Per quanto sia stato faticoso organizzare e partecipare a un Family Day, questo è ancora niente rispetto a ciò che si prepara per il popolo della famiglia. Perché se c’è una cosa che dalle reazioni e commenti emerge in modo molto chiaro è che questo popolo ha contro tutto il potere: da quello economico a quello politico, fino – purtroppo – a quello ecclesiastico.
Cominciamo da quest’ultimo: sappiamo già i movimenti degli ultimi dieci giorni da parte dei vertici della Conferenza episcopale per mettere la sordina a questa manifestazione, cercando di metterci il cappello sopra e facendola passare per una innocua festa della famiglia.
Si è trattato di una ingerenza che è arrivata a cercare di impedire che dal palco del Circo Massimo parlassero i membri del comitato organizzatore. Tentativi a cui alla fine si è resistito non senza qualche difficoltà.
E il messaggio dal palco e dalla piazza è arrivato inequivocabile: no al ddl Cirinnà senza se e senza ma, e avvertimento al presidente del Consiglio Matteo Renzi (“Renzi, ci ricorderemo”, il cartello più fotografato).
Ieri l’editoriale del direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, a prima vista sembrava una sorta di conversione sulla via del Circo Massimo per i toni super-elogiativi del Family Day e per l’invito perentorio ai politici di tener conto di questa piazza.
Ma già nello stesso editoriale si nascondeva l’arcano (il popolo, secondo Tarquinio, chiede di trattare in modo diverso i diversi tipi di relazione) che poi risultava evidente nelle pagine dedicate all’evento.
La linea impressa dalla CEI è chiara: usare il Family Day per ottenere da Renzi quelle concessioni su stepchild adoption e definizione delle unioni civili per cui non sono bastate le cene di monsignor Nunzio Galantino (segretario CEI) con l’onorevole Cirinnà (relatrice del disegno di legge).
L’obiettivo è arrivare a una legge sulle unioni civili che le tenga ben distinte dalla famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna e che eviti l’adozione. In altre parole la CEI vuole i DICO contro cui aveva combattuto otto anni fa.
Basta guardare i titoli della prima pagina per rendersene subito conto: non un accenno ai ripetuti cori della piazza contro il ddl Cirinnà, di cui si è chiesto il ritiro definitivo. Titolo di prima pagina: “Sì alla famiglia, sì al buon diritto” (guai a dire no a qualcosa, sarebbe come costruire un muro).
E che sarà mai il “buon diritto”? Lo si capisce dall’occhiello, dove si spiega che dal Circo Massimo è venuto un «forte appello a rivedere il ddl unioni civili» con «stralcio della stepchild». Rivedere, non cancellare; uno stralcio, vale a dire che il resto va bene. Spudorate menzogne, ovviamente.
E all’interno è ancora peggio: nella pagina dedicata alla cronaca dal palco si titola «Siamo con l’Italia, non un popolo contro». Cioè al Circo Massimo ci sarebbe stato un popolo di rincoglioniti che si sobbarca sacrifici enormi per arrivare a Roma e dire una frase senza senso: «siamo con l’Italia».
E con chi dovremmo essere, con la Francia?. E in quella successiva, vista dal basso, ecco il titolo: «La piazza fa eco al palco: quel testo è da riscrivere». La Pravda dei tempi d’oro del comunismo sovietico ci fa un baffo a questi clerico-pennivendoli.
Se non bastasse, ecco anche l’intervista di monsignor Franco Semeraro, vescovo di Albano, al Corriere della Sera. Semeraro non è una voce qualsiasi: viene presentato dal Corriere come uno degli uomini più vicini al Papa, essendo stato nominato segretario del Consiglio dei 9 cardinali e poi chiamato nella commissione per la relazione finale del Sinodo sulla famiglia.
Ebbene, monsignor Semeraro non ha neanche cercato di mascherare l’obiettivo. Sul Circo Massimo afferma: «Il rischio è sempre quello di contrapporsi anziché proporre. Ma mi pare che le cose non siano andate così. Ho notato che negli interventi si è molto insistito sul problema delle adozioni, più che sulle unioni civili, semmai sul fatto che sia inaccettabile equipararle al matrimonio tra uomo e donna».
Davvero? E chi gliel’ha detto? Sicuro che in tv stesse seguendo il Family Day? Anche il Corriere nella sua cronaca diceva il contrario.
Ma tant’è, la realtà è diventata un optional, perché l’importante è dare la linea. Così sulle unioni civili risponde: «Ritengo legittimo, per una società, trovare forme di garanzia. In linea di principio, non ho obiezioni al fatto che sotto il profilo pubblico si dia consistenza giuridica a queste unioni. Mi sembra che la reazione riguardi il tema della generatività, le adozioni, non il riconoscimento pubblico delle unioni. L’importante è che non vengano assimilate alla realtà del matrimonio».
Ecco qua, care famiglie: non contate sul potere ecclesiastico, che si è già messo d’accordo con il potere politico.
Chi l’ha capito bene è il leader del Nuovo Centrodestra, Angiolino Alfano, che se ne guarda bene dal fare l’unica cosa che potrebbe veramente affossare il ddl Cirinnà: uscire dal governo.
Al contrario, rassicura il governo: faccia pure quel che vuole, noi magari non votiamo neanche contro (leggasi l’intervista del neo-ministro Enrico Costa ad Avvenire), al massimo dopo faremo un referendum se non si arriva al fatidico compromesso. Un referendum? Con un partito che non troverà neanche le firme per presentarsi alle elezioni? Ma per chi ci ha presi?
E intanto incassa un mazzetto di poltrone che Renzi, perfidamente, annuncia ad Alfano Iscariota alla vigilia del Family Day, così che appaia evidente come stanno le cose.
Vogliamo solo sperare che chi ha guidato il Family Day sia ora abbastanza accorto da capire con chi ha a che fare e non si lasci ingannare da questi volponi che pensano soltanto alla loro sopravvivenza politica, e chi se ne frega delle famiglie e dell’Italia.
«Ci ricorderemo di Renzi», diceva un manifesto. Ma ci ricorderemo anche di Alfano. E di tutti quelli che venderanno il popolo della famiglia al miglior offerente.
Fonte: La NBQ