Cade quest’anno il centenario della nascita di Raoul Wallenberg, il diplomatico svedese che salvò nella Budapest del 1944 decine di migliaia di ebrei, Giusto delle nazioni, cittadino onorario dello Stato di Israele. Se di Raoul Wallenberg sappiamo la data di nascita, però, non conosciamo con certezza quella di morte: nel gennaio 1945, dopo la liberazione di Budapest, Wallenberg richiese un incontro con i sovietici, ma non tornò più indietro.
Scomparve. Abbiamo notizie, date dai sovietici nel 1957, della sua morte nella Lubjanka nel 1947 per un “attacco di cuore”. Fu cioè assassinato in carcere.
Una vicenda ancora avvolta nel mistero tanto che la fondazione Wallenberg ha stanziato mezzo milione di dollari per chi sia in grado di dare informazioni documentate sul suo destino dopo l’arresto da parte dei russi.
Wallenberg è stato ricordato il 24 settembre presso la Comunità di Sant’Egidio a Roma in l’incontro «Coraggio di fronte al male», organizzato dall’Ambasciata di Svezia presso la Santa Sede, dall’Unione delle Comunità Ebraiche e dalla Comunità di Sant’Egidio.
Wallenberg non fu il diplomatico che trovandosi nell’emergenza si prodigò per salvare gli ebrei: sotto copertura diplomatica diresse la missione che rappresentava il tentativo (tardivo ma comunque importante) da parte del governo americano e delle organizzazioni ebraiche di salvare quanto restava degli ebrei d’Europa. Parte attiva la ebbe anche la Santa Sede: il nunzio a Budapest, monsignor Angelo Rotta, e il segretario alla nunziatura monsignor Gennaro Verolino, hanno infatti collaborato con Wallenberg fornendo falsi passaporti vaticani e migliaia di certificati di battesimo falsi (ambedue sono stati riconosciuti come Giusti dallo Yad Vashem). Wallenberg crea le “case protette”, dove circa ventimila ebrei che era riuscito a munire di falsi passaporti trovano un precario rifugio. Ma tenta di salvare anche gli altri ebrei: fornisce vitto agli ebrei rinchiusi nel ghetto, sale sui treni dei deportati per cercare di strappare più vittime possibili alla morte, si butta con i suoi aiutanti nel fiume per salvare gli ebrei che le bande delle Croci frecciate vi gettavano legati, tratta con i nazisti, mentendo, perfino incontrando Eichmann: il fine è uno solo, salvare le vite degli ebrei.
E dopo tutto questo, quando era riuscito a sopravvivere ai nazisti, l’arresto da parte dei sovietici, un arresto ancora circondato di mistero. Invano gli svedesi e gli Alleati protestarono, cercando di avere sue notizie. Il silenzio scese su di lui. A cento anni dalla sua nascita, nel mistero della sua morte, di fronte a Raoul Wallenberg, come di fronte ad altri uomini e donne a lui simili, siamo ancora una volta colpiti e conquistati dallo straordinario fascino del bene.
Anna Foa
Fonte: L’Osservatore Romano