Durante la dominazione turca della Bosnia-Erzegovina, dodici francescani originari dell’Erzegovina e provenienti da Kresevo in Bosnia, decisero di costruire un monastero nella loro terra d’origine, come segno della fede, e scelsero la località di Široki Brijeg.
Si sistemarono in questo piccolo villaggio e, dopo aver comprato a caro prezzo un grande appezzamento di terreno, iniziarono a costruire la chiesa dedicandola alla Madonna Assunta in Cielo. Subito iniziarono anche i lavori per edificare il monastero e successivamente un edificio da adibire a seminario.
Nelle vicinanze edificarono un centro scolastico che comprendeva anche una scuola ginnasiale ove i frati insegnavano alle giovani generazioni della Bosnia-Erzegovina. Venne pure costruita una casa per tutti quelli che venivano da lontano per frequentare la scuola. Così il luogo divenne un centro culturale cristiano ed il santuario si trasformò in un simbolo per l’Erzegovina. Esattamente cento anni dopo il monastero veniva distrutto e devastato.
E’ successo così: il 7 febbraio 1945, i partigiani comunisti decisero di distruggere dalle fondamenta il simbolo cristiano e sradicare dal cuore del popolo la fede cattolica e la benevolenza e la riconoscenza verso i frati francescani.
Sono arrivati alle tre del pomeriggio e hanno trovato nel monastero trenta religiosi; molti di loro erano professori nel ginnasio alle spalle del monastero.
I comunisti hanno detto: “Dio è morto, Dio non c’è, non c’è il Papa, non c’è la Chiesa, non c’è bisogno di voi, andate anche voi nel mondo a lavorare“.
Con minacce e bestemmie hanno cercato di persuadere i frati a lasciare l’abito religioso. Essi hanno risposto: “Noi siamo religiosi, consacrati, non possiamo lasciare il nostro abito“.
Allora, un soldato arrabbiato ha preso la Croce e ha buttato il Crocifisso sul pavimento. “Ecco, ha detto, adesso potete scegliere la vita o la morte“.
Ognuno di loro si è inginocchiato, ha abbracciato e baciato Gesù; stringendo la croce sul petto, ognuno ha detto come San Francesco: “Tu sei il mio Dio, il mio Tutto“.
Come ho già detto, alcuni frati erano professori molto famosi, avevano scritto molti libri e manuali per la scuola.
Ma essi non hanno abbracciato i loro libri e detto: “Voi siete per me tutto“. No! Hanno abbracciato Gesù, il Maestro! Pieni di odio e di livore, i persecutori allora hanno preso i frati ad uno ad uno, li hanno portati fuori dal convento e li hanno uccisi; poi hanno cosparso di benzina i loro corpi e li hanno bruciati.
I frati sono andati incontro alla morte pregando e cantando le litanie della Madonna.
Queste cose sono state testimoniate dai militari che facevano parte del plotone d’esecuzione.
Uno di quei soldati è rimasto scioccato dal comportamento eroico dei frati. Lui ha raccontato: “Fin da bambino, nella mia famiglia, ho sempre sentito dalla mamma che Dio c’è, Dio esiste. Al contrario, Lenin, Stalin, Tito avevano sempre affermato e fatto di tutto per inculcare in ciascuno di noi: Dio non c’è, non esiste!
Quando le circostanze della vita mi hanno portato a trovarmi di fronte ai martiri di Široki Brijeg e ho visto come quei frati hanno affrontato la morte, pregando e benedicendo i loro persecutori, chiedendo a Dio di perdonare le colpe dei carnefici, allora mi sono risuonate chiare la parole di mia madre e ho pensato: la mia mamma aveva ragione, Dio c’è, Dio esiste!“
Quel soldato, oggi, è convertito ed ha un figlio sacerdote e una figlia suora.
Nella loro furia oltraggiarono e cancellarono la scritta sulla pietra posta sopra l’ingresso principale del convento su cui era scolpito il nome di Dio e la dedicazione alla Madonna Assunta.
Quella dedica oggi non è più leggibile, ma il sangue dei martiri l’ha scritta ancor più profondamente nei cuori del popolo e brilla luminosa agli occhi del Signore.
Si può cancellare una dedica, si può bruciare, distruggere, rovinare, ma non si può togliere la fede dal cuore della Chiesa.
Ancora oggi nel santuario si vive, si onora e si festeggia la Madonna con grande amore.
Il santuario è il più grande in tutta la Bosnia Erzegovina: è un simbolo, un segno. I comunisti hanno pensato che distruggere il “segno” sarebbe finita anche la fede. Invece, la fede è cresciuta e si è sviluppata sotto il manto e la protezione della Madonna.
Anche i nostri martiri francescani sono cresciuti e vissuti avvolti dal manto della Madonna. I corpi dei trenta testimoni della fede sono rimasti nascosti sotto terra per anni e anni; non si poteva nominarli né fare alcuna commemorazione.
Ma il sangue dei martiri gridava ed era di esempio per tutti, così sono fiorite nei cuori nuove vocazioni e la chiesa e la fede sono cresciute come albero rigoglioso.
In quel tempo, io avevo 4 anni e mi ricordo come spesso i miei genitori raccontavano ciò che era capitato ai frati. E questo avveniva anche in tante famiglie di miei coetanei. Nel nostro cuore cresceva sempre più il desiderio di imitare i nostri martiri e diventare frati noi stessi.
I nostri martiri sono testimoni della fede e testimoni dell’amore verso Dio e verso il prossimo. I trenta martiri francescani non sono divenuti martiri per caso o per un incidente; essi, coscientemente e con grande gioia, hanno offerto la propria vita e hanno testimoniato il loro Credo.
Questo è molto importante. Come la Chiesa ha sempre fatto e insegnato così essi hanno perdonato i nemici, hanno pregato per i persecutori, hanno benedetto i loro carnefici.
Allo stesso modo di Massimiliano Kolbe e tanti altri! Tra i vari martiri vi è solo la differenza del mezzo e del modo del martirio, ma tutti hanno sempre manifestato un grande ardore e un grande amore: l’amore che brucia l’odio, che brucia e distrugge la violenza e tutto cambia e trasforma nella gioia, in una festa, nella vittoria della grazia del Signore.
La Chiesa vive del sangue dei suoi figli martiri. Essi rimangono sempre una grande forza della Chiesa.
Noi che viviamo in questo luogo e voi che pellegrinate qui, possiamo riflettere un po’ sul valore della nostra fede e approfondire quanto vale per noi la nostra fede; quanto sono disposto a dare nella mia vita per il mio Dio, cosa posso fare io per il mio Gesù, cosa significa per me il mio Cristo, la Sua croce, la mia vocazione cristiana.
Una settimana dopo l’eccidio di Široki Brijeg, i comunisti andarono a Mostar e nel convento trovarono sette frati.
Pur sapendo cosa era accaduto a Široki Brijeg, essi avevano deciso di non scappare ma di rimanere nel monastero.
Uno di loro era Fra Leon-Grgo Petrovic, dottore in teologia, nato a Klobuk nel 1883. Egli, come Provinciale dei francescani, all’inizio della guerra, aveva sentito nel cuore la grazia di consacrare alla Madonna tutti i suoi frati che sentiva erano in pericolo.
Ora possiamo vedere come quella Consacrazione sia fiorita. La devozione alla Madonna, quel bel fiore offerto alla beata Vergine, è fiorito nel giorno dell’eccidio, il 7 febbraio 1945.
Come Dio Padre ha mandato il Figlio a morire per salvare tutto il mondo, e Gesù è rimasto obbediente accettando il proprio sacrificio, così i nostri martiri hanno offerto la propria vita e il proprio sangue per la salvezza degli uomini, per la pace, per la nostra conversione.
Si sono immolati per la pace e per il bene di tutta la Chiesa. Voglio ora presentarti i nostri frati che sono divenuti maturi per il martirio – alcuni avevano solo vent’anni – e che sono stati capaci di testimoniare per Cristo e dimostrare chi è Cristo per loro, per noi.
Con amore e venerazione ti rivelo i loro nomi e cognomi, (…). Così, tu potrai riflettere come ognuno, con il proprio nome e la propria vita, può anche oggi servire Dio e può rispondere alla Sua chiamata.
Fonte: Informazioni da Medjugorje
I martiri di Siroki Brijeg
Fra Bruno Adamcik, laureato in filosofia e musica a Bratislava, aveva 37 anni quando è salito alla gloria dei Cieli;
Fra Marko Barbaric, 80 anni. Devoto alla Madonna, godeva fama di santità fra gli alunni e i seminaristi i quali testimoniavano che, passeggiando nel parco, parlava spesso con gli uccellini. Questi, appena lo vedevano, accorrevano a salutarlo e si posavano a frotte sulla mano che egli stendeva per loro. Aveva perso la memoria e non si rendeva conto che ci fosse la guerra. Quel 7 febbraio 1945 giaceva nella sua cameretta ammalato di tifo. Gli ufficiali comunisti ordinarono di portare fuori anche lui, e così fecero trasportandolo su una coperta. Quindi fu ucciso e buttato nel fuoco.
Fra Jozo Bencun, 76 anni. Era stato parroco a Humac e a Široki Brijeg.
Fra Marko Dragicevic, 43 anni. Laureato in storia, greco e latino, non poteva concepire che alcuno dei suoi allievi fosse respinto, quindi trovava modo di esaltarne i lati positivi.
Fra Miljenko Ivankovic, 21 anni. Era molto devoto e umile. Suo fratello e suo nipote oggi sono frati francescani.
Fra Andrija Jelcic, 41 anni. Era padre guardiano a Široki Brijeg. Ha costruito la chiesa di Capljina. Il popolo lo ricorda come un buon pastore e un vero padre.
Fra Rudo Juric, 20 anni. Era chierico con voti semplici.
Fra Fabijan Kordic, 55 anni. Era molto devoto e bravo, confezionava gli abiti per i frati e si è preparato così a ricevere l’abito che non si consuma: quello del martirio.
Fra Viktor Kosir, 21 anni. Quando tutti i più giovani seminaristi, pur non volendo lasciare il monastero, furono obbligati dal Rettore a tornare nei propri villaggi, ben sapendo che sarebbero arrivati i comunisti per ucciderli, Fra Viktor fece più resistenze degli altri, ma per obbedienza tornò a casa. Si fermò però solo poche ore, nonostante le suppliche dei genitori che sentivano il rombo degli aerei che bombardavano. Morì con gli altri, come aveva desiderato. La mamma ebbe un altro bambino e lo chiamò come lui. Però spesso piangeva guardando la foto del figlio morto. Ma il piccolo la tranquillizzava dicendole che avrebbe preso lui il posto del fratello. Oggi infatti è un francescano che svolge il ministero sacerdotale nella chiesa di Medjugorje, specialmente nel confessionale.
Fra Tadija Kozul, 36 anni. Professore di filosofia, greco e latino, era educatore dei chierici che lo amavano molto e preferirono morire insieme a lui piuttosto che lasciarlo.
Fra Krsto Kraljevic, 50 anni. Aveva dato un grande esempio al popolo per come aveva portato la croce di una sua malattia, preparando così l’animo al martirio.
Fra Stanko Kraljevic; 74 anni. Predicatore, professore, educatore dei chierici a Široki Brijeg.
Fra Zarko Leventic, 26 anni. Confessava i malati e portando l’Eucarestia si ammalò di tifo. Fu preso anche lui dal letto e ucciso. Era Cappellano a Široki Brijeg.
Fra Bonifacije Majic, 62 anni. Professore e catechista, si alzava di notte per rimboccare le coperte ai ragazzi. Era molto amato dalla gente come frate, professore e pedagogo.
Fra Stjepan Majic, 20 anni, aveva da poco terminato il noviziato e pronunciato i voti temporanei.
Fra Arkandeo Nuic, 49 anni. Laureato alla Sorbona (Università di Parigi) insegnava latino, greco, tedesco e francese. Era chiamato “pecorella di Dio” per la sua mitezza.
Fra Borislav Pandzic, 35 anni. Professore di religione, era un frate di vera e semplice vita francescana.
Fra Kresimir Pandzic, 53 anni. Era plurilaureato, era stato per tre anni Provinciale. Professore di lingua classica e direttore della scuola, molto attivo, esigeva il massimo dai suoi alunni. Ebbe grandi incarichi ma rimase sempre umile.
Fra Fabijan Paponja, 48 anni. Era responsabile del convitto, molto sensibile verso i suoi studenti ai quali dava sempre dei piccoli regali.
Fra Nenad Venancije Pehar, 35 anni, professore di filosofia. Amato dagli alunni perché non faceva differenze fra di loro.
Fra Melhior Prlic, 53 anni. Era solo frate, non sacerdote, e svolgeva lavori di falegnameria, Era rispettoso della Regola, mai assente alla preghiera comunitaria, era molto amato dagli altri frati.
Fra Ludovik Rados, 20 anni. Aveva appena terminato il noviziato e pronunciato i voti temporanei.
Fra Leonard Rupcic, 38 anni. Professore di francese, dava un tal esempio di umiltà e bontà che gli alunni si vergognavano, più che con gli altri professori, quando non avevano studiato.
Fra Mariofil Sivric, 32 anni. Cappellano ed educatore, nonché vicario del convento. Era un classico esempio di frate umile fedele al voto francescano.
Fra Ivo Sliskovic, 68 anni. Dopo aver lavorato in varie parrocchie era giunto a Široki Brijeg per passare gli ultimi anni della sua vita.
Fra Kornelije Susac, 20 anni. Aveva dato solo i primi voti.
Fra Dobroslav Simovic, 38 anni. Era diventato dottore in teologia a Parigi, poi professore ed educatore dei seminaristi, ha scritto in francese una dissertazione sul Padre nostro.
Fra Radoslav Vuksic, 51 anni. Ha studiato a Vienna, fu professore di matematica e fisica,nonché direttore del ginnasio per sei anni. La ex Jugoslavia imponeva ai docenti di essere esaminati anche dai governanti di Belgrado. Quando Fra Radoslav fu davanti ai suoi esaminatori, questi rimasero stupefatti dalla sapienza e cultura del frate. Un suo alunno, oggi famoso filosofo in America, ha scritto di lui che è stato l’uomo e il professore più intelligente che abbia incontrato.
Fra Roland Zlopasa, 33 anni. Professore di filosofia, insegnava più con la vita che con le parole. Era conosciuto per le sue profonde meditazioni.
Fra Leopold Augustin Zubac, 55 anni. Ottimo sacerdote e professore, era assistente all’idrocentrale che produceva energia elettrica, costruita dai frati per il loro fabbisogno e per quello della zona.
Testi tratti dal libro di Padre Jozo Zovko O.F.M La Novena ai martiri di Široki Brijeg – Edizioni Medunarodno kumstvo djetetu Herceg-Bosne Široki Brijeg