E adesso anche Gino Paoli le “canta” alla Chiesa – di Rino Cammilleri

img-_innerArt-_paol2Dal oggi fino domenica, 28 settembre, a Bologna si svolgerà un’altra edizione del “Cortile dei Gentili” promosso dal Pontificio Consiglio per la Cultura per il dialogo tra credenti e non credenti. Nella prestigiosa sede dell’Università “Alma Mater Studiorum” si esibiranno i soliti: Enzo Bianchi, Massimo Cacciari, Roberta De Monticelli ecc. ecc.

Il momento cruciale dell’evento, a detta degli organizzatori, sarà il dialogo tra il cardinale Ravasi, ideatore e responsabile del Cortile, e nientepopodimenochè Gino Paoli, che può vantare nel suo curriculum culturale tomi come «Sapore di sale». L’istituzione del Cortile, lodevolmente voluta da Benedetto XVI, venne ideata, se non andiamo errati, in un momento in cui il problema principale era solo la filosofia relativista che nelle élite intellettuali e politiche andava trasformandosi in vera e propria cristofobia.

 

Convertire gli intellettuali: un compito che un tempo si erano assunti i gesuiti ma che ormai andava ripensato ex novo. Non si poteva più, infatti, nemmeno parlare di “apostolato”, bensì di “dialogo” per non urtare la suscettibilità di chi non solo non aveva alcuna voglia di “convertirsi” ma, anzi, si riteneva superiore e considerava il cattolicesimo tutt’al più un passatempo per sfigati, un intrattenimento per la plebe da mantenere rigorosamente nella sacrestie e nei santuari: si inchinassero quanto volevano davanti alle icone, osservassero la morale cattolica (contenti loro…), baciassero la mano ai monsignori e ascoltassero reverenti le prediche del Papa (contenti loro…), ma non si azzardassero a disturbare il manovratore. Il quale doveva avere come consiglieri solo gli “intelligenti”; per la precisione, quelli tra loro che avevano fatto del materialismo pratico ed edonista una teoria filosofica.

 

Ora, la storia insegna che quando una teoria filosofica plagia i reggitori del potere finisce in totalitarismo. Infatti, i primi segni si vedono e questa testata non ha mai mancato di segnalarli puntualmente. L’intuizione di Benedetto XVI fu dunque quella di provare ad ammansire gli “intellettuali”, facendo loro capire che dalla Chiesa e dalla sua dottrina non avevano nulla da temere.

Gesù stesso, infatti, si presentò povero, scapolo e privo di ambizioni personali e politiche, proprio per far comprendere che quel che diceva era solo per il bene di chi ascoltava.

Da qui la creazione del Cortile dei Gentili (nome della parte dell’antico Tempio di Gerusalemme che anche i pagani potevano frequentare se volevano) e il suo affidamento al più colto dei prelati in circolazione, fatto cardinale allo scopo di dargli l’autorevolezza rappresentativa necessaria.

 

Conobbi Gianfranco Ravasi quando era direttore della milanese Biblioteca Ambrosiana e unico sacerdote in grado di scrivere quel che voleva nel prestigioso inserto culturale de «Il Sole 24ore». Mi usò la gentilezza di vergare la prefazione al mio libro «I santi di Milano», edito da Rizzoli e dal Comune meneghino (poi scopersi, con mia grande sorpresa, che il Comune ne regalava una copia a quelli che andavano a sposarsi civilmente).

Ci incontrammo solo una volta, a una kermesse di scrittori, e fu naturale per noi darci del tu. Poi lui fece carriera a Roma, com’è noto, mentre io rimasi defilato e, invecchiando, sempre più mi defilai. Però non ho cessato di seguire, curioso, le attività del Cortile dei Gentili.

Il quale, non mi se ne voglia, sempre più mi sembra quel che sembra anche all’illustre vaticanista Sandro Magister: una passerella di laiconi, di gnostici e di semieretici, i quali, a spese di Pantalone, vengono, espongono le loro personali teorie (stucchevoli, stantie, sempre le stesse) e se ne vanno così come sono venuti.

 

Fino alla prossima volta, perché, come si vede, i nomi sono quasi sempre i medesimi. Ed è già tanto se, in questi Cortili, non trattano la Chiesa e la sua dottrina a bacchettate, dall’alto in basso, come una realtà che, da loro, ha solo da imparare.

Sarei molto felice di venire smentito, ma non mi pare che un solo “intellettuale laico”, uno solo, si sia mai smosso dalle sue posizioni (stucchevoli, stantie, sempre le stesse) grazie al “dialogo” in Cortile. Se le cose stanno così, forse sarebbe il caso di ripensarlo, questo Cortile, prima che qualcuno ritiri fuori un vecchio slogan comunista e sbotti: ma, i soldi, non era meglio darli ai poveri?

 

articolo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana