La politica “è cosa vostra”, ha detto Francesco ai vescovi italiani lo scorso 23 maggio. Ma tutto fa prevedere che anche lui si troverà presto alle strette su questo terreno minato. Da lunedì 10 giugno Roma avrà un nuovo sindaco. E i pronostici danno in testa Ignazio Marino, uno di quei cattolici cosiddetti adulti “nel senso dell’atteggiamento di chi non dà più ascolto alla Chiesa e ai suoi pastori”.
Il virgolettato è di Benedetto XVI, che il 28 giugno 2009, in un’omelia a San Paolo fuori le Mura, non era andato leggero nel tracciare il ritratto di questa categoria:
“Lo si presenta come ‘coraggio’ di esprimersi contro il magistero della Chiesa. In realtà non ci vuole per questo del coraggio, perché si può sempre essere sicuri del pubblico applauso. Coraggio ci vuole piuttosto per aderire alla fede della Chiesa, anche se questa contraddice lo ’schema’ del mondo contemporaneo”.
Da quello che si è visto nella campagna elettorale, il candidato-sindaco Marino sta marciando proprio su questa strada e si prepara a sfornare dei provvedimenti invisi al magistero della Chiesa, a cominciare dai registri per le coppie omosessuali.
La controprova c’è stata nella settimana che ha preceduto il ballottaggio per l’elezione del sindaco della capitale.
Domenica 2 giugno su “Avvenire” è apparso un appello rivolto ai due candidati Marino e Gianni Alemanno, sottoscritto da rappresentanti di associazioni cattoliche romane e nazionali (da Scienza e Vita e dal Forum Famiglie a Retinopera, fino a Rinnovamento nello Spirito e MCL; ma con le assenze di Azione Cattolica, ACLI, Sant’Egidio, Focolarini), da alcune personalità accademiche del calibro dell’economista Stefano Zamagni e dello storico Giuseppe Ignesti, nonché da due ex parlamentari come Domenico di Virgilio e Alfredo Mantovano.
Gli autori dell’appello chiedevano ai candidati-sindaci di prendere posizione riguardo alla libertà di scelta educativa per i genitori e alle scuole paritarie (oggetto di un recente referendum a Bologna che intendeva privarle dei finanziamenti comunali). Poi su vita nascente, terminale e in condizioni di fragilità, nonché sul controverso tema dei registri dei testamenti biologici. Infine, sulla tutela della famiglia, con una richiesta di dire se volessero istituire dei registri “per le unioni civili omosessuali”.
Alemanno rispose prontamente, in consonanza con le attese dei firmatari dell’appello. Ma Marino no.
O meglio, Marino ha giustificato la sua non risposta dicendo di non accettare “patenti” di cattolicità date dai propri avversari. Ha rivendicato di aver già scritto un libro su questi temi con il cardinale Carlo Maria Martini. E sul testamento biologico ha citato a proprio sostegno il brano del Catechismo della Chiesa cattolica contro l’accanimento terapeutico. Quanto a papa Francesco, s’è detto tranquillo: “Non mi sembra che voglia entrare nella politica interna di una città”.
Ma su questa inazione del papa le previsioni sono tutt’altro che sicure. A Buenos Aires, messo alle corde, Jorge Mario Bergoglio non piegò il capo né tenne la bocca chiusa, anzi, fece fuoco e fiamme quando il governo argentino legiferò in contrasto con la Chiesa su materie non negoziabili.
E qui è verosimile che farà lo stesso. Prima ancora che papa, Francesco ama definirsi ed essere “vescovo di Roma”. Difficile che stia zitto – dopo tanto predicare contro gli “schemi” del mondo – se Marino, eletto sindaco della città, darà seguito ai suoi propositi di cattolico adulto.
Fonte: Settimo Cielo