E adesso stiamo tutti zitti e preghiamo.

E niente, nemmeno nella settimana santa, in quella chiamata “autentica”, si interrompe il chiacchiericcio degli opinion leader da tastiera: è una gara a chi strilla di più, a chi pretende di aggiudicarsi la notizia più ghiotta, la pretesa più intelligente, oppure esprime la critica più “teologicamente” sottile.
Talmente tanto chiasso è stato fatto da arrivare dovunque, così persino un guitto come Rosario Fiorello, che di religione ne capisce quanto un bambino (cit. Curato d’Ars), si è sentito in dovere di dire la sua e ha consigliato il bagno come luogo di preghiera alternativo alle chiese.

Non era una battuta di spirito ma l’ipotesi di una extrema ratio. E ha ragione: Lutero scriveva le sue tesi seduto sul gabinetto perciò la proposta è del tutto regolare (qui). Ma ci sta bene, abbiamo sparpagliato al vento le penne della gallina (cit. Curato d’Ars) e ora vai a riprenderle una per una!

Il tormentone principale è quello di riavere la messa il giorno di Pasqua. Sacrosanto desiderio, se non fosse che per amore di Cristo stiamo guerreggiando contro i suoi Ministri e questo non è gradito a Dio. Infatti nei colloqui con S. Caterina da Siena (qui) Egli non ha negato che alcuni di loro siano templi del diavolo e demoni incarnati ma ha anche chiarito: “Lo stesso Inferno è garantito a coloro che, indignati per i loro comportamenti, li perseguitano, li offendono o li puniscono con scherni, villania, obbrobrio e vituperio … credendo di non arrecare ingiuria alla Chiesa né di ribellarsi ad essa. … Reputo fatto a me ciò che viene fatto a loro, perché io dissi e dico che non voglio che i miei cristi siano toccati. Io li posso punire e non loro … ”

E non solo.  Coloro che disubbidiscono al divieto di mancar loro di rispetto per Nostro Signore “sono come membri putridi, tagliati dal corpo mistico della santa Chiesa, per cui, perseverando, ostinati, in questa ribellione e irriverenza, morendo in tale condizione giungono alla dannazione eterna.”

Questi giudizi di Dio dovrebbero bastare per farci sì chiedere a loro quanto riteniamo necessario per la salute della nostra anima, come prevede il Catechismo della Chiesa cattolica (907), ma anche a farci astenere dal giudicarli, criticarli, offenderli e scannarci tra di noi con polemiche tanto più  meschine quanto più sterili.

Difatti, considerato che in questi giorni siamo chiamati a scendere nelle profondità della nostra coscienza per esaminare noi stessi e chiedere perdono per le nostre mancanze – solo mancanze, perché noi peccati non ne commettiamo mai –  sforzandoci di vedere i fatti come li vede Dio, c’è da chiedersi: in quanti abbiamo contattato i nostri parroci e gli altri presbiteri per sapere come stessero, se avessero delle necessità anche di natura economica visto che non possono più far conto delle nostre offerte?

E  in quanti abbiamo scoperto che molti sacerdoti, soprattutto cappellani di ospedali e carceri,  sono stati colpiti dal Covid-19 e ora restano al chiuso delle loro abitazioni bisognosi di tutto? Lo sappiamo che ci sono intere comunità di religiosi che si sono ammalati per essere restati nelle loro chiese a celebrare, confessare e comunicare i fedeli finché non è stato loro proibito?

Eh già, i telegiornali non l’hanno riferito quindi noi, che siamo sempre informati su tutto, avendo difettato nella carità non lo abbiamo saputo e neppure ci è venuto in mente, a loro giustificazione.

E invece i già scarsi preti che, nelle grandi città come nei piccoli paesi, spesso devono amministrare fino a cinque parrocchie, tra morti, ammalati e  quarantene sono ancor più decimati di prima e neppure se volessero potrebbero celebrare messe ogni sessanta minuti, come suggerito da qualche bell’anima, per soddisfare la fame di eucaristia dei fedeli.

Fedeli che, per la maggioranza e come riportano anche i dati sulla frequenza alle celebrazioni eucaristiche, finora si sono dimostrati molto poco rispettosi del precetto festivo e del sacramento della confessione, mentre li abbiamo veduti in gran numero nelle feste importanti, come Natale e Pasqua, quando si mettevano ordinatamente in fila a frotte per ricevere indegnamente il Corpo di Cristo quale diritto dovuto  al loro battesimo, attendendo poi annoiati la benedizione finale per correre a svolgere il rito pagano delle abbuffate tradizionali.

Quelli di Ninive furono graziati perché credettero alla predicazione di Giona, ammisero le loro colpe, si vestirono di sacco e fecero digiuno, mentre di noi Gesù ha sentenziato che, se non ascolteremo la Parola di Dio, nel Giudizio saremo condannati  dagli stessi abitanti di quella città pentita.

E se pure noi non abbiamo commesso peccati col nostro agire li abbiamo compiuti con le nostre omissioni. Difatti quando abbiamo veduto lo scempio dei Ministri della Chiesa abbiamo reagito con le indignazioni e le accuse, scoprendo le loro vergogne e additandoli al pubblico ludibrio, rischiando perciò di essere maledetti come Cam (Gn 9,25). Quello che ci chiedeva il Signore invece era che pregassimo e riparassimo per loro: “… e ingegnarvi, con affecto di caritá e con l’orazione sancta, di rivestirli, e con lagrime lavare la immondizia loro, cioè offerirli dinanzi a me con lagrime e grande desiderio che Io gli rivesta, per la mia bontá, del vestimento della caritá.” (qui)

Quindi tutti siamo meritevoli di questa terribile prova che finirà in tragedia se non ci convertiremo come chiede il Signore e come questo sito  continua a segnalare da cinque anni a questa parte (qui, qui, qui, qui e qui).

L’unica via che dobbiamo prendere oggi in questa sciagurata situazione è quella dell’imitazione di Cristo  il quale, accusato e messo a morte ingiustamente, rimase in silenzio: “Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca.” (Is 53,7)

Scendiamo insieme a Gesù nell’Orto del Getsemani, nel buio della notte spirituale che ha avvolto questa generazione salvo un piccolo resto che gli è rimasto fedele ma che, come Pietro, Giovanni e Giacomo, per la tristezza si addormenta mentre Egli continuamente invita a restar svegli e a pregare per non cadere in tentazione.

Nel chiuso della nostra camera, come il Salvatore ci ha detto di fare (Mt 6,6)), preghiamo il Padre che ci mandi lo Spirito Santo per riconoscere i nostri peccati, per comprendere cosa chiede ad ognuno di noi, e per darci il dono della carità in modo da pregare per noi e per tutti, e massimamente per coloro che Lo offendono. Restando finalmente zitti, tutti.

 

Paola de Lillo