Ieri, 4 febbraio 2019, ad Abu Dhabi è stata presentata una dichiarazione firmata dal Grande Imam sunnita di al-Azhar, Ahamad al-Tayyib, e da papa Francesco (qui il testo) che ha l’intento di mettere in atto una collaborazione scambievole per il conseguimento della tolleranza tra gli uomini e il superamento delle loro diversità.
Certamente da un punto di vista politico la sottoscrizione di accordi tesi a favorire comportamenti di fratellanza e di non belligeranza reciproca merita il plauso dell’umanità intera, umanità a cui il documento è rivolto come invito alla buona volontà di costruire i ponti tanto invocati da papa Bergoglio nonchè di abbattere le divisioni ideologiche e religiose. Ma la prospettiva cambia completamente se la si guarda nella sostanza.
Infatti Jorge Mario Bergoglio non è solamente il capo dello Stato del Vaticano, l’ultimo monarca assoluto sopravvissuto alle rivoluzioni risorgimentali – ricordiamo che la Santa Sede, a differenza degli altri Stati occidentali, non ha una sua carta costituzionale – è innanzitutto il capo della Chiesa cattolica, il vicario di Cristo in terra, colui al quale Gesù ha dato il compito di annunciare il Vangelo e di invitare tutti gli uomini alla conversione.
Il mandato di Cristo a Pietro e ai suoi successori è di confermare nella fede i suoi fratelli (Lc 22,32) che hanno il compito di andare per il mondo ad annunciare che la salvezza viene da Gesù: “Simone, Simone, ecco satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli”.
Non solo. Il Salvatore ha ben chiarito: “Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo.” (Mt 28, 19-20). E anche: “Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato.” (Mc 16, 15-16)
Qualcuno potrebbe fermarsi al superficiale concetto di fratellanza universale e di “pace” invocati nel documento a doppia firma, ma la “fratellanza” intesa come figliolanza di Dio non appartiene alla Verità annunciata da Cristo, come abbiamo appena visto.
Cominciamo col dire che “figli” di Dio e quindi “fratelli” lo si diventa solo con il battesimo (Catechismo 1270). E’ vero che la salvezza è aperta a tutti coloro che vogliono accoglierla e che per ottenercela il Signore ha voluto morire in croce, i mussulmani però negano non solo che Gesù sia il figlio di Dio – infatti affermare che il Misericordioso ha generato figli per loro equivale a una bestemmia – ma smentiscono pure che sia stato crocefisso.
Quanto poi alla “pace” quella offerta dall’unico Dio non è quella che offre il mondo e non si acquista con strette di mano o dichiarazioni congiunte.
Peggiore ancora è l’affermazione che esista un Dio identico per tutti: noi crediamo nella Trinità, e la nostra è l’unica religione rivelata al mondo, ma non solo: per confrontare puntualmente le differenze tra le due fedi occorrerebbe scrivere un trattato di teologia. Non è casuale infatti che il Magistero della Chiesa cattolica sia ricchissimo di documenti che stabiliscono le verità a cui siamo tenuti a credere per definirci cattolici e che in esso non vi sia nulla di approssimato, di opinabile o discutibile.
Il cosiddetto “dialogo” non è ammissibile, ed è proprio Gesù ad averci insegnato che il nostro parlare deve limitarsi a secchi “si si, no no”, perché tutto il resto proviene dal Demonio.
L’assolutismo imperativo che sta contraddistinguendo questo pontificato si liquefa puntualmente ogni volta che la posta in gioco è l’apertura verso le novità ideologiche e quando a dover essere difese in modo inequivocabile sono le verità della nostra fede.
Se analizziamo il documento anche solo dal punto di vista storico si rileva che contiene una rivisitazione falsata e distorta: quando mai i cristiani sono andati a far guerre di conversione religiosa? Chi, ancora oggi, sta subendo persecuzioni e razzismo? Quando l’oriente ha collaborato al progresso scientifico e culturale del mondo occidentale? Cosa abbiamo da imparare che già non abbiamo inventato e messo in pratica riguardo alla solidarietà e all’assistenza per ogni tipologia di bisognosi?
Una nota particolare merita il riferimento alla visita di S. Francesco al Sultano d’Egitto Malik al Kamil. Se vi fu dialogo fra i due questo fu in nome di Dio, non certo per compiacenza: “Non da uomo, ma da Dio siamo stati mandati, per mostrare a te e al tuo popolo la via della salute e annunziarvi il Vangelo”. L’episodio è riportato sia da S. Bonaventura da Bagnoregio che da Tommaso da Celano, biografi del Santo, ed è custodito nelle Fonti francescane (qui la “Leggenda maggiore”). L’interpretazione di quell’evento data da papa Bergoglio è falsa e strumentale.
L’analisi dettagliata del documento presentato, come detto, richiederebbe un’infinità di richiami alle Sacre Scritture e al Magistero ma, in sintesi, il messaggio di papa Francesco al mondo può essere brevemente ricapitolato affermando che il suo discorso è il rinnegamento della fede cattolica e del mandato ricevuto da Cristo.
Nessuno nega ad un capo di Stato il diritto di recarsi in missioni di pace per offrire i rametti d’ulivo al mondo, ma se il capo è quello della Chiesa cattolica deve andare in nome del Cristo che rappresenta, alzando il vessillo della Croce su cui è morto e che è il simbolo della nostra fede, annunciando il Vangelo e ricordando all’umanità intera che senza Gesù non possiamo fare niente. (Gv 15)
E, se le genti lo rifiutassero, dovrebbe lasciare quei luoghi scuotendosi anche la polvere dai calzari, perché questa è la fede cattolica, quella del Credo che recitiamo in ogni messa e che è immutabile, perché Gesù è lo stesso, ieri oggi e sempre! E non lasciamoci sviare da dottrine varie e peregrine. (Eb 13, 8-9)
Paola de Lillo