La notizia è passata sotto silenzio e forse il dato più importante è proprio l’indifferenza nella quale ormai il sentimento religioso è relegato. Non che ci sia da stracciarsi le vesti o scendere in piazza coi forconi, ma se a un vescovo è negata persino la benedizione di una strada significa che l’Italia è definitivamente e “finalmente” diventata un paese moderno, laico, al passo coi tempi.
La vicenda accade a Foligno dove nei giorni scorsi è stata inaugurata la nuova statale 77 Val di Chienti. Una notizia di cronaca locale che interessa ai politici per fare passerella e prendersi qualche applauso. Ma al vescovo di Foligno stavolta è stata negata la benedizione che di solito si impartisce per eventi di questo tipo.
Lui, Gualtiero Sigismondi, non se l’è presa più di tanto però ha sentito comunque il bisogno di dire la verità su un piccolo fatto di cronaca che cela un grande fatto: l’indifferentismo in cui alberga ormai il sensus fidei di un popolo, quello italiano, che non c’è più.
A parlarne sono stati soltanto alcuni, e non tutti, i giornali umbri. Sigismondi si è lamentato ai microfoni di Radio Gente Umbra e la cosa è stata ripresa soltanto dalla stampa locale. “Seppure con serena amarezza – ha spiegato il presule a Radio Gente Umbra – ho comunque voluto partecipare a quel momento, visto che negli anni ho celebrato più volte l’Eucaristia all’interno dei cantieri delle gallerie, insieme agli operai, in occasione della memoria di santa Barbara”.
Alcuni giornali rivelano che la decisione dell’Anas di fare una cerimonia prettamente laica sia arrivata su suggerimento della Presidenza del Consiglio.
Che il premier Renzi abbia un problema con la parte più cattolica del Paese è evidente, ma che si spingesse fino a negare un momento di comunità che non disturba nessuno, se non il più acceso mangiapreti, bè questo è un salto di qualità.
Che sia coinvolto o no Renzi, in caso affermativo ci sarebbe da preoccuparsi che con tutti i problemi che ha l’Italia il premier si occupi di tappare bocca e aspersorio a un religioso, è evidente che ormai in Italia basta un no di un oscuro funzionario per zittire chiunque.
Però il premier il 28 luglio è apparso sorridente nella galleria sulla nuova Ss 77 a tagliare il nastro: brindisi, sorrisi e peana sull’Italia che va avanti. Sigismondi è rimasto in un cantuccio, certo per non offuscare il protagonista che da Roma si era precipitato col fido ministro Delrio in favor di telecamere.
Il vescovo non si è perso d’animo e ha voluto comunque essere presente al taglio del nastro dove in pompa magna svettavano le fasce istituzionali degli amministratori locali. “Negli anni ho celebrato più volte l’Eucaristia all’interno dei cantieri delle gallerie, insieme agli operai, in occasione della memoria di santa Barbara”.
E si vede che in questi anni di cantiere qualcuno ci ha anche rimesso le penne dato che nella preghiera preparata per l’occasione il sacerdote aveva anche previsto di inserire una speciale menzione, con invito a Dio ad accoglierli in Paradiso, per quegli operai che avevano perso la vita in cantiere durante la costruzione e per le loro famiglie.
Nel corso della trasmissione radiofonica infatti il vescovo ha recitato la preghiera: “Dio di infinita Misericordia, che sei sempre vicino ai tuoi figli pellegrini nel tempo e nello spazio, benedici quanti hanno progettato e realizzato questa arteria stradale che, correndo lungo il tracciato dell’antica Via Lauretana, merita il nome di Freccia Lauretana. Accogli in Paradiso coloro che sono morti nei cantieri di questa grande opera e concedi ai loro familiari di fermarsi nell’area di servizio della speranza Pasquale. Accompagna quanti transiteranno per questa via che collega l’Appennino all’Adriatico, unendo l’altezza e la bellezza dei monti alla profondità e alla limpidezza del mare. Il tuo Angelo santo li preceda e li accompagni. Amen”.
Ma un giorno prima del taglio del nastro previsto per il 28 di luglio, qualcuno, un oscuro funzionario, ha telefonato al vescovo per dire di lasciare stare. Il Governo non voleva.
Così il pastore di Foligno si è accomodato in seconda fila mentre le autorità dello Stato tagliavano il nastro della nuova opera.
Però un anelito di benedizione è arrivato comunque sull’asfalto stradale: “Seppure nel silenzio ho comunque benedetto quella strada, già benedetta dai pellegrini che ne hanno tracciato il percorso e dal sudore della fronte di chi l’ha realizzata” però ha evidenziato che “le radici cristiane della nostra terra non possono essere ignorate, calpestate o sradicate: soltanto un’identità spirituale, e dunque culturale, più chiara e serena, senza complessi, è la via maestra, l’autostrada, per continuare ad attraversare i giorni della storia”.
Questo per quanto riguarda il vescovo. Ma il secondo tempo di questa storia ci proietta in una dimensione alla quale ormai siamo assuefatti, tanto da non riconoscerla più.
L’indifferenza seguita a questo rifiuto è forse il dato più preoccupante.
L’immagine del vescovo in silenzio al quale qualcuno ha chiuso la bocca ci dice che il tempo della minoranza creativa, della Chiesa come piccole comunità che tengono viva la fiamma della fede, è già in atto.
Si compie così il desiderio di tanti interpreti del cattolicesimo sociale per i quali il sacro e la fede sono sentimenti da relegare nel privato e da non confondere con i crismi della religione di Stato. Che non sappiamo come si chiami. Di sicuro, nel suo Dna ha comunque anticattolicesimo e indifferenza da spargere a piene mani.
Non che il sentimento di un popolo debba essere promosso da uno Stato, ma che lo Stato gli metta anche i bastoni tra le ruote, bè questa è una china che oggi non fa rumore, ma domani potrebbe tradursi in fatti decisamente più gravi.
Fonte: La NBQ