Da quel che leggo e sento sta crescendo una specie di voglia di sciopero dell’8xmille, nel senso che aumentano i cattolici che, insoddisfatti dalla deriva attuale della Chiesa, hanno deciso di non devolverle più l’8xmille della dichiarazione dei loro redditi. Certo, niente di percentualmente rilevante, almeno per il momento, ma è significativo che se ne parli. Antonio Socci, per esempio, ha fatto il suo reciso outing di recente sul quotidiano Libero.
Camillo Langone ha chiesto, a me e ad altri intellettuali cattolici, cosa penso sull’argomento (inchiesta che comparirà sul «Foglio»). Costanza Miriano, nel suo frequentatissimo blog, ha dovuto occuparsene. Insomma, il disagio c’è e sta montando.
Molto probabilmente i più, pur disagiati, lasceranno le cose come stanno, sia pensando a qualche sperduto missionario che abbisogna di tutto, sia perché questo 8xmille non saprebbe a chi altri darlo. Qualche prelato ha, sì, accusato il colpo ma l’ha giustificato con gli «scandali», tipo Ior o pedofilia. In realtà, chi minaccia lo sciopero è scandalizzato da ben altro.
Come dice la Miriano, se sento un alto prelato che elogia la «spiritualità» di Marco Pannella, a quel punto l’8xmille lo dò al partito radicale, direttamente, così faccio prima.
Lo stesso dicasi per quel che di sconcertante dice un generale (generale!) dei gesuiti sull’impossibilità di sapere quel che ha veramente detto Gesù Cristo. E non parliamo di quegli altri esponenti ecclesiastici d’alto rango che «gettano ponti» verso il mondo Lgbt e bacchettano la Chiesa che si è permessa di definirlo «disordinato».
C’è da dire che la pubblicità, che a ogni approssimarsi di dichiarazione dei redditi compare su tutte le televisioni, è quanto meno ingannevole. Innanzitutto per la presenza di preti che l’abito non se lo mettono mai ma quando c’è da bussare a denari sì.
Poi, per il contenuto stesso dell’8xmille. Il quale non va, come la pubblicità lascerebbe supporre, alle opere di carità, bensì al sostentamento del clero e del culto. In questa percentuale: 75%.
Solo il resto va in opere di carità. Ora, con tutta evidenza quel 75% (che è già una somma enorme) non basta al clero e al culto, altrimenti non si capirebbe perché non c’è parrocchia che, implacabile come il destino, non faccio appello, a intervalli quasi regolari, alle tasche dei parrocchiani per il restauro del tetto della chiesa, del campanile, degli affreschi, della pavimentazione. O per iniziative del parroco sull’«accoglienza».
O il campetto giochi o l’impianto di riscaldamento, d’illuminazione, i microfoni (ormai dilagati anche in chiese antiche, la cui acustica era stata appositamente studiata dagli architetti dell’epoca).
E non consideriamo le «raccolte», sia periodiche (per l’università cattolica, per le missioni, per il seminario…) che straordinarie (per il terremoto in Bangladesh, per lo tsunami in India…).
E’ vero, i soldi non bastano mai. Però ci sono anche i cattolici che, per esempio, sull’immigrazione selvaggia e indiscriminata hanno, per dire il meno, qualche dubbio, e sanno che in questa «accoglienza» la Caritas ha gran parte.
Certo, il pensiero di uno sciopero è pericoloso. Qualunque «fazione» all’interno della Chiesa potrebbe appellarvisi quando la Chiesa non marcia nella direzione voluta.
Ma è anche vero che il denaro non è tutto, basta vedere la Germania: una Chiesa ricchissima ma depopolata, con diocesi senza neanche un seminarista e la necessità – per ora solo ventilata, ma è sintomatico che venga discussa- di ricorrere a «viri probati» laici per coprire le troppe parrocchie senza prete.
Così, anche obtorto collo, diamolo questo 8xmille, prima o poi anche la Cei si ricorderà che la Chiesa esiste in primis per la salvezza delle anime, e solo in secundis per il benessere dei corpi.
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana