A Barrie Drewitt-Barlow, 44 anni, e al suo compagno Tony, 49, non resta che sfidare in tribunale la Chiesa d’Inghilterra che si rifiuta di sancire il loro matrimonio. Dopo la legalizzazione delle nozze gay in Inghilterra e Galles, per questa coppia di Danubry, nell’Essex, unita in civil partnership da ormai sette anni, con cinque figli ottenuti da madri surrogate, è questo l’«unico modo per andare avanti», come riporta il Telegraph.
UNA DERIVA PREVEDIBILE. I due, che all’Essex Chronicle si sono dichiarati fedeli praticanti, si dicono anche molto dispiaciuti perché «siamo costretti a portare i cristiani in tribunale per far sì che riconoscano la nostra unione». I timori espressi dai rappresentanti di diverse confessioni religiose nei giorni dell’approvazione del “Marriage (Same-Sex Couples) Act” iniziano così a concretizzarsi.
La legge, fortemente voluta dal premier conservatore David Cameron, prevede infatti che i matrimoni omosessuali possano essere celebrati anche nei luoghi di culto (chiese o equivalenti), ma che non sia obbligatorio per una religione “garantire il servizio”. La stessa Chiesa anglicana, dopo le iniziali resistenze, aveva ammorbidito le proprie obiezioni proprio in cambio di questa garanzia.
E mentre i quaccheri, gli unitariani e altri cristiani hanno scelto di aprire il culto alle nozze gay quando la riforma entrerà in vigore (2014), i cattolici hanno continuato a denunciare che la nuova legge avrebbe messo a rischio la libertà religiosa, di educazione e di espressione. A ragione, evidentemente.
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