Il cosiddetto “caso Galilei” torna a far parlare di sé dopo l’articolo del giornalista Paul Badde pubblicato sul quotidiano tedesco “Welt” e ripreso lo scorso 3 novembre dall’agenzia “Kreuz.net”. Articolo, che capovolge e stravolge la “vulgata” sull’argomento, sostenendo come dar torto alla Chiesa sia oggettivamente impossibile. Per due motivi: «Innanzi tutto – scrive Badde – perché Galilei è divenuto a lungo un mito, senza che ve ne fosse un motivo reale. In secondo luogo, perché in questo processo fu l’Inquisizione ad aver ragione e non il contrario».
Il giornalista fa notare come oggi in questa faccenda siano paradossalmente gli stessi intellettuali atei e “mangiapreti” a dar man forte alla Chiesa, dal filosofo marxista Ernst Bloch fino allo scettico agnostico Paul Feyerabend, che nel 1976 scrisse nel suo saggio Contro il metodo obbligato (traduzione più fedele al titolo originale tedesco rispetto alla resa italiana, più semplicistica, “Contro il metodo”– NdA): «La Chiesa nel caso Galilei si attenne alla ragione molto più di quanto fece Galilei stesso, poiché tenne in considerazione anche le conseguenze etiche e sociali derivanti dagli insegnamenti dello scienziato. Il verdetto fu razionale e giusto e la sua revisione fu dettata soltanto da logiche di opportunismo politico». È, questo, un passo poco noto e di raro citato testualmente, benché risulti paradigmatico. E che fa il paio con quello scritto da Rino Cammilleri nella sua rubrica “L’antidoto” il 15 gennaio 2008, allorché fece notare come non fosse stata «la Chiesa a metter bocca nella scienza, ma Galileo a voler fare il teologo».
Senza addentrarsi nello specifico, poiché materia già trattata – e con rigore scientifico – in altra sede, val la pena solo ricordare come la “condanna” fosse consistita, in realtà, soltanto nella recita dei sette salmi penitenziali ogni settimana per tre anni, compito oltre tutto che l’imputato – col consenso della Chiesa – delegò volentieri alla figlia monaca, Suor Maria Celeste. Niente carcere, dunque, niente torture, niente isolamento, niente censure, tanto che l’opera ritenuta il suo capolavoro scientifico, Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze, uscì cinque anni dopo la sentenza.
La verità sta nelle parole del medievista francese, Leo Moulin, che nel suo libro L’Inquisizione sotto l’Inquisizione dichiarò: «Date retta a me, vecchio incredulo che se ne intende: il capolavoro della propaganda anti-cristiana è l’essere riusciti a creare nei cristiani, nei cattolici soprattutto, una cattiva coscienza. A furia di insistere, dalla Riforma ad oggi, ce l’hanno fatta a convincervi di essere i responsabili di tutti o quasi i mali del mondo. Vi hanno paralizzato nell’autocritica masochista. E voi, così spesso ignoranti del vostro passato, avete finito per crederci. Invece io, agnostico ma storico che cerca di essere oggettivo, vi dico che dovete reagire, in nome della Verità. Spesso, infatti, non è vero. E se qualcosa di vero vi fosse, è anche vero che, in un bilancio di venti secoli di Cristianesimo, le luci prevalgono di gran lunga sulle ombre». Che debbano essere i laicisti ed i non credenti a convincere i Cattolici, è il colmo…
Mauro Faverzani
Fonte: Corrispondenza Romana
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