«Mi fa impressione che si debba usare la scienza per dimostrare che un bambino ha bisogno di una mamma e di un papà». Le parole sono dell’americano Robert Oscar Lopez (foto a fianco), che lo scorso martedì, ad un incontro (foto in fondo) organizzato da Fondazione Tempi, Alleanza Cattolica e Obiettivo Chaire ha raccontato il suo dramma. Cresciuto da una madre lesbica e dalla sua compagna, oggi Lopez è docente di letteratura inglese alla California State University. «Mancante». Così si è sentito per trent’anni della sua vita. Dopo anni di silenzio lo ha voluto raccontare a tutti, incominciando dai parlamentari degli Stati Uniti impegnati nella corsa frenetica per la legalizzazione del matrimonio gay.
Professore, cosa le mancò da bambino?
È semplice: un padre. Nel 1973, quando avevo 2 anni, mia madre divorziò e mi crebbe insieme alla sua amante. Ricordo che in classe io ero il più problematico, anche rispetto ai compagni che avevano i genitori separati oppure morti. Sono tutte sofferenze, ma nel caso di un genitore defunto esiste la rievocazione, la memoria: non c’è un adulto che decide deliberatamente di privarti di una figura di riferimento. E mentre i figli di separati conoscevano la differenza fra femminile e maschile, io non sapevo come esprimere la mia natura sessuale. Ero chiuso in me stesso. Ma purtroppo credo che il peggio debba ancora arrivare, perché il culmine della confusione la vivranno i figli di omosessuali nati tramite fecondazione. Questa sarà solo l’ultima conseguenza dell’escalation di disordine e dolore cominciata con il divorzio.
Come reagiva sua madre davanti alle sue difficoltà?
Ero molto bravo a scuola, mi diplomai a pieni voti un anno prima dei miei compagni, poi fui accettato all’università di Yale. Dall’esterno potevo apparire come un figlio modello, ma dentro avevo una ferita enorme che cercavo di alleviare con il sesso. A 13 anni cominciai ad avere rapporti sessuali con maschi adulti, compensando così la mancanza di mio padre. Mia madre lo sapeva, anche perché una volta mi scoprì a letto con un uomo. Ma non mi disse nulla, era troppo impegnata a vivere la relazione con la sua compagna. Era un rapporto possessivo il loro, totalizzante. Non c’era molto spazio per me e non mi sentivo amato. Non ne faccio una colpa a mia madre. So che l’omosessualità è dura da gestire, in questo tipo di relazioni difficilmente c’è posto per altro. Materialmente avevo tutto quello che mi serviva, ma nessuno mi insegnò a vivere.
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