Ad accendere la miccia è stata la locandina che ha urtato i fedeli: raffigura in forma stilizzata e su sfondo arcobaleno, uomini che si tengono per mano e donne che fanno altrettanto. Il titolo ha provocato l’incendio: “Quale presenza per i giovani LGBT nella chiesa?”. E la location scelta ha infine causato la deflagrazione: il santuario di Santa Maria del Fonte di Caravaggio, luogo sacro per eccellenza e punto di riferimento per la fede mariana almeno del nord Italia.
Di tappa in tappa, l’agenda Lgbt nella Chiesa approda anche nei luoghi più amati dalla fede popolare con il placet della Diocesi.
E in questo caso il vescovo di riferimento è quello di Cremona, monsignor Antonio Napolioni, perché Caravaggio è sì in provincia di Bergamo, ma è in diocesi di Cremona.
Complice anche la “fortunata” coincidenza del Sinodo sui giovani appena concluso che ha raccomandato “cammini di accompagnamento nella fede di persone omosessuali” e lo ha fatto citando la Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali scritta dall’allora prefetto Ratzinger nel 1986.
Una citazione incompleta, però, dato che la nota poco prima ribadiva che “nessun programma pastorale autentico potrà includere organizzazioni nelle quali persone omosessuali si associno tra loro senza che sia chiaramente stabilito che l’attività omosessuale è immorale”.
E’ in quei “chiaramente” e “immorale” mancanti che si gioca anche tutta l’ambigua vicenda di Caravaggio che in queste ore sta conoscendo un vero e proprio scontro di fedeli con tanto di petizioni al vescovo.
“OPPORSI ALLA BIBBIA”
Ma andiamo con ordine. La locandina ha destato scandalo anche perché vengono citati tra i promotori le diocesi lombarde.
Non c’è un via libera di tutti i vescovi lombardi, però, ma solo la coincidenza che è proprio a Caravaggio che la Conferenza Episcopale Lombarda ha la sua sede e su questo evidentemente si è giocato.
In realtà l’organizzazione del “tavolo” – previsto per il 18 novembre prossimo – è in capo interamente alla diocesi di Cremona, tramite un suo sacerdote, don Antonio Facchinetti, che il sito Gionata.org (portale su fede e omosessualità) definisce essere il referente in diocesi di tutti i cosiddetti cristiani Lgbt.
L’obiettivo dell’incontro è “avviare un percorso di reciproca conoscenza e approfondimento di alcune tematiche legate alla pastorale con le persone LGBT”.
L’acronimo Lgbt sembra essere già una spia che l’incontro che si svolgerà sarà orientato ad un’accettazione della vita omosessuale, pur ribadendo formalmente che nulla, nella e della dottrina è cambiato, ma questa è una prassi ormai sdoganata.
Infatti, a supportare il sacerdote c’è un’associazione diocesana chiamata “le querce di Mamre” affiliata a Cammini di Speranza, un altro raggruppamento di “cristiani Lgbt” che nella sua presentazione non fa mistero di avere un sgno: opporsi “ad una lettura esclusivista, fondamentalista e decontestualizzata del dettato biblico che contrappone l’unione eterosessuale all’unione omosessuale”. Della serie: se anche la Bibbia è omofoba, peggio per la Bibbia.
TENDENZE TEOLOGICHE
Ma è sul relatore che si concentrano le perplessità maggiori. Si tratta di don Pier Davide Guenzi, che viene presentato come docente della Cattolica e della Facoltà Teologica dell’Italia settentrionale, e autore di molti libri di teologia.
Guenzi – dicono da Cammini di speranza – parlerà di “panoramica sui più recenti studi dei teologi inerenti la tematica LGBT, i diversi orientamenti, le prospettive future della ricerca teologica sull’argomento e i passi avanti (…o indietro) fatti in questi ultimi anni. Abbiamo chiesto a don Pier Davide di fornire un quadro quanto più vasto e obiettivo possibile delle varie “tendenze” teologiche che sono presenti negli studi cattolici di teologia”.
Con queste premesse il rischio di scivolare nell’eterodossia, per non dire nell’omoeresia, è davvero concreto. Di cosa ha bisogno il cuore dell’uomo? Di tendenze teologiche o di verità?
Ma in attesa di capire che cosa dirà il teologo a Caravaggio il 18 novembre, un’anticipazione sulla sua “tendenza” teologica si può ravvisare in un libro scritto con altri autori del 2017 per Morcelliana a proposito delle leggi imperfette, nel quale affronta la tematica delle unioni omosessuali.
Ebbene: nella sua dotta dissertazione, Guenzi critica la nota del 1992 della Cdf sulla discriminazione delle persone omosessuali. Documento del quale sottolinea “la forza e la debolezza” fino a definirlo non sostenibile dal punto di vista morale e della ratio del diritto. Un esempio: la contrarietà della Chiesa alle adozioni gay definita come “una specie di pregiudizio”.
300 FIRME
E’ facile immaginare come l’incendio sia diventato presto un rogo devastante. Che ha coinvolto la Chiesa di Cremona sotto forma di una petizione lanciata da alcuni fedeli che vivono il santuario di Caravaggio. Questi in pochi giorni hanno raccolto più di 300 adesioni al loro appello rivolto al vescovo (in foto) di cancellare l’evento e soprattutto di non coinvolgere l’amata casa della Vergine.
“Spiace constatare come la Diocesi di Cremona stia cedendo sempre più alla pressione dei gruppi ideologizzati come quelli Lgbt”, scrive il portavoce del neonato comitato, Flavio Rozza, di “Noi per la famiglia”.
E mette il dito nella piaga: “Questi incontri sono promossi e organizzati da realtà che tentano di raccogliere sotto l’egida del cattolicesimo persone omosessuali che non hanno nessuna intenzione di abbandonare il loro comportamento omosessuale, anzi tentano di modificare sostanzialmente l’insegnamento della Chiesa in merito”.
Al telefono con la Nuova BQ il vicerettore del santuario è categorico: “L’evento non è organizzato da noi – spiega don Cesare – è stata soltanto chiesta in prestito la sala negli spazi del consultorio famigliare”, taglia corto prima di esprimere il suo parere sull’iniziativa a precisa domanda: “Non so, chiedete al rettore”.
OK LA DOTTRINA, MA IL DIALOGO…
Ma è con don Antonio Facchinetti che scopriamo la genesi completa dell’iniziativa e anche il motivo della scelta di Caravaggio: “Da molti anni, su incarico dell’allora vescovo Lanfranconi seguo un gruppo di cattolici con tendenze omosessuali e anche loro genitori.
La cosa è proseguita anche con il suo successore. Cammini di speranza, con cui alcuni membri delle Querce di Mamre sono in contatto, l’anno scorso ci ha chiesto la disponibilità di ospitare nel santuario di Caravaggio un tavolo di confronto e così abbiamo fatto in un seminario a porte chiuse. Quest’anno l’evento è pubblico”.
Imbarazzi a collaborare con una realtà che dice apertamente di opporsi a quello che la Bibbia dice sui rapporti tra uomini? “Non ci sentiamo di sposare, ma di dialogare – spiega -. Ci auguriamo tutti che la verità possa essere non solo afferrata, ma vissuta.
Il desiderio del confronto non nasce dall’avallare le posizioni, ma dal dialogare e mettersi in cammino, come dice Papa Bergoglio”.
Chiediamo che bisogno ci sia di una nuova riflessione teologica. Non basta la nota di Ratzinger scritta per i vescovi, che indicava nella castità e nell’amicizia disinteressata il percorso da intraprendere con le persone con attrazione per lo stesso sesso?
A quanto pare no, ma, si badi, non si troveranno attacchi espliciti alla dottrina. Tutto è perfettamente coerente con la distinzione ormai operante tra dottrina, da conservare, e prassi da modificare.
“Non è che non basti – aggiunge – ma la tradizione cattolica può essere sempre sviluppata. Non è scandaloso che ci si interroghi. Sappiamo tutti bene che cosa dice il Magistero della Chiesa, ma ci sono anche visioni altrettanto lecite, anche se non sono il punto di vista della Chiesa.
E poi anche vescovi come Zuppi a Bologna e Lorefice a Palermo hanno promosso percorsi di questo tipo.
C’è la dottrina, ma c’è anche la coscienza di ciascuno. C’è il Catechismo, che nessuno mette in discussione, ma c’è la fatica di vivere secondo quelli che sono gli insegnamenti della Chiesa.
Sopra tutti vige il desiderio di confrontarsi, certo, anche per ribadire il pensiero della Chiesa, ma anche per camminare insieme e capire maggiormente”.
LA PROFEZIA DI RATZINGER
Capire, accompagnare, dialogare. Sembra ormai un canovaccio quello imposto da iniziative di questo tenore che pretendono di dettare una nuova strada formalmente senza cambiare la dottrina, ma utilizzando la sola forza del dialogo.
Dal colloquio con don Facchinetti, ma anche dal fatto che si cerchino soluzioni teologiche nuove, emerge chiaramente come il dialogo che si pretende di portare avanti nasconda una volontà di non avere nessuna proposta da fare.
Che senso ha dialogare se la verità non occupa il posto preminente, ma è solo una delle tanti parte in causa?
Certo, molto gioca anche l’ingenuità di certi pastori che pensano così di assolvere un dettato evangelico, ma quello che manca è che se da un lato si rinuncia ad annunciare una verità, scomoda, ma salvifica, dall’altro non si offrono alternative lasciando uno spazio vuoto su cui le ben note lobby trovano buon gioco a infiltrarsi.
L’assenza quindi di una proposta, lo sconto concesso alla verità sulla quale dall’altra parte evidentemente non si vuole dialogare, fa emergere con chiarezza quanto la lettera di Ratzinger dell’86 fosse non solo più coerente e rispettosa anche dell’uomo, ma anche profetica visti i tempi che stiamo vivendo.
Il futuro Papa Benedetto XVI, riconoscendo anche l’errore della buona fede di molti e rivolgendosi ai vescovi in quello che è assieme al Catechismo uno degli ostacoli principali all’affermazione dell’omosessualismo clericale, li metteva in guardia da un rischio che oggi si è drammaticamente avverato:
“Anche all’interno della Chiesa si è formata una tendenza, costituita da gruppi di pressione che tenta di accreditarsi quale rappresentante di tutte le persone omosessuali che sono cattoliche. Di fatto i suoi seguaci sono per lo più persone che o ignorano l’insegnamento della Chiesa o cercano in qualche modo di sovvertirlo”.
Ratzinger era perfettamente consapevole allora che “benché la pratica dell’omosessualità stia minacciando seriamente la vita e il benessere di un gran numero di persone, i fautori di questa tendenza non desistono dalla loro azione e rifiutano di prendere in considerazione le proporzioni del rischio, che vi è implicato”.
Pertanto, chiedeva ai vescovi di non appoggiare in alcun modo quei “gruppi” che “usano perfino qualificare come «cattoliche» le loro organizzazioni o le persone a cui intendono rivolgersi, ma in realtà essi non difendono e non promuovono l’insegnamento del Magistero, anzi talvolta lo attaccano apertamente”.
Come lo attaccano, si chiedeva il futuro Papa Benedetto? “Rivendicando di voler conformare la loro vita all’insegnamento di Gesù. Di fatto – in realtà – essi abbandonano l’insegnamento della sua Chiesa”.