Se il fatto sarà confermato – come pare – ci diranno che la religione è solo un pretesto, chissà quali saranno i veri motivi. Fatto sta che – riferisce l’ANSA – «sarebbero 12 le persone gettate in mare da un gommone carico di migranti che dalla Libia stava raggiungendo le coste siciliane durante una lite tra musulmani e cristiani. La polizia ha fermato 15 persone indagate per omicidio plurimo che sarebbero state riconosciute dagli altri migranti.
I fermati sono di nazionalità ivoriana, malese e senegalese, e sono accusati di omicidio plurimo, aggravato dall’odio religioso. Le indagini della Squadra Mobile palermitana sono cominciate dopo le testimonianze di una decina di naufraghi nigeriani e ghanesi, sbarcati al porto di Palermo, a bordo della nave ‘Ellensborg’, ieri.
I testimoni, piangendo, hanno raccontato di essere superstiti di uno scontro religioso scaturito dall’odio di un gruppo di musulmani verso i cristiani. I migranti hanno raccontato di essersi imbarcati il 14 aprile su un gommone, partito dalle coste libiche con 105 persone, in prevalenza senegalesi ed ivoriani.
Durante la traversata, nigeriani e ghanesi, in minoranza, sarebbero stati minacciati di essere abbandonati in acqua perché cristiani, da una quindicina di passeggeri, di nazionalità ivoriana, senegalese, maliana e della Guinea Bissau. Dalle minacce i musulmani sarebbero passati all’azione gettando in acqua dodici tra nigeriani e ghanesi».
La cronaca è più che eloquente, l’episodio – stando ad altre testimonianze che arrivano dalla Libia – sarebbe solo la punta dell’iceberg e segnala un pericoloso e inquietante aumento di tensione religiosa anche fuori dalle zone di guerra.
Il che rende ancora più intollerabile l’idea di limitarsi a raccogliere profughi a poche miglia dalle coste libiche, incentivando in questo modo le partenze e con esse i guadagni delle organizzazioni criminali. Per non parlare dei grossi rischi di vita che gli immigrati corrono: non solo i 12 cristiani, ieri pare essersi rovesciato un altro barcone, con altre presunte decine di morti.
C’è un solo modo per impedire tutto questo: evitare le partenze, spingere i paesi interessati e le organizzazioni internazionali umanitarie – a cominciare dall’Alto Commissariato Onu per i rifugiati – a organizzare in Libia lo screening dei rifugiati, come spiega bene Robi Ronza nell’altro articolo linkato.
articolo pubblicato su la Nuova Bussola Quotidiana