In principio fu la promessa di restare «nascosto al mondo», di «salire sul monte», di continuare a servire la Chiesa ritirandosi nella preghiera e nella meditazione, «in un modo più adatto alla mia età e alle mie forze». Nel febbraio 2013 Benedetto XVI aveva accompagnato così la sua rinuncia al pontificato, che aveva colto tutti di sorpresa. E per un bel po’ effettivamente è stato così, a parte la puntuale risposta nel settembre 2013 al matematico Piergiorgio Odifreddi che aveva criticato il suo libro su Gesù.
Ma ormai pare proprio che il “papa emerito” Benedetto XVI ci abbia ripensato. E da un po’ di mesi stiamo assistendo a un crescendo di interventi che sta raggiungendo il culmine in questi giorni. Ieri è infatti uscita una biografia di Ratzinger con allegata una intervista concessa all’autore, Elio Guerriero, e anticipata nei giorni scorsi da Repubblica.
E il 9 settembre uscirà un libro-intervista con il giornalista tedesco Peter Seewald, lo stesso del precedente libro-intervista (Luce del mondo) uscito nel 2010 in pieno pontificato.
Questa volta il titolo è “Benedetto XVI, Ultime conversazioni”. Che poi siano davvero le ultime a questo punto è lecito dubitarne, ma soprattutto è lecito chiedersi il perché di questo improvviso attivismo.
Non c’è bisogno di essere dietrologi o complottisti per osservare che i conti non tornano. I fatti sono chiari: era stato annunciato il silenzio definitivo, sta avvenendo il contrario. Lecito chiedersi quali ragioni abbiano spinto Benedetto XVI a venir meno al suo impegno.
Non solo, improvvisamente ha cominciato a parlare anche il suo fido segretario, quel monsignor Georg Ganswein che si definisce fedele al Papa emerito «fino alla morte» ma che è anche Prefetto della casa Pontificia.
E mentre Benedetto XVI è attentissimo a usare solo parole positive nel confronti del suo successore, monsignor Ganswein da una parte si lancia in azzardate tesi sul “pontificato allargato”, dall’altra non manca di mettere bene in evidenza i punti deboli di Papa Francesco.
Ma al fatto in sé si deve aggiungere anche il contenuto di alcuni interventi, come quello dell’intervista appena pubblicata da Repubblica.
Tornando sulle ragioni della rinuncia, e riproponendo il tema della stanchezza, Benedetto XVI aggiunge: «In particolare era già stata fissata la data della Giornata Mondiale della Gioventù che doveva svolgersi nell’estate del 2013 a Rio de Janeiro in Brasile.
Ora, a questo riguardo, io avevo due convinzioni ben precise. Dopo l’esperienza del viaggio in Messico e a Cuba, non mi sentivo più in grado di compiere un viaggio così impegnativo. Inoltre, con l’impostazione data da Giovanni Paolo II a queste giornate, la presenza fisica del Papa era indispensabile.
Non si poteva pensare a un collegamento televisivo o ad altre forme garantite dalla tecnologia. Anche questa era una circostanza per la quale la rinuncia era per me un dovere».
Con tutto il rispetto si fa veramente fatica a credere che il motivo della rinuncia – una decisione che lo stesso Benedetto XVI definì allora “grave” e “nuova” – possa essere stata l’impossibilità di partecipare alla GMG di Rio, quando l’interruzione del suo Pontificato ha significato, ad esempio, lasciare a metà l’enciclica sulla fede che doveva terminare la trilogia dopo quelle sulla carità (Caritas in Veritate) e sulla speranza (Spe salvi).
Non sappiamo ancora cosa ci sarà nel prossimo libro-intervista, anche se probabilmente in linea con le ultime uscite non c’è da aspettarsi rivelazioni clamorose.
Ma il fatto è che già le affermazioni poco credibili fatte a proposito della rinuncia, da una parte alimentano voci e pettegolezzi sui reali motivi della decisione, dall’altra aumentano le preoccupazioni di chi vede per la Chiesa la pericolosità di una situazione del genere, a partire dalla possibilità stessa che si possa parlare di un “papa emerito”.
Di queste preoccupazioni si è fatto recentemente interprete il cardinale tedesco Walter Brandmüller, grande amico di Ratzinger ma fortemente critico sia della decisione della rinuncia sia soprattutto del “dopo”. Brandmüller ritiene infatti «necessaria e urgente una legislazione che definisca e regoli» lo statuto di chi è stato Papa, perché la decisione di istituire un papato emerito – lasciandolo peraltro indefinito – sta creando una situazione pericolosa per la Chiesa al punto da poter portare a uno scisma.
Da qualsiasi parte si prenda la questione, resta il fatto che in tempi di grave confusione per la Chiesa, si aggiungono purtroppo – aldilà delle intenzioni – altri motivi di confusione.
Non è certo di questo che oggi abbiamo tutti bisogno. Per questo c’è solo da augurarsi che si chiarisca presto almeno il motivo di questi strani interventi.
Fonte: La NBQ