Da settimane, ancor prima che l’enclica Laudato si’ fosse pubblicata, molto s’è scritto in merito alle bordate che giungevano dagli Stati Uniti: un misto di paura tra i colossi energetici locali per quel che il Papa avrebbe potuto scrivere su ambiente, ecologia, clima, ma anche un tentativo di ridurre al minimo gli effetti dell’atteso documento.
Poco o nulla, invece, s’è detto a proposito delle reazioni europee, che pure ci sono state e non tutte entusiaste. Ironia della sorte, è proprio dal Paese più cattolico del vecchio continente, la Polonia, che si sono registrate le critiche più dure – a tratti perfino sprezzanti – relativamente all’enciclica.
In particolare, a finire nel mirino del quotidiano Rzeczpospolita, giornale stampato a Varsavia, sono i passaggi in cui si parla del carbone e del conseguente degrado che l’estrazione di questo combustibile fossile reca all’ambiente. Un problema non di poco conto, vista la concentrazione di miniere in Polonia e il peso che ha l’attività mineraria nell’economia locale.
Tutti elementi che hanno portato Rzeczpospolita a definire l’enciclica come «anti polacca», citando addirittura fonti anonime del Vaticano che avrebbero letto tale matrice tra le righe delle quasi duecento pagine. Gli attacchi più duri sono arrivati dal partito conservatore Diritto e Giustizia, cui appartiene anche il neo eletto presidente Andrzej Duda.
Il parlamentare Andrzej Jaworski ha dichiarato in più d’una intervista che «il settore energetico polacco non solo dovrebbe, ma deve essere basato sul carbone». «Non possiamo tornare indietro sulla produzione di carbone, la costruzione di miniere o la costruzione di centrali a carbone», ha aggiunto.
Varsavia da sempre si oppone – con successo – a ogni tentativo dell’Unione europea di tagliare i quantitativi di combustibile fossile usati nelle centrali locali. Non si tratta di un problema di poco conto: il carbone, per i polacchi, è questione di sicurezza nazionale. Senza di esso, la Polonia dovrebbe importare più gas dalla Russia, Paese con il quale i rapporti sono assai tesi.
Il caso – dapprima limitato a polemiche a mezzo stampa – è diventato diplomatico, tant’è che è dovuto intervenire pubblicamente anche il nunzio, monsignor Celestino Migliore. Il presule, parlando in polacco, ha rassicurato tutti che l’enciclica non è di certo orientata contro Varsavia, bensì che il suo messaggio è valido erga omnes, per tutti i lavoratori, «inclusi i minatori».
Migliore ha anche invitato a leggere il documento nella sua interezza, prima di lasciarsi andare a giudizi affrettati. Ma l’auspicio è risultato vano. Se Rzeczpospolita aveva usato toni forti prima di vedere la Laudato si’ nella sua versione ufficiale, i toni sono diventati fortissimi appena è stato alzato il velo sul testo firmato da Francesco presentato giovedì in Vaticano.
In quel documento, scrive il quotidiano polacco, «si coglie la retorica di Greenpeace e di altre organizzazioni non finalizzate alla preservazione dell’ambiente naturale», ricordando altresì che quelle tesi non sono di certo «verità rivelata».
Ma è lo stesso Pontefice a essere fatto bersaglio dal quotidiano cattolico, convinto che «la narrazione degli ecologisti assunta da Francesco, dettata da una moda radical chic, si rivelerà un falso allarme». Infine, la chiosa fulminante: Il Papa non dovrebbe «occuparsi di problemi marginali della Chiesa» e «le sofferenze delle persone meriterebbero maggiore attenzione rispetto ai gemiti della madre terra».
articolo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana