«Ci sono circostanze, mi riferisco ad Amoris laetitia capitolo VIII, che proprio per responsabilità richiedono la “contraccezione”». Se si voleva trovare una frase più chiara per spiegare il senso che viene dato al rinnovamento del paradigma della teologia morale sarebbe stato difficile. L’ha pronunciata don Maurizio Chiodi, teologo moralista e neo membro ordinario della Pontificia accademia della vita, recentemente rinnovata e retta da monsignor Vincenzo Paglia.
Chiodi è intervenuto lo scorso 14 dicembre alla Università Gregoriana di Roma nell’ambito di un ciclo di lezioni pubbliche in occasione dei cinquant’anni dell’enciclica di Paolo VI Humanae vitae (25 luglio 1968).
Il titolo della relazione di Chiodi è molto chiaro: “Rileggere Humanae vitae (1968) a partire da Amoris Laetitia (2016)”, un titolo che a suo modo conferma le tante voci che vorrebbero in atto un progetto di rilettura dell’enciclica di Paolo VI in vista del suo cinquantenario.
Le battaglie teologiche ed ecclesiali intorno ad Humanae vitae hanno caratterizzato la storia moderna della Chiesa cattolica, al punto che Paolo VI dovette soffrire molto di fronte all’aperta contestazione che subì per quello che fu il suo ultimo documento ufficiale.
L’enciclica, come atto di magistero autentico e definitivo, indica chiaramente che la contraccezione è contraria non solo alla procreazione, ma anche all’amore umano. Lascia aperta la porta soltanto ai metodi naturali, però non intesi in senso contraccettivo.
Ma, dopo 45 minuti di relazione che abbiamo avuto modo di ascoltare interamente (e per primo resa nota da Lifesitenews con una sua fedele traduzione in inglese), il professor Chiodi arriva al punto: «La tecnica, in determinate circostanze, può consentire di custodire la qualità responsabile dell’atto coniugale, anche nella decisione di non generare quando sussistano motivi plausibili per evitare il concepimento di un figlio.
La tecnica, mi pare, non può essere rifiutata a priori quando è in gioco la nascita di un figlio, perché anche la tecnica è una forma dell’agire e quindi richiede un discernimento sulla base di criteri morali irriducibili però a una interpretazione materiale della norma».
Il punto di appoggio per arrivare a questa conclusione è il discusso capitolo VIII di Amoris laetitia, quello che ha sollevato i dubia di quattro cardinali e addirittura “correzioni filiali” al Papa e recentemente l’intervento di altri vescovi.
Chiodi nel suo intervento dice che Amoris laetitia non parla lungamente di Humanae vitae, ma offre comunque uno spunto fondamentale per pensare quello che lui reputa il nodo teologico fondamentale, cioè quello tra responsabilità soggettiva e situazione oggettiva.
Quel nodo che alcuni, come ha scritto il professor Rocco Buttiglione, dicono utile per risolvere certi casi per l’accesso ai divorziati risposati conviventi more uxorio all’eucaristia, diventa così la chiave di volta per sostenere un rinnovato sguardo su tutta la dottrina morale della Chiesa cattolica, in questo caso per rimuovere il divieto della contraccezione.
«Io credo», dice Chiodi alla Gregoriana, «che il compito della teologia morale di oggi, riprendendo le istanze conciliari di Gaudium et spes n. 16 e alla luce anche della svolta antropologica rahneriana, sia quello di affrontare una sfida per pensare una teoria della coscienza del soggetto morale che dimostri la forma morale e credente».
In questa prospettiva, spiega, «le norme morali non sono riducibili a una oggettività razionale, ma appartengono alla vicenda umana intesa come una storia di salvezza e di grazia.
Le norme custodiscono il bene e istruiscono, ma sono storiche», così «la persona è chiamata alla dimensione del cammino, a discernere quel bene possibile che sfuggendo all’opposizione assoluta tra bene e male, bianco o nero, dice Amoris laetitia, si fa carico delle circostanze a volte oscure e drammatiche».
Da queste premesse la conclusione della scelta responsabile della contraccezione, in certi casi, è la diretta e ovvia conseguenza. «Credo che la riflessione che abbiamo svolto autorizzi a ripensare il senso della norma morale di Humane vitae; non si tratta di abolire la norma ma di mostrarne il senso e la verità».
E’ un altro ritornello che si sente spesso: nessun cambiamento dottrinale, ma solo rinnovamento e conversione pastorale.
Peccato però che questo senso e verità scovate dal nuovo paradigma portino a conclusioni pratiche che l’enciclica di Paolo VI escludeva in modo chiaro, come, appunto, qualsivoglia contraccezione.
Il punto è che la necessità impellente di “pensare questo rapporto tra soggettivo e oggettivo”, la necessità di fornire una risposta da parte del teologo moralista, così come ha ripetutamente detto don Chiodi nella sua relazione, forse una qualche risposta dal magistero l’aveva già ricevuta ed è da ricercare nell’enciclica di Giovanni Paolo II Veritatis splendor, che stigmatizza chiaramente la cosiddetta etica della situazione. Veritatis splendor è l’enciclica che è al cuore dei dubia posti dai quattro cardinali, domande a cui però non è mai stata data risposta.
In fondo gli argomenti di Chiodi, come di altri assertori del nuovo paradigma di Amoris laetitia, non sono poi così nuovi. Sono gli stessi che venivano portati avanti da quei teologi che attaccavano Humanae vitae e Paolo VI negli anni Settanta. Niente di nuovo sotto il sole.