Anche per Giovanni XXIII c’era stata la richiesta di proclamarlo «santo subito». Inizia così l’articolo di Stefania Falasca che sul quotidiano «Avvenire» spiega le motivazioni che hanno portato alla decisione di canonizzare Papa Roncalli anche senza il riconoscimento di un secondo miracolo avvenuto dopo la canonizzazione, riprendendo un poderoso e approfondito studio dello storico Enrico Galavotti .
Nel pieno dei lavori conciliari il teologo Yves Congar scriveva nel suo diario che il cardinale belga Lèon Joseph Suenens voleva concludere l’intervento sullo schema «De Ecclesia» richiedendo una canonizzazione per acclamazione di Giovanni XXIII. «Un obiettivo questo – scriveva Congar – da ottenere subito».
Una richiesta condivisa da tanti altri padri conciliari e da moltitudini di fedeli. Come si ricorderà, il 5 luglio scorso Papa Francesco ha promulgato il decreto sul miracolo per intercessione del beato Giovanni Paolo II e contemporaneamente ha approvato i voti favorevoli espressi dalla Sessione ordinaria dei cardinali e dei vescovi per la canonizzazione «pro gratia» del beato Giovanni XXIII.
«Ciò vuol dire – scrive Avvenire – che Papa Bergoglio ha accolto favorevolmente le motivazioni presentate dalla Congregazione dei santi su istanza della postulazione della causa di Giovanni XXIII, per poter procedere alla sua canonizzazione pur in assenza di un miracolo formalmente riconosciuto, come avviene di prassi per arrivare alla proclamazione della santità».
«Secondo l’attuale normativa canonica, infatti – si legge ancora nell’articolo – si può accedere alla canonizzazione solo dopo l’approvazione di un miracolo attribuito all’intercessione di un candidato al culto della Chiesa universale, sia esso martire che confessore della fede, già beatificato.
Tuttavia non è una novità assoluta la proclamazione della santità sulla base di altri elementi e motivazioni che possono sostituirsi a un miracolo scientificamente e teologicamente dimostrato». Non si tratta, dunque, né di scorciatoie, né di semplificazioni, né di decisioni arbitrarie. Si tratta piuttosto di un’eccezione ma contemplata nella prassi, che ha avuto diversi precedenti.
«Nella storia recente delle canonizzazioni – ricostruisce Avvenire – un’eccezione alla prassi è rappresentata, ad esempio, dai Santi Martiri cinesi (Agostino Zhao Rong e 119 compagni) proclamati santi da Giovanni Paolo II nel 2000. I martiri, di cui la Chiesa fa memoria il 9 luglio, sono arrivati alla beatificazione con regolare procedura in momenti diversi.
Le loro cause sono state poi unificate e, con la firma del decreto “de signis” Giovanni Paolo II, dispensando ciascuno di essi dal miracolo, li ha iscritti direttamente fra i santi il 1° ottobre dell’anno del Grande Giubileo. Gli elementi che portarono a questa determinazione da parte di papa Wojtyla furono: una indiscussa e crescente fama signorum (cioè una fama di segni e miracoli) a loro attribuita dopo la beatificazione e l’influsso particolare che la loro memoria aveva esercitato nella perseveranza della fede in contesti estremi e difficili».
Le ragioni principali per le quali procedere alla canonizzazione sono essenzialmente due. «La prima riguarda l’eccezionale vastità del culto liturgico già reso al beato, che, previa richiesta di autorizzazione, è stato concesso dalla Santa Sede a diverse diocesi del mondo, dall’Asia alle Americhe. La memoria liturgica di Giovanni XXIII, ufficialmente iscritta nei calendari di Chiese particolari, di fatto si configura già come simile a quella di un santo canonizzato».
«A questo culto – ricorda Avvenire – si unisce anche una crescente fama di segni e miracoli che accompagna nel popolo di Dio la memoria del Papa buono. A partire dal giorno della sua beatificazione, avvenuta il 3 settembre del 2000, sono infatti arrivate alla postulazione da tutto il mondo numerose segnalazioni di grazie e favori ottenuti per intercessione del beato, spesso accompagnate da documentazione medica. Circa una ventina i casi più interessanti».
La seconda importante motivazione è data proprio dalla richiesta di quei padri del Concilio Vaticano II che, subito dopo la morte di Roncalli, «auspicarono la sua immediata canonizzazione addirittura come atto del Concilio stesso.
Nessun candidato alla canonizzazione può perciò vantare attualmente una simile eccezionalità: un culto liturgico diffuso già nella Chiesa universale e una richiesta di canonizzazione per acclamazione espressa in un Concilio. Queste, dunque, sono le principali ragioni che Papa Francesco ha approvato per ritenere di procedere alla canonizzazione del beato Giovanni XXIII».
Non va infine dimenticato, spiega Falasca su «Avvenire», che cinquant’anni dopo la morte di Roncalli è ormai possibile sottrarre «la sua figura a emozioni e manovre del momento e di sviscerare fin nelle pieghe più intime la sua vita e la sua azione. Ciò ha condotto a una sicura e profonda conoscenza del patrimonio dei suoi scritti e della sua opera, facendo emergere in maniera luminosa la sua santità».
Fonte: Vatican Insider