Ci sono due donne che, a conoscerle meglio, si rivelano in una speciale sintonia con l’obiettivo riformatore di Benedetto XVI più che mai convinto che tutto, nella Chiesa e nella società, debba ripartire da Dio quale migliore garanzia per superare l’attuale crisi culturale, economica e religiosa. Teresa d’Avila e Chiara Lubich hanno speso la propria vita in epoche diverse per questo comune ideale, contribuendo anche con gli scritti a una comprensione più genuina della vita cristiana.
La loro attualità deriva, tra l’altro, dall’essere state entrambe paladine di un rinnovamento spirituale originato nel clima di due importanti concili riformatori: Teresa nell’alveo di Trento (1545-1563) nel secolo del Rinascimento; Chiara confermata nella sua intuizione dal Vaticano II (1962-1965) a metà Novecento. Nella scia di questi concili la santa carmelitana e la fondatrice dei Focolari hanno avviato esperienze di vita cristiana benefiche per tanti fedeli e per l’intera Chiesa.
Maestri di spiritualità tra i più accreditati vanno sempre più convergendo nel riconoscere sia l’attualità del pensiero di Teresa e Chiara, sia la complementarietà delle vie da loro proposte per l’imitazione di Cristo e la santificazione nella vita quotidiana. La forza di questo pensiero consiste nella fede vissuta per amore e con amore smisurato per Dio e per il prossimo, l’unico segno davvero efficace per la credibilità del Vangelo agli occhi dei nostri contemporanei.
La scoperta di questa affinità spirituale tra Teresa e Chiara la si deve, in particolare, al carmelitano Jesùs Castellano Cervera, morto agli inizi del pontificato di Benedetto XVI, il Papa teologo animato da uguale passione per il primato dell’amore di Dio nella Chiesa. Non dovrebbe essere ormai un mistero che nella sua azione riformatrice egli chieda con insistenza alla Chiesa cattolica di farsi guidare e plasmare dall’amore, incarnato in Gesù, per ridare efficacia all’opera di evangelizzazione.
Teresa – com’è noto – è celebre per il Castello interiore, l’opera considerata una via classica della santificazione personale. Chiara ha risposto ai segni del nostro tempo aggiungendo di suo alla piattaforma di Teresa la spiritualità del castello esteriore, cioè della santità cercata in forma comunitaria come Chiesa. Una seria presa in carico della chiamata universale alla santità riconosciuta e diffusa dal Vaticano II.
Due donne, due castelli. Non contrapposti ma complementari. Non si tratta di edifici, per quanto imponenti, ma di spiritualità che trasforma l’anima delle persone introdotte entro una visione piena di senso e capace di operare il bene. Il castello interiore è l’anima:Teresa ne descrive la via per giungere a un rapporto appagante con Dio considerato la chiave di volta dell’esistenza. L’estasi di santa Teresa, mirabile scultura del Bernini, cerca di interpretare la condizione dell’anima quando raggiunge le vette mistiche dell’amore di Dio.
Chiara raccoglie questa eredità spirituale, trovandola attualissima, e la propone come via accessibile a tutti i cristiani chiamati a operare per l’unità, tenendo fisso lo sguardo su Gesù crocifisso e abbandonato del Getsemani. Un passaggio – essenziale per la Chiesa – da una coscienza individuale a una coscienza collettiva della missione di evangelizzare e della testimonianza a cui adeguare le stesse istituzioni ecclesiastiche.
Fonte: L’Osservatore Romano