scalfari non legge neppure il quotidiano di cui è fondatore? Si è stancato anche di Repubblica? Troppo clericale, come testata? Nella speranza che venga fatta chiarezza su questo piccolo giallo, il sospetto rimane: forse Barbapapà non legge neppure il suo giornale. Ad eccezione delle proprie lenzuolate che, conoscendo la proverbiale modestia del personaggio, lo appassioneranno dalla prima all’ultima riga.
articolo pubblicato sul blog di Giuliano Guzzo