Ho un serio problema con le trame. Non le capisco. Non è che io sia nobile, e voli alto, e riesca per questo a tenermene fuori. È che proprio non le capisco. Quando in redazione mi riferiscono di cordate, allineamenti e schieramenti e strategie, l’unico pensiero che riesco a elaborare, mentre mi fisso la punta delle scarpe, è: quando finirà di parlare, in modo che io possa andare alla macchinetta a prendere una bevanda al gusto di cioccolato (che nome minaccioso)?
A volte produco anche pensieri più elaborati, generalmente sulle scarpe, tipo: ma guarda che disastro, è ora che faccia il cambio di stagione.
È per questo che l’altra settimana, quando è uscito il supplemento del Corriere della sera con le anticipazioni del libro di Nuzzi sulle carte segrete del Vaticano mi ci sono fiondata famelica, pronta a comprendere scenari mai intravisti, ma… niente, con tutta la buona volontà non ho capito niente. Ci fosse stata la lista della spesa del Papa (comprare Fanta, cibo per gatti, crauti) mi avrebbe fatto lo stesso effetto. Zero.
Quello che mi rimane di questi giorni di articoli letti abbondantemente e invano sono due cose. La prima: amo la Chiesa ancora più di prima, con un amore pieno di zelo perché ha bisogno di ciascuno di noi, di orgoglio perché nonostante noi regge da duemila anni, di compassione per le ferite che le vengono inflitte. La seconda: il dispiacere per i modi inspiegabilmente duri con cui è stato trattato un uomo competente e cristallino come Ettore Gotti Tedeschi.
Venerdì scorso mi hanno invitata a parlare del mio libro insieme a padre Emidio, il mio padre spirituale. Non si poteva dire di no, anche perché mi ha accompagnata un’amica speciale dal cuore fiammeggiante. Così ho approfittato per chiedere chiarimenti a Emidio di quanto stava succedendo, e il mio caso deve essere disperato, perché i suoi chiarimenti mi hanno ulteriormente confusa.
Quello che invece ho capito bene è quello che ha spiegato alle persone venute a sentirci: non so loro, ma io ho preso appunti come una matta. E ho fatto un breve ripasso dei fondamentali.
Dunque. La famiglia è il laboratorio dove prima di tutto si vive il Vangelo: perdona settanta volte sette, a chi ti prende la tunica dai anche il mantello e via dicendo. Non sono precetti da vivere con la gente che incontri sull’autobus, ma prima di tutto con chi ti è vicino ogni giorno, con chi sta gomito a gomito con te. (A chi ti prende il telecomando tu offri anche le mandorle salate. O un massaggio ai piedi, per dire).
I santi non sono persone particolarmente belle o buone o brave, ma sono persone che si lasciano scomparire per far trapelare la vita di Dio. Essere santi è vivere la somiglianza con Dio. E la via è la croce. Quando si accetta la sofferenza senza scappare, senza parlare, senza ribellarsi, allora il principe di questo mondo viene cacciato. Vai nel segreto, non ti far vedere quando preghi. Ogni volta che riesci a fare così – non commenti, non sei prepotente, non sei ambiguo – ogni volta l’uomo vecchio viene schiacciato e la vita di Dio in te fa un enorme passo in avanti. Quando l’uomo vecchio non ci guadagna un cavolo tu cresci. Quando vieni ferito e non rispondi, fai un enorme passo in avanti. È una grazia quando stai a casa e non ti va, quando devi andare da tua suocera e non ti va, quando devi fare più cose e non sai da che parte girarti. Il cristianesimo è per tutti perché non bisogna essere bravi: svuotarsi è per tutti.
Allora cominci a splendere, a essere luminoso, e la gente comincia a venirti dietro. Non devi essere tu a convincerli, ma saranno gli altri a supplicarti di dire loro il tuo segreto. I primi cristiani non invitavano la gente ai loro incontri, anzi a volte cercavano di stare un po’ appartati, ma la loro bellezza era troppa…
Ecco, queste cose le capisco meglio, molto meglio. Invece, quando qualcuno mi svela i disegni dietro le trame io mi affretto ad andare a prendere una bevanda al gusto di cioccolato.