Nell’ospedale da campo di Papa Francesco pare che si aggirino tra le barelle ormai solo medici falsamente compassionevoli. Dottori in talare (l’immagine è puramente simbolica visto come si vestono oggi i sacerdoti) che esaminano il paziente e non si accorgono di nessuna ferita. Prendono in mano la cartella clinica del divorziato risposato e gli consigliano di rimanere con la “seconda moglie”; auscultano con lo stetoscopio la coppia che ha avuto un bebè in provetta e li tranquillizzano ricordando loro che è meglio avere un figlio così che non averne nessuno; fanno la Tac all’orientamento sessuale di una persona omosessuale e lo confortano dicendo che non c’è nulla di moralmente patologico in loro.
Ma in questo ospedale da campo ci sono anche medici che non hanno dimenticato che il primo passo per una guarigione è chiamare le malattie dello spirito con il loro nome e sanno distinguere tra l’accoglienza del peccatore/malato e la condanna del peccato/malattia.
Il prossimo 2 ottobre, presso l’Università pontificia San Tommaso D’Aquino di Roma, si svolgerà un convegno dal titolo “Vivere la verità nell’amore – Le vie del vero amore, approcci pastorali di accoglienza e accompagnamento per coloro che vivono una tendenza omosessuale”.
Interverranno il cardinale Robert Sarah, il cardinale George Pell, monsignor Livio Melina, nonché esperti come il dottor Paul McHugh del Johns Hopkins Institute; lo psicologo e clinico Timothy Lock e il dottor Jennifer Morse dell’Istituto Ruth. Seguirà una tavola rotonda con testimonianze di persone che stanno vivendo con fatica la loro condizione di persone omosessuali.
Il convegno, che volutamente si svolgerà a pochi giorni dall’inizio del Sinodo sulla famiglia, è stato organizzato dalla casa editrice Ignatius Press e da Courage International, un apostolato della Chiesa cattolica rivolto all’assistenza pastorale delle persone omosessuali che ha ricevuto il placet del Pontificio Consiglio per la Famiglia.
Se andiamo a leggere la presentazione dell’evento nel comunicato stampa ufficiale sembra che il menù sia interessante e che, una volta tanto, si voglia ribadire la sana dottrina in merito alla condizione e alle condotte omosessuali (ma per un giudizio definitivo occorrerà ovviamente aspettare la fine dei lavori).
Nel comunicato infatti si legge che il fenomeno dell’omosessualità sarà indagato attraverso «le lenti delle scienze empiriche e sociali, l’esperienza personale, la testimonianza della Sacra Scrittura, la Sacra Tradizione, la saggezza bi-millenaria della Chiesa cattolica».
Paul Check, direttore esecutivo di Courage International, ha dichiarato che «attraverso la Sua Chiesa, Cristo invita tutti alla vita abbondante (Gv 10,10). Egli offre la sua misericordia (“Neanch’io ti condanno”), e poi Egli ci chiama alla conversione del cuore (“ora vai e non peccare più”), e ci dà la grazia di rendere questo possibile.
Nel Vangelo Gesù non solo dona la sua compassione, ma ci chiama anche alla conversione perché sa che saremo veramente nella gioia e pienamente realizzati solo quando vivremo così come Lui ci ha voluto quando ci ha creati. Molti degli attuali approcci sull’omosessualità», ha continuato Check, «non contemplano questa prospettiva più ampia sulla persona umana.
Piuttosto sembrano limitarsi ad “accettare” senza riconoscere la chiamata di Gesù alla conversione. E difendono un “diritto” all’intimità sessuale, ma non riconoscano il disegno di Dio sul matrimonio a cui Gesù stesso fa riferimento in Matteo 19».
Tenuto conto delle personalità invitate, note per il loro orientamento consono ai dettami della sana dottrina, e della prospettiva di lavoro annunciata, pare proprio che il 2 ottobre in quel di Roma qualcuno avrà finalmente il coraggio di dire che molti dei pazienti nell’ospedale da campo stanno per rischiare la vita e che occorre rapidamente intervenire con terapie a base di massicce dosi di ortodossia cattolica.
articolo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana