La trovata del partito della famiglia di Mario Adinolfi, politico di antico pelo, si spiega solo come la sua ricerca personale di una qualche visibilità nel Palazzo? Difficile dirlo. L’iniziativa è nata in disaccordo con gli altri organizzatori del Family day ed è destinata al fallimento. Però è uno dei tanti segnali dell’inquietudine dei cattolici italiani.
Essi stanno vivendo un dramma spirituale ed ecclesiale, ma dai risvolti sociali e politici perché il movimento cattolico – attraverso la Dc – ha governato l’Italia dal 1945 al 1989 e poi, scomparsa la Dc, è stato di fatto uno dei pilastri degli equilibri politici nella seconda repubblica.
Ora tutto sembra terremotato. Non si è mai vista una situazione così buia, dolorosa e confusa fra i cattolici italiani nell’ultimo secolo. E’ un panorama di macerie, come se un ciclone avesse investito e devastato tutto.
Non solo per la “rivoluzione antropologica” anticristiana imposta dall’Impero all’Europa occidentale, ma soprattutto per l’irrompere del Papa argentino che è di fatto nemico della presenza pubblica dei cattolici, nemico di una presenza cristiana che abbia un’identità e dei principi specifici.
IL PAPA “BONINO”
Un papa così, che solidarizza con i nemici della Chiesa, anziché con i suoi fedeli, non si era mai visto.
E’ un papa che esalta i “benefici” di una “invasione araba dell’Europa”, un papa che indica Emma Bonino e Napolitano come “i grandi” dell’Italia di oggi, mentre denigra quotidianamente i cattolici, un papa che sceglie Eugenio Scalfari come confidente e gli affida certi suoi pensieri eterodossi (poi puntualmente stampati), un papa che continuamente bombarda la dottrina cattolica sui sacramenti (che sono i pilastri della fede), che annuncia che “non esiste un Dio cattolico” mentre strizza l’occhio a protestanti, musulmani e buddisti.
Un papa che tuona contro quei politici occidentali che non vogliono abbattere le frontiere e non vogliono subire un’immigrazione oceanica, ma che invece usa toni acritici e pieni di stima verso i despoti comunisti di Pechino a cui, anzi, raccomanda di non darsi troppa pena per i crimini della loro tirannia che ha fatto molti milioni di vittime.
Un papa che arringa i “compagni” del Centro sociale Leoncavallo invitandoli a “continuare la lotta”, mentre rifiuta sprezzantemente qualsiasi contatto con le famiglie del Family day (nemmeno un saluto o una benedizione).
UN POPOLO TRADITO
Proprio i due Family day del 20 giugno 2015 e del 29 gennaio 2016 rappresentano il tentativo del popolo cristiano – scioccato da due anni di bergoglismo – di ritrovarsi facendo memoria del luminoso insegnamento di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI.
Papa Ratzinger – dalla sua reclusione vaticana – deve aver guardato questo popolo, convenuto a Roma con mille sacrifici, con lo stesso struggimento di Gesù in una celebre pagina del Vangelo: “Sbarcando, Gesù vide molta folla e si commosse per loro, perché erano come pecore senza pastore” (Lc 6,34).
Ma, concretamente, i due Family day – avvenimenti eccezionali se si considera la mancanza di qualunque organizzazione – sono stati possibili soprattutto perché c’è un movimento ecclesiale che è rimasto ancora vivo dalla stagione di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI: è il Cammino Neocatecumenale (anche se loro non si definiscono movimento).
Sono sostanzialmente i “neocat” ad aver riempito quelle piazze. Essendo ancora presente il fondatore, il carismatico Kiko Arguello, il suo grande popolo ha potuto raccogliere con sé anche tanti altri cattolici dispersi delle parrocchie o gruppi sopravvissuti di altri movimenti scomparsi o giovani destati alla fede da papa Wojtyla e Ratzinger (quelli che hanno dato vita per esempio alle “Sentinelle in piedi”).
Lo hanno ben capito in Vaticano da dove infatti – per il secondo Family day del 29 gennaio scorso – è partito l’ordine di proibire a Kiko di salire su quel palco.
Il “vescovo di Roma” non solo ha cercato di sabotare il Family day, ma – nelle ore cruciali in cui si decidevano le sorti della Cirinnà (messa in crisi proprio dalla manifestazione del Circo Massimo) – ha dichiarato esplicitamente che sulle unioni gay “io non m’immischio”, arrivando fino ad affermare – senza arrossire – che non ricordava il documento ufficiale della Chiesa del 2003, firmato da Giovanni Paolo II e dal card. Ratzinger.
Era il definitivo via libera che Renzi aspettava, il segnale che potevano procedere con la Cirinnà perché dal Papa non sarebbe mai arrivato l’anatema che delegittimava il premier “sedicente cattolico” e il suo governo.
Il significato di approvazione che aveva quel “non m’immischio” è stato reso evidente dal concomitante “m’immischio” sulla questione immigrazione negli Stati Uniti: in quel caso Bergoglio è intervenuto a gamba tesa nelle presidenziali americane cercando di azzoppare Trump e favorire la Clinton (il pontificato di Bergoglio infatti trova la sua cornice esplicativa nella presidenza Obama e proprio all’Agenda imperiale Obama-Clinton si attiene il papa argentino).
PARTITI (E MAI ARRIVATI)
Nel contesto del pontificato di Bergoglio, che tra l’altro si è espresso pubblicamente contro l’esistenza del partito cattolico, dicendo che “non serve” (così, fra l’altro, “immischiandosi” arbitrariamente in una faccenda che dovrebbe riguardare il laicato cattolico) è ovviamente impensabile, oggi, ricostruire – appunto – un partito cattolico.
Ancora più assurda e suicida poi è l’idea di un partitello cattolico addirittura monotematico, focalizzato sulla sola questione della famiglia.
Il roccioso Adinolfi nella battaglia della Cirinnà è stato un ottimo combattente. Ha capacità dialettiche e coraggio. Ma nell’annunciare la fondazione del “Popolo della famiglia” (questo il nome del partitello che dovrebbe presentarsi alle comunali di Roma) si è fatto fregare dal suo vecchio demone, il demone della politica che lo ha portato nel corso degli anni sotto diverse sigle e bandiere (già nel 2001 peraltro fece una lista con cui si candidava a Sindaco di Roma per poi appoggiare Walter Veltroni).
E’ stato pure tra i fondatori del Partito democratico, poi sostenitore di Renzi alle primarie e di Monti nel 2013. Nel 2014 ha “scoperto” i “principi non negoziabili” e se n’è fatto un alfiere fino a far parte del comitato organizzatore del Family day.
Ora, giocandosi la visibilità conseguita con un nuovo partitino, ha provocato malumore fra tutti gli altri “organizzatori” perché nessuno dovrebbe mettere un cappello partitico sul Family day.
Si è saputo peraltro che pure qualche altro stava cercando di fare una mossa analoga avendo come punto d’approdo l’Ncd di Alfano. Sono iniziative che possono solo nuocere alla causa del Family day.
Come dimostra il caso LGBT o il movimento Pro life in Usa, questi movimenti di opinione focalizzati su temi specifici, hanno la loro forza proprio dal rimanere movimenti di opinione perché così influenzano tutti gli schieramenti. Se pretendono di diventare partiti danneggiano anzitutto la causa per la quale si muovono.
Lo confermano tre precedenti storici. Negli anni Settanta c’era in Italia un forte “partito cattolico”, la Dc, ma sono state approvate le leggi su divorzio e aborto. Nel 2004-2005 non c’era un “partito cattolico”, ma i cattolici hanno ottenuto l’approvazione della Legge 40 e poi hanno fatto naufragare il referendum radicale che voleva spazzarla via.
Anche il generoso tentativo di Giuliano Ferrara, con la lista “No aborto”, dimostrò che liste tematiche di questo genere sono condannate al fallimento e rischiano di danneggiare proprio la causa per cui nobilmente si battono.
Del resto un partito non può essere monotematico, deve avere un’idea del Paese, dev’essere una sintesi di tanti interessi sociali, deve avere un programma a tutto campo e una classe dirigente che ha competenza e capacità di governo.
Oggi i cattolici hanno ben altro da fare. Altro che partiti tematici. La loro prima emergenza è impedire l’autodemolizione della Chiesa e della società.
Antonio Socci
Da “Libero”, 6 marzo 2016
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